Gesù, confido in te!
In ricordo di Giovanni Paolo II
Il 22 febbraio 1931, mentre stava nella sua cella a Cracovia,
Suor Faustina Kowalska ebbe una visione di Gesù, il quale le disse:
“Dipingi in un quadro come mi hai visto,
con sotto la scritta: Gesù, confido in te!
Voglio che l'immagine venga solennemente benedetta
nella prima domenica dopo Pasqua:
questa domenica deve essere la festa della Misericordia.
In questo giorno saranno aperti tutti i canali
attraverso i quali scorrono le grazie divine.
La festa della Divina Misericordia deve essere preceduta
da una novena da iniziarsi il Venerdì Santo”.
Nessuno però, inizialmente, prese sul serio Suor Faustina.
Ma Gesù stesso spronò e incoraggiò questa umile e sconosciuta suorina polacca,
a diventare l’apostola dell’Amore Misericordioso di Dio.
Faustina Kowalska fu per tutta la sua vita un’anima eucaristica e mariana.
Morì a Cracovia, il 5 ottobre 1938, e sul letto di morte aveva detto:
“Gesù, confido in te. Io sento chiaramente che la mia missione
non finisce con la morte, ma comincia”.
Così è stata Santa Faustina, così è stato Giovanni Paolo II,
in un incredibile legame, in un incredibile parallelismo.
Tutta la vita del Papa è stata eucaristica e mariana,
e si è spento nella festa della Divina misericordia, voluta della suora polacca,
nell’anno dell’Eucaristia e nel primo sabato del mese, giorno dedicato a Maria.
E chi ha avuto la grazia di essere accanto al suo letto nelle ultime ore
ha sentito ripetere continuamente dal Papa proprio quelle stesse parole
in questa novena di sofferenza iniziata proprio il venerdì santo:
“Gesù, confido in te!”
C’è una curiosità in più: la causa di beatificazione di Suor Faustina fu promossa dall’allora giovane Vescovo Ausiliare di Cracovia Karol Wojtyla, che da giovane operaio e seminarista clandestino negli anni ’40 si fermava a pregare sovente, andando al lavoro nella fabbrica Solvay, nel Monastero a Cracovia, dove Suor Faustina aveva vissuto.
Ed è stato proprio lui, Giovanni Paolo II, a scrivere una enciclica, Dives in Misericordia, la seconda del suo pontificato (1980), interamente dedicata alla devozione appresa dall’umile suora polacca. Ed è stato sempre lui che l’ha prima proclamata Beata, il 18 aprile 1993, e successivamente Santa, il 30 aprile 2000, nel cuore del grande Giubileo. E in quell’occasione il Papa ha stabilito che la prima domenica dopo Pasqua, che per secoli era stata chiamata “in Albis”, fosse la Festa della Divina Misericordia.
Nei primi vespri di questa festa, il 2 aprile 2005, Giovanni Paolo II è morto, anzi potremmo dire è stato avvolto dall’abbraccio definitivo della Divina Misericordia.
Il Papa Benedetto XVI ha scelto proprio questa festa della Divina Misericordia per beatificare questo grande Papa. Tale ricorrenza cade quest’anno il 1° maggio, festa dei lavoratori, e sembra una coincidenza felice per un Pontefice che in gioventù è stato operaio e che tanto ha promosso la dignità del lavoro ed i diritti umani dei lavoratori.
Questo Papa che con i suoi viaggi ha percorso più di due volte la distanza che separa la terra dalla luna, da grande comunicatore, non poteva che organizzare meglio di così il suo ultimo viaggio, quello nelle braccia del Padre.
A chi, come me, la Vita ha fatto il grande regalo di incontrare questo Papa,
di lavorare per lui e di parlare con lui,
sgorgano in questo momento dal cuore mille ricordi intimi,
oltre a quelli storici che riempiono i giornali e le televisioni in queste ultime ore:
- come la sua vita di preghiera:
più un problema era grosso, più lunga era la preghiera con la quale lo affrontava
prima di prendere una decisione,
o come il semplice fatto che non iniziava mai un foglio bianco
senza aver messo nell’angolo in cima a destra una litania alla Madonna;
- o come i punti di domanda con la sua sigla JP, con i quali fino all’ultimo
ha tempestato gli appunti che gli mandavamo sulle varie questioni
soprattutto quando gli sembrava che gli si teneva nascosto qualche passaggio;
- o come i suoi occhi da adolescente che brillavano dietro al suo volto
che diventava sempre di più una maschera immobile di sofferenza.
Ma ci sono due cose, forse le più semplici che si possono dire in questi giorni,
che vi voglio regalare quasi come un suo testamento,
perché il suo cuore può smettere di battere, ma non smetterà certo di amare.
La prima è che quando qualcuno andava da lui, non usciva mai a mani vuote.
Aveva sempre da regalarti qualcosa, anche solo una semplice corona del rosario,
l’importante per lui era che tu avessi qualcosa di suo,
quasi a dirti che tu eri importante per lui:
piccole cose che dicevano grande tenerezza, straordinaria attenzione.
Noi non siamo chiamati a cambiare il mondo come ha fatto lui,
ma se imparassimo ad essere più teneri e più riconoscenti con chi ci è vicino
il mondo sicuramente cambierebbe.
La seconda è un ricordo molto personale.
Durante la scorsa estate ho avuto la fortuna e la gioia di stare un po’ con lui
e gli ho chiesto: “Padre Santo, come si fa a riuscire come lei
ad arrivare al cuore delle persone?”
Lui si è messo a ridere, ha alzato le spalle e mi ha detto:
“Il mio segreto è molto semplice: appena incontro una persona,
prima di salutare lei, saluto il suo angelo custode.
Non ci arrivo io al suo cuore, è il suo angelo custode che mi ci porta”.
Se imparassimo da Giovanni Paolo II ad essere un po’ di più uomini di fede,
a vedere cioè che in chi abbiamo di fronte non c’è un avversario, un concorrente,
ma un angelo che ci porta il sorriso di Dio,
quante tensioni si scioglierebbero, quanti risentimenti si spegnerebbero,
quanti pugni chiusi diventerebbero mani tese che si stringono,
quante sberle diventerebbero carezze,
quanti occhi invidiosi diventerebbero sguardi di comprensione,
quante parole acide diventerebbero dialoghi di amicizia.
Ora che le labbra di Giovanni Paolo II tacciono,
non fermiamo quella lunga litania che sempre le ha mosse,
ma facciamola continuare sulle nostre labbra:
“Gesù, confido in te!”
In ricordo di Giovanni Paolo II
Il 22 febbraio 1931, mentre stava nella sua cella a Cracovia,
Suor Faustina Kowalska ebbe una visione di Gesù, il quale le disse:
“Dipingi in un quadro come mi hai visto,
con sotto la scritta: Gesù, confido in te!
Voglio che l'immagine venga solennemente benedetta
nella prima domenica dopo Pasqua:
questa domenica deve essere la festa della Misericordia.
In questo giorno saranno aperti tutti i canali
attraverso i quali scorrono le grazie divine.
La festa della Divina Misericordia deve essere preceduta
da una novena da iniziarsi il Venerdì Santo”.
Nessuno però, inizialmente, prese sul serio Suor Faustina.
Ma Gesù stesso spronò e incoraggiò questa umile e sconosciuta suorina polacca,
a diventare l’apostola dell’Amore Misericordioso di Dio.
Faustina Kowalska fu per tutta la sua vita un’anima eucaristica e mariana.
Morì a Cracovia, il 5 ottobre 1938, e sul letto di morte aveva detto:
“Gesù, confido in te. Io sento chiaramente che la mia missione
non finisce con la morte, ma comincia”.
Così è stata Santa Faustina, così è stato Giovanni Paolo II,
in un incredibile legame, in un incredibile parallelismo.
Tutta la vita del Papa è stata eucaristica e mariana,
e si è spento nella festa della Divina misericordia, voluta della suora polacca,
nell’anno dell’Eucaristia e nel primo sabato del mese, giorno dedicato a Maria.
E chi ha avuto la grazia di essere accanto al suo letto nelle ultime ore
ha sentito ripetere continuamente dal Papa proprio quelle stesse parole
in questa novena di sofferenza iniziata proprio il venerdì santo:
“Gesù, confido in te!”
C’è una curiosità in più: la causa di beatificazione di Suor Faustina fu promossa dall’allora giovane Vescovo Ausiliare di Cracovia Karol Wojtyla, che da giovane operaio e seminarista clandestino negli anni ’40 si fermava a pregare sovente, andando al lavoro nella fabbrica Solvay, nel Monastero a Cracovia, dove Suor Faustina aveva vissuto.
Ed è stato proprio lui, Giovanni Paolo II, a scrivere una enciclica, Dives in Misericordia, la seconda del suo pontificato (1980), interamente dedicata alla devozione appresa dall’umile suora polacca. Ed è stato sempre lui che l’ha prima proclamata Beata, il 18 aprile 1993, e successivamente Santa, il 30 aprile 2000, nel cuore del grande Giubileo. E in quell’occasione il Papa ha stabilito che la prima domenica dopo Pasqua, che per secoli era stata chiamata “in Albis”, fosse la Festa della Divina Misericordia.
Nei primi vespri di questa festa, il 2 aprile 2005, Giovanni Paolo II è morto, anzi potremmo dire è stato avvolto dall’abbraccio definitivo della Divina Misericordia.
Il Papa Benedetto XVI ha scelto proprio questa festa della Divina Misericordia per beatificare questo grande Papa. Tale ricorrenza cade quest’anno il 1° maggio, festa dei lavoratori, e sembra una coincidenza felice per un Pontefice che in gioventù è stato operaio e che tanto ha promosso la dignità del lavoro ed i diritti umani dei lavoratori.
Questo Papa che con i suoi viaggi ha percorso più di due volte la distanza che separa la terra dalla luna, da grande comunicatore, non poteva che organizzare meglio di così il suo ultimo viaggio, quello nelle braccia del Padre.
A chi, come me, la Vita ha fatto il grande regalo di incontrare questo Papa,
di lavorare per lui e di parlare con lui,
sgorgano in questo momento dal cuore mille ricordi intimi,
oltre a quelli storici che riempiono i giornali e le televisioni in queste ultime ore:
- come la sua vita di preghiera:
più un problema era grosso, più lunga era la preghiera con la quale lo affrontava
prima di prendere una decisione,
o come il semplice fatto che non iniziava mai un foglio bianco
senza aver messo nell’angolo in cima a destra una litania alla Madonna;
- o come i punti di domanda con la sua sigla JP, con i quali fino all’ultimo
ha tempestato gli appunti che gli mandavamo sulle varie questioni
soprattutto quando gli sembrava che gli si teneva nascosto qualche passaggio;
- o come i suoi occhi da adolescente che brillavano dietro al suo volto
che diventava sempre di più una maschera immobile di sofferenza.
Ma ci sono due cose, forse le più semplici che si possono dire in questi giorni,
che vi voglio regalare quasi come un suo testamento,
perché il suo cuore può smettere di battere, ma non smetterà certo di amare.
La prima è che quando qualcuno andava da lui, non usciva mai a mani vuote.
Aveva sempre da regalarti qualcosa, anche solo una semplice corona del rosario,
l’importante per lui era che tu avessi qualcosa di suo,
quasi a dirti che tu eri importante per lui:
piccole cose che dicevano grande tenerezza, straordinaria attenzione.
Noi non siamo chiamati a cambiare il mondo come ha fatto lui,
ma se imparassimo ad essere più teneri e più riconoscenti con chi ci è vicino
il mondo sicuramente cambierebbe.
La seconda è un ricordo molto personale.
Durante la scorsa estate ho avuto la fortuna e la gioia di stare un po’ con lui
e gli ho chiesto: “Padre Santo, come si fa a riuscire come lei
ad arrivare al cuore delle persone?”
Lui si è messo a ridere, ha alzato le spalle e mi ha detto:
“Il mio segreto è molto semplice: appena incontro una persona,
prima di salutare lei, saluto il suo angelo custode.
Non ci arrivo io al suo cuore, è il suo angelo custode che mi ci porta”.
Se imparassimo da Giovanni Paolo II ad essere un po’ di più uomini di fede,
a vedere cioè che in chi abbiamo di fronte non c’è un avversario, un concorrente,
ma un angelo che ci porta il sorriso di Dio,
quante tensioni si scioglierebbero, quanti risentimenti si spegnerebbero,
quanti pugni chiusi diventerebbero mani tese che si stringono,
quante sberle diventerebbero carezze,
quanti occhi invidiosi diventerebbero sguardi di comprensione,
quante parole acide diventerebbero dialoghi di amicizia.
Ora che le labbra di Giovanni Paolo II tacciono,
non fermiamo quella lunga litania che sempre le ha mosse,
ma facciamola continuare sulle nostre labbra:
“Gesù, confido in te!”