Buona domenica
don Giulio
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VANGELO DI RIFERIMENTO
Dal Vangelo secondo Marco
Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli
dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa
mangiare la Pasqua?».
Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e
vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove
entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia
stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”.
Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già
pronta; lì preparate la cena per noi». I discepoli andarono e, entrati
in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.
Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e
lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese
un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse
loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti.
In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino
al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio». Dopo aver cantato
l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.
RIFLESSIONE
10 giugno 2012
MANO NELLA MANO
Solennità del Corpus Domini
"Di persone indispensabili sono pieni i cimiteri".
Spesso mi ripeteva così, in modo saggiamente cinico un anziano Cardinale
di fronte al mio giovanile piglio di suggerire alcune presenze
"indispensabili".
Il Corpo di Cristo nell'Eucarestia, di cui oggi celebriamo la
festa, Corpus Domini,
ci insegna invece che siamo mendicanti di essenzialità per questo nel
fare
la comunione veniamo imboccati o facciamo il bellissimo gesto di
tendere le mani.
Una mano, quella sopra, dice che io non sono indispensabile, ma sono
mendicante
di senso, di vita, di serenità, di gioia, di amore, di tranquillità. Ho
fame. Ho bisogno.
L'altra mano, che sorregge, dice che comunque ho delle potenzialità
e ricchezze
per cui posso "dare una mano". Non ho tutto, ma qualcosa di
bello ce l'ho.
Accolgo il pane santo nella mano vuota del mendicante,
ma è la mano della libertà e delle qualità, che sta sotto, che prende
il Corpo di Cristo
e mi sazia perché quel pane diventi forza di vita.
Questi due sentimenti, umiltà e disponibilità, sono i 2 colori da dare
alle nostre mani
nel gesto che facciamo quando riceviamo il Corpo di Cristo nella
comunione.
Una mano sopra l'altra, perché il Corpo di Cristo lo si riceve. Non
lo si prende.
Non ci si serve. Non mi viene portato. Mi devo mettere in fila. Chiede
attesa.
Mi viene consegnato personalmente: è troppo prezioso.
Mani vuote: non c'è scambio. Non do nulla in cambio. Non potrei mai
"comprarlo".
Non ne sono degno, per questo posso anche farmi "imboccare".
Qualsiasi cosa faccia per la chiesa e il mondo, quel tozzo di pane non
me lo merito.
È comune usare il termine "adorazione del Santissimo".
“Adorare” deriva dal latino “ad os” e significa “mettere alla bocca”.
Da una parte è il sentimento con cui davanti a qualcosa di
straordinario,
pieno di stupore, meravigliato metti la mano alla bocca e non hai
parole.
Dall'altro è il sentimento della bellezza che dice: "ti
mangerei" (magari di baci).
È il senso del termine greco "Eucaristia" che significa
"rendere grazie".
Un dono da accogliere, un segno d'amore, anzi per Dio è un pegno
d'amore.
Quante persone invece si credono padri eterni più di Dio, vantando
meriti.
Non è una ricompensa che mi sono meritato o un premio acquistato con i
bollini.
Che squallore! Come se Dio ci vedesse come cagnolini a cui dare il
biscottino
se si scodinzola bene o si riporta la pallina.
Ma ci rendiamo conto di cosa ha detto Gesù nell'ultima cena donando
l'Eucaristia?
"Questo è il mio corpo, te lo dono, lo offro per te".
Donare il corpo è il gesto d'amore più grande: dona il corpo
l'amato all'amata,
dona il suo corpo la madre al feto perché possa formarsi e nascere.
Dio usa questa forte espressione d'amore di coppia per dire la sua
presenza con noi.
Se io devo pagare un corpo che mi si dona, questa è prostituzione.
Se voglio prendere un corpo solo perché "mi va o me la
sento", questo è abuso.
Solo se è donazione totale, profonda, intima, gratuita è un gesto sacro
di vita.
Qualcuno nelle due mani unite vi vede un cuore sia per la forma che
disegnano,
sia perché ricordano le due parti del cuore con i movimenti di sistole
e diastole:
così il corpo di Cristo che entra e che viene preso dentro di noi
(sistole)
chiede di diventare linfa che irrora ogni capillare della nostra vita
(diastole).
Comunque le due mani sono da tenere all'altezza del cuore,
come se avessero bisogno di appoggiarsi sulla parte densa della nostra
vita.
Questo richiede che le mani e la bocca che ricevono il Corpo di Cristo
siano pulite.
Pulite per ricevere l'Eucaristia, non solo in senso igienico ma di
densità di vita.
Se sono superficiale con parole o gesti, mani e bocca, come posso
accogliere Dio?
Per questo la saggezza degli antichi ha suggerito almeno un'ora di
digiuno:
il non toccare qualcosa mi suggerisce l'importanza del dono che sto
per ricevere.
A Dio non interessa quello che ho nello stomaco, ma quello che ho nel
cuore.
Mani e labbra pulite sono però soprattutto la conseguenza della
comunione.
Mani pulite che lavorano e accarezzano, che costruiscono e incontrano,
non mani che colpiscono, strappano, rovinano, imbrattano, sprecano.
Bocca pulita e libera in parole, dialoghi, sorrisi e baci. Magari ci
preoccupassimo
dello splendore del frutto delle nostre labbra tanto quanto del bianco
dei denti.
Quelle nostre due mani, poggiate sul cuore, diventano allora il simbolo
della vita
che prende la forma di uno scrigno che chiede la delicatezza come per
un gioiello,
prende la forma di culla che chiede la premura come per un germoglio di
vita,
prende la forma di una teca da altare che chiede adorazione come per il
Santissimo.
Delicatezza, premura, sacralità sono le fondamenta di ogni rapporto
d'amore.
La superficialità sbava, la distrazione corrode, la mediocrità corrode.
Capricci, egoismi, superbia, rivendicazioni sono l'anti-comunione.
Dimmi come mangi e ti dirò chi sei. Dicono i dietologi.
Dimmi come fai la comunione e ti dirò che cristiano sei. Possiamo dire
oggi.
Facciamo la comunione e quindi come conseguenza cerchiamo comunione tra
noi
o mangiamo Cristo a tradimento?
Basta poco, basta guardare le nostre mani e renderci conto che Dio si
appoggia a noi
e sapremo dare allora la giusta misura alla nostra vita, al nostro
cuore, al nostro fare.
Ci troveremo, stupiti e meravigliati, a metterci la mano alla bocca,
per "adorare"
e per vivere camminando nel quotidiano mano nella mano con Dio.
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