sabato 30 giugno 2012

Don Giulio: domenica 1 luglio 2012




Buona domenica

don Giulio



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VANGELO DI RIFERIMENTO



Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva,

gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne

uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide,

gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia

figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e

viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva

intorno. Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e

aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi

averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare

di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva

infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò

salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo

corpo che era guarita dal male.

E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui,

si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi

discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e

dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli guardava attorno, per vedere colei

che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò

che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la

verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in

pace e sii guarita dal tuo male».

Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga

vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il

Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della

sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno

di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di

Giacomo. Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide

trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro:

«Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo

deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la

madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la

bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che

significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si

alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da

grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a

saperlo e disse di darle da mangiare.





RIFLESSIONE



1 luglio 2012



IL DI PIÙ

13ma domenica del tempo ordinario





Due personaggi abitano il Vangelo di oggi.

Un augurio di Oriana Fallaci ne può tratteggiare il ritratto:

"La vita ha 4 dimensioni: amare, soffrire, lottare, vincere.

Chi ama soffre, chi soffre lotta, chi lotta vince.

Ama molto, soffri poco, lotta tanto, vinci sempre".



La prima protagonista è una donna con una grave emorragia.

Dietro e dentro questa donna c’è ogni storia di dissanguamento,

ci sono tutte quelle ferite aperte che “svuotano” la vita,

che indeboliscono le forze, che “ti succhiano il sangue”.

Serve una trasfusione di vita.



Il secondo quadro è una scena di buio, è la fine della speranza:

“lascia perdere, tua figlia è morta”.

Dietro e dentro questo uomo c’è ogni storia di fallimento,

di disperazione, c’è ogni “mi arrendo, non ce la faccio più”.

Serve una trasfusione di fiducia.



Due persone che soffrono e lottano per un incontro toccante,

per un tocco vitale di energia, per una carezza vincente di vita.



Ogni domenica noi abbiamo il loro stesso incontro con Gesù:

ma come viviamo e come cerchiamo questo tocco?

Crediamo davvero che cambi qualcosa nella nostra vita?



È ora di chiederci, per una volta, ma cosa vado a Messa a fare?



A Messa ci sono quelli che ci vanno perché "si deve".

Non cantano né rispondono, ma captano tutti gli ultimi gossip.

Non si accorgono di cosa si fa, ma scannerizzano tutti i presenti.

Prendono sempre la benedizione sulla schiena

perché al “Vi benedica” sono già girati in fuga verso la porta.

Per questi celebrare la Messa in latino o in cinese è la stessa cosa,

basta che non sia lunga.



A Messa ci sono poi quelli tutti casa e chiesa, ma ciò che li frega

è la strada, cioè ciò che fanno o dicono dalla casa alla chiesa.

Sono quelli che si abbuffano di comunioni, candele, santini

come se fossero caramelline, ma non vivono una riga di Vangelo.

Alcuni stanno a Messa per soddisfare un loro bisogno

di socializzazione, di riconoscimento, di valorizzazione.

Altri in realtà sono solo superstiziosi, travestiti da cattolici:

convinti che Dio conviene tenerselo buono perché non si sa mai.



A Messa ci vanno infine quelli che cercano un oltre, con la fatica

di credere e sperare (che è la stessa fatica di vivere e di amare).

Si cerca un tocco, una scossa, uno spintone di vita e per la vita,

comunque e nonostante tutto. La trasfusione di vita e di fiducia.



Come la donna del Vangelo di oggi ci si sente stranieri, lontani

ma si va a tentoni, si fanno domande, ci si mette in questione.

Come l’uomo del Vangelo si sa come è nera e cruda la realtà,

ma si lotta per aggrapparsi a un Oltre. Non ci si arrende.



Per questo la fede richiede non un’accettazione, ma un’adesione.

Non chiede un “obbedisco”, ma un “mi coinvolgo”.

Sta a noi decidere se scegliere l'oltre di un incontro toccante

o la pallida mediocrità di una routine.

È meglio la sicurezza rigida della incasellata normalità di sempre

o l’apertura ubriacante di orizzonti nuovi e sconfinati?



"Mai nulla di splendido è stato realizzato

se non da chi ha osato credere che dentro di sé

ci fosse qualcosa di più grande delle circostanze" (Bruce Barton).



Questo è ciò che Dio ci sussurra ogni domenica: il "di più".

Quel "di più" che Dio ha vissuto su di sé incarnandolo:

chi ama soffre, chi soffre lotta, chi lotta vince.

Vince anche la morte e ogni tipo di morte.



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