Grazie don Giulio!
Grazie, come sempre, per il tuo "prezioso contributo settimanale", le tue riflessioni sempre molto care che con oggi, da queste mie pagine, ri-dono a quanti, qui, incroceranno la loro strada con la tua, con la mia!
Sempre per la Sua e nostra gioia.
21 marzo 2010
LA FRAGILITÁ DEL CRISTALLO
5a Domenica del Tempo di Quaresima C
Possa tu avere abbastanza felicità da renderti dolce,
difficoltà a sufficienza da renderti forte,
dolore abbastanza da renderti umano,
speranza sufficiente a renderti felice.
Quest’antica benedizione ci fa entrare nel mistero di oggi.
“Possa tu avere abbastanza felicità da renderti dolce”.
Paolo, che sembra amasse molto lo sport, ci dice:
Dimentico del passato e proteso verso il futuro… corro!
La corsa della vita esige allenamento, ma non solo,
perché ci sono due grossi pericoli per un atleta:
distrarsi a guardare indietro e perdersi a guardare la pista.
Se vuole vincere, anche se non sa dove mette i piedi,
l’atleta deve tenere fisso lo sguardo solo sul traguardo.
Così è nella danza. Chiesero un giorno a Carla Fracci
come riconoscesse i giovani che avevano talento nel ballo
e rispose: “Chi fa un passo, vedendo già il successivo!”.
Curioso poi che nelle corse lo striscione “traguardo”
ha scritto (spesso) sull’altro lato “partenza”.
Per questo, subito dopo, la preghiera chiede e augura:
“Possa tu avere difficoltà a sufficienza da renderti forte”.
Come fa Dio, per mezzo di Isaia, con la grande promessa:
Faccio una cosa nuova: nel deserto una strada aprirò!
Non c’è illusione più pericolosa che stare ad aspettare
che qualcuno dall’alto ci riveli la strada giusta e più sicura.
No. La strada la si scopre soltanto camminando.
La fede non è un viaggio turistico preconfezionato.
Nel mezzo dei deserti della vita Dio non fa il tour-operetor,
ma fa di più: ci apre una strada. Sta a noi muoverci.
Fa eco a tutto questo la terza profondissima invocazione:
“possa tu avere abbastanza dolore da renderti umano”,
che il salmo esprime ritraendo il volto di un contadino:
Nell’andare se ne va e piange portando i semi da gettare,
ma nel tornare viene pieno di gioia portando i suoi covoni.
Strani ingredienti si stanno amalgamando insieme:
dalla felicità all’augurio di difficoltà e di dolore.
Questo cerchio si chiude con il picco più alto: la speranza.
“Possa tu avere speranza sufficiente a renderti felice”.
Sperare non è sognare, ma la speranza è la capacità
e il coraggio di trasformare un sogno in realtà.
Non ci può essere commento più bello a quest’augurio
che l’intensa scena del Vangelo: Neanche io ti condanno, va!
Sì: è un’adultera, una peccatrice, ha sbagliato. E allora?
Chi non sbaglia? Chi è senza colpa?
Gesù non giustifica, ma invita ad alzare lo sguardo,
ad andare oltre, a guardare col cuore la fragilità dell’altro
per scoprirvi riflessa la propria.
Dice un proverbio orientale:
“Sforzati di essere ciò che tu vorresti che il tuo fratello sia
e non pretenderai più che egli sia ciò che tu non sei”.
Tutti ci giudicano, noi giudichiamo noi stessi anche peggio.
Dio, invece, prima e al posto di giudicare, cerca di capire.
La fragilità del cristallo non è una debolezza
ma una raffinatezza: così Dio guarda la nostra realtà.
Mercoledì delle ceneri
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