giovedì 27 dicembre 2012

Augurio di Natale 2012 inviato con sms

Questo il mio testo:

Ti auguro un buon Natale, ricco e colmo di ogni bene...così come Lui è, così come Lui ti vuole! con affetto sincero, Marcella

queste le vostre care risposte:
Franco T.: Ricambio con amicizia vera
 ...ti so davvero amico sincero, proprio vero! meriti tanto...tu possa sempre fare per tutti meglio di quanto già fai....e non ti mancherà mai nulla! Lo dico a te, ma è quanto di più vero in cui anch'io confido, certa che da Lui non sarò mai delusa... e se mi dona le prove, proprio anche tante sofferenze, è perchè oltre c'è sempre qualche cosa di meglio, di migliore a cui tendere...per arrivarci! un abbraccio forte a te, e auguri cari a Voi in famiglia, ad Angela, per tutto! con sincero bene

Pinuccia: Grazie di cuore x il tuo pensiero sempre solerte. Tanti auguri di ogni bene a te e alla tua famiglia

don Lucio:
bello, ma l'ho cancellato!

don Luca Torino: La gloria cantata a Dio in cielo avvolge gli uomini sulla terra.A tutti è dato d'essere rivestiti di gloria: la gloria è il nostro destino! Con gioia grande, auguri! dluca

fr.Guido: Ricambio di cuore ai tuoi auguri. Guido

Letizia: Grazie per il tuo augurio che ricambio con tutto il cuore . Buone festività Natalizie. . . Letizia

martedì 25 dicembre, Santo Natale:
Ferrari S.: E con lo stesso affetto,felice e corroborato da una giornata di libertà in famiglia,auguro un buon Natale a tutti voi!
Non c'è niente di più bello che ritrovarsi tutti insieme in famiglia!Un saluto a tutti quanti,carico di tutta la contagiosa felicità della clinica Quarenghi!
... ieri sera quando ho letto il suo secondo messaggio...stavo parlando di lei con la mia mamma!...ed è stato bellissimo!...anche ora con Marcello di là con mio marito, Micaela che disegna, mia mamma che riposa...ed io qui a scrivere...è bello pensare che...nella bella buona comunione che il bene può dare...insieme a Lui tutti ci sentiamo migliori...uniti ...capaci di ben operare...e confidiamo nel Suo amore sempre!....un abbraccio da noi...contagiati dalla serenità di Villa Quarenghi!...

Letizia Cattaneo: Grazie a te un abbraccio e buona continuazione

Silvia: Auguri di cuore a tutta la famiglia Silvia e Mauro

Adriano: Cara Marcella auguri di un santo e felice natale a te ed ai tuoi cari! Con affetto f. Adriano

Matteo: Grazie Marcella. Tanti auguri di buon Natale anche a lei e alla sua famiglia.

Raffaella Genova: Auguri anche a Te Marcella ed ai tuoi cari. Felice Santo Natale. Un forte abbraccio Raffaella

Giuseppe: Grazie di cuore. Auguri a te ed alla tua famiglia. Giuseppe.

Flavia: La santa nativita' realizzi tutti i desideri del tuo cuore.Un grande abbraccio Flavia

Carlo F.: BUON NATALE!!!Donatella e Carlo Fattiroso

Maurizio Pier: Ricambio con cuore sincero, cara Marcella :) auguri a tutti voi! Mauri
Mi ricordo ancora il bellissimo Natale passato insieme a Bergamo :) quanta Bellezza, quanta Dolcezza, quanto Conforto... Baci grandi! M

Fra Marco: Grazie Marcellina anche a tutti voi ...

Emiliano: Ciao! Anche x te. Auguri di buon natale! Ciaociao

Bruno: Auguri di Buon Natale anche a te e alla tua famiglia.

Mariastella:Grazie di cuore auguri a te a presto mstella
Grazie auguri di cuore Mariastella

Fabio: Ciao sono fra Fabio, ti ringrazio per gli auguri di Natale, che ricambio con affetto. Salutami tanto la Micaela. Mando un bacio a tutte e due. Ciao.

Romana: Buon Natale e Buon Anno anche a te e ai tuoi cari. Ti abbraccio forte e un bacio grande a Micaela....

Delfino: Grazie marcella cara. Auguroni e serenità anche a t, delfino

Sergio: Grazie 1000 x il gentile pensiero

Stefania E.: Grazie tante ! Auguro a te ed a tutta la tua famiglia pace e serenità e che questi giorni siano di auspicio per apprezzare ancora di più i momenti belli della vita ! Un abbraccio . Stefania e famiglia.

Luciano B.: Grazie e ricambio con affetto Buon Natale Luciano

Concetta: Grazie Marcella, di vero cuore. Ci accomuna il Signore centro nella nostra vita: nostro Amore e nostra gioia. A presto Concetta.

d.Giulio: ricambio con affetto benedicente

Lorena: Grazie Marcella per gli auguri, che contraccambio di cuore. Grazie per la mail che mi ha mandato e che mi ha offerto spunti di riflessione importanti. Grazie per l'affetto sincero che sempre mi dimostra. Buon Natale! Lorena e Sofia

Francesco: Graditissimi gli auguri che ricambio di cuore a te e alla tua famiglia.francesco.

Giulio P.: Ricambio con affetto

Lina Z.: Ringrazio e ricambio affettuosi auguri. Lina

Magnani G.: Ti ringrazio. Buon Natale a te e famiglia. Giuseppe

Marco A.: Ciao Marcella, Buon Natale anche a tutti voi. Oggi e' davvero un giorno speciale, abbiamo portato Giorgio a Messa e stiamo festeggiando tutti insieme a casa dei nonni. Un abbraccio. Marco e Betty

Renata Roma: Grazie cara Marcella di cuore.Sei una persona veramente speciale e anche io ti auguro un felice Natale a te e famiglia.Un abbraccio affettuoso.Renata.

Fra Angelo P.: Ringrazio e ricambio

Mariangela Roma: Gli auguri più belli. Ciao amata mia mariangela

Nocera Roma: Egli est dio con noi. Auguri s nocera

Emanuele P.: buon natale di cuore anche a te e alla tua famiglia

Pigato: Grazie infinite e un augurio particolare ad una persona speciale.

Guido p.: Grazie Marcella

Davide P.: Cara Marcella ricambio di cuore i tuoi auguri a presto qd vuoi

Franca e Nino: Ciao cara auguriamo uno splendido natale anche a te e famiglia. Nino e franca

Imelde: GRAZIEEEEE, un grande abbraccio di cuore Imelde

Franco M.: Ti ringrazio. Sei sempre molto gentile. Auguri a te e famiglia. Ciao Franco

Gabriella C.: A tutti voi sia un Natale di luce cristiana e gioia e pace nei cuori ! Gabriella

Giusy Aux: Grazie contraccambiamo di cuore l'augurio,un caro saluto Giusi e Luigi

Giuliana T.: Auguri a voi! Giuliana

Antonella G.: Grazie di cuore anche a te tanti auguri per un S. Natale di gioia pace e serenità Antonella

Antoniretta Laici: Se siamo con Lui possiamo sentire il Suo Amore e contagiare chi è vici no a noi. Grazie e auguri a te e fam. Antonietta

Franco A.: Ricambio di cuore franco

don Paolo R.: Vi auguro un sereno Natale!

Laura e Terenzio: Auguriamo un natale pieno di pace amore e speranza laura e ter

Ale G.: Auguri di vero cuore Marcella, Ale

Angela S.: Grazie ricambio di cuore angela

Claudia B.: Dobbiamo saper dare un pó di noi agli altri. Spero che una parte di me ti sia arrivata. Un caldo e tenero augurio di Buon Natale a tutta la famiglia Claudia

Giulia Roma: Grazie Marcella cara! "Il Signore faccia risplendere la luce del suo volto su di te e ti conceda pace". BUON NATALE E BUONE FESTE! Con tanto affetto

Fabio B.: Grazie mille. Ricambio gli auguri graditisssssimi. Fabio

Amando G.: Grazie e altrettanti auguri a te, Amando

Massimo B.: Tanti auguri anche a te!

Patrizia Cividini: Tanti cari e affettuosi anche a te. Patrizia

Carla Diego: Auguro un buon natale anche a te e alla tua famiglia

Fratello Dede: Cari auguri e grazie fam.Galimberti

Antonella G.: Tanti cari auguri anche a te. Antonella

Vittorio P.: BUON NATALE ANCHE TE.

Gloria: Ancora Buon Natale zia! Un bacione, glo

Gianluca: Ciao Marcella, augupri di un autentico S. Natale a te e famiglia!

Don Marco: Gesù Cristo, il Dio amato e il Dio amabile è nato per la nostra Salvezza. Auguri. DM
Rosario Motta: Cordiali affettuosi auguri. Rosario

sr.Agnese: Gelida l'aria ma non il cuore, questi son giorni colmi d'amore... Ogni nostro sogno diventi reale...calorosi auguri di serene festività natalizie e di un felice Anno Nuovo. Ciao Sr. Agnese Ubiali

Mario: Carissima marcella i nostri piu cari auguri di buone feste a tutti voi mario e assunta

Sergio M.: Tantissimi auguri di un sereno Natale. Sergio e Laura

Sr. Costantina: Il Natale porta nell'aria un profumo speciale, un profumo di pace e serenità. Possa questo profumo coinvolgere i cuori di tutte le persone del mondo affinchè la vita possa essere migliore. Buon Natale
Natale è armonia e l'armonia comincia con un sorriso. Che tu possa sorridere tutti i giorni della tua vita! Auguri di un sereno Natale

Napoleone:Anche a te auguri belli.

Paola V.: Buon natale e buone feste a voi tutti da paola e famiglia

Franco D.: A te e ai tuoi Cari i miei auguri più sinceri di Buon Natale e Buone Feste! GRAZIE per i tuoi molti favori di quest' anno....Ti spetta il premio della Bontà del Paradiso !!! AUGURI !!! Franco

Anna G.: Lodiamo il Signore
Esultiamo per la Sua benedizione... Gioiamo del Suo amore! Buon Natale!!
Anna

Mariangela Roma: Ciao marcelli auguri cari cari. Mariangela

Aldo B.: Tanti cari auguri di Buon Natale
un abbraccio
aldo

Giovanni : Tanti auguri di buon natale e felice anno nuovo giovanni e famiglia

18:12 ORE 21:58 - Vittorio: SINCERI AUGURI DI BUON NATALED UN FELICE ANNO NUOVO CHE SIA LATORE DI TANTE COSE BELLE. VITTORIO

Mariarosa Biella: Buona sera Marcella, Antonio ed io desideriamo augurarti Buone Feste estendi l'augurio anche alla tua famiglia. Un abbraccio di cuore e grazie sempre perché ci sei.

lunedì 24 dicembre 2012

Santo Natale 2012, Nuovo Anno 2013: i miei auguri per Voi.

Santo Natale 2012


Anno Nuovo 2013



Michelangelo, Madonna col Bambino, 1525 cc, disegno matita nera, rossa, biacca e inchiostro, mm. 542x396, Fondazione Casa Buonarroti Firenze


E siamo già a Natale!



Un anno è già passato, e sembra ieri che ero qui a pensare di scriverti un pensiero, un saluto, proprio un augurio!



Guardandomi attorno tanti i motivi per dispiacermi dello stato di fatto di tante cose che ci stanno rendendo la vita, il nostro vivere, sempre più difficile: la politica, l’economia, la sanità, il lavoro precario. La crisi attanaglia tutto, ma soprattutto i nostri cuori.



Ecco che allora, in contrasto a chi ci rende sempre più preoccupati, tesi, angosciati, io ti esorto a prendere un poco di tempo per fermarti: per fermarti a pensare, anzi no, vorrei che tu ti decidessi di prenderti un po’ di tempo per una boccata d’aria: per camminare. Questa è l’idea che più mi piace, è il consiglio che mi dò e che estendo anche a te.



Sì, prenditi un po’ di tempo per te. Decidi di lasciarti a piedi: lascia l’auto ferma e comincia a camminare da solo. Un po’ di silenzio, di distacco dalle cose, dal quotidiano che tutti ci assorbe, che ci incalza e proprio non ci dà tregua, e lascia che sia la strada, siano i sentieri, a condurre i tuoi passi, i tuoi pensieri sino a quando ti sentirai di fermarti, di sostare.



Ecco che allora sentirai come per incanto che i pensieri fumosi, tristi, proprio oppressivi che tante volte ti attanagliano, pian piano si dissolveranno e pian piano comincerai a sentir crescere dentro di te un senso di pace, a intravedere un po’ di sereno, di luce, e anche a sentire il calore di quella luce buona.



Lascia davvero che luce e calore ti pervadano, e ne sentirai la loro forza: forza che ti dona energia buona: ne sentirai il beneficio dentro le ossa e nel tuo cuore e anche la tua mente ne sarà ricolmata.



Poi, che sia la luce del mattino ad accompagnare i tuoi passi, magari all’alba, col freddo ancora gelido della notte, o il tepore di un pomeriggio appena accennato, come bellissimo anche il freddo ancor più pungente della sera, di un tramonto che vediamo colorare l’orizzonte, o anche velato, rarefatto, da una fitta coltre di nebbia che tutto ammanta e che ti abbraccia, qualsiasi sarà l’atmosfera che ti accompagnerà, certamente saranno momenti belli, particolari, certamente interessanti, unici, che favoriranno il tuo desiderio “di abbracciarti, di prenderti per mano, di amare te stesso a priori!”



E capirai la bellezza della libertà, e avrai desiderio di liberarti da tante cose inutili, superflue - vera zavorra che ti frena, ti ferma - per essere libero dentro.

E ti troverai quasi per incanto a respirare profondamente, serenamente, e ti sentirai meglio: starai bene: ti sarai ritrovato e troverai anche facile darti delle risposte!



E’ allora che sentirai, capirai, che è ora di riprendere la strada del ritorno.

E sarà bello!



Ti sentirai felice di tornare sui tuoi stessi passi.

Sarà bello per te scoprire come il passo stanco e affaticato della partenza, si sarà magicamente rinfrancato, proprio trasformato: è proprio così! Sarai pronto a riprendere in mano tutte le cose che hai lasciato indietro da fare, le stesse che sino a poco prima ti pesavano, ma con uno spirito nuovo, buono, rinnovato da energia pulita.



Ora che hai capito la bellezza, la profondità, l’intensità del Suo bene sempre a portata di mano per tutti e presente in tutto, ora la differenza la fai proprio tu.



Tu sei il valore aggiunto alla tua vita: tu con la tua consapevolezza della forza della comunione in Lui che ti apre all’immenso e ti fa abbracciare tutto e aprirti a tutti: questa è la forza del tuo essere libero.



Ora che sei stato capace di darti del tempo, hai scoperto la bellezza della comunione col Tutto che ci ha creati, con quell’Unico Padre per tutti che prima ha organizzato tutto al meglio attorno a noi e poi ci ha creati, per farci trovare tutto quel bene che ognuno ha a disposizione, che tutti possiamo cogliere e rendere migliore. Bene, Amore, che possiamo ridonare solo riscoprendo che sempre Quel Tutto innanzitutto è proprio dentro ognuno di noi!



E allora prendiamoci un po’ di tempo per amarci, per capirci, per scoprirci e così scopriremo il valore della Vita: della nostra vita e di quella di tutti: di ogni altro che dobbiamo sentire, riconoscere, bene grande per noi.



Diamo spazio e valore ai nostri sentimenti, al bene, all’Amore Vero: quello da cui tutto proviene e dove tutto confluisce, e scopriremo il valore di tutto: delle parole semplici e chiare, dei gesti buoni e generosi, del valore che il voler bene, il donarci, innanzitutto ci dona: questo oggi è il mio augurio per te, proprio per il bene che anch’io ti voglio.



Possa questo Natale meravigliarti, proprio stupirti di tutte le risorse buone, belle, che sono tue, che hai dentro di te: abbi voglia di donarle!



Solo così potrai scoprire quale effetto prodigioso avranno su di te: scoprirai la vera gioia che non è delle cose mutevoli, effimere, ma è proprio di te che sei e che vivi: la tua vita, la mia vita, racchiude in sé tutta l’Essenza del Suo Amore che tutto si è donato per darci tutto quanto abbisogniamo noi e per donarci di essere d’ausilio ad ogni altro!

E non avremo mai più motivo di soffrire, ma di gioire!



E allora credici, credici davvero e sarai felice!



E allora sicuramente sarà un Buon Natale e l’anno nuovo inizierà per te già ricco e prodigo, perché avrai capito che la ricchezza del tuo cuore è proprio infinita, inesauribile: il bene fatto, il bene donato è l’alimento del tuo cuore e la tua anima riposerà sempre serena!



Questo è il mio augurio oggi per te, con tanto bene,





Marcella




Sono seguite tante Vostre email di risposta! Tutti ringrazio di vero cuore e con sincero affetto.

sabato 30 giugno 2012

O.P. omelie domenicane: 12^ domenica, SS.Pietro e Paolo, sabato 12.a sett, 13^ domenica




13ª dom. ord., B, ’12 – domenica della solidarietà


Gesù guarisce, anzi risuscita, una ragazzina, e cura una donna affetta, da molti anni, di continue emorragie. Il Signore ci guarisce prendendo su di sé le nostre infermità, addossandosi le nostre malattie, come dice il profeta Isaia. Gesù si è addossato anche i nostri peccati, portando le conseguenze del male che abbiamo causato noi, a noi e agli altri, con le nostre azioni. Chiediamo perdono, al Signore e gli uni agli altri, per il fatto di farci male a vicenda.

Due cose grandi ci dice la sacra Scrittura. Primo che le malattie e la morte non vengono da Dio: Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi, fossero pure animali. Egli ha creato tutte le cose perché esistano. Secondo, che tutte le cose sono buone in se stesse, anche le zanzare e i virus, anche se poi ci pungono e ci causano male. Certo, uno può dire che le malattie appartengono per natura alle cose materiali: la materia infatti si deteriora, muore. Anche le pietre, anche le montagne, si deteriorano e crollano. Ma il discorso qui riguarda in particolare l’uomo, del quale si dice: Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità, avendoci fatti a sua immagine. La morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo, cioè per il peccato, per essersi, l’uomo, non più fidato di Dio, di essersi fidato di più del demonio, ricadendo nella propria materialità.

Affermazione forti, queste, in positivo e in negativo. In positivo, riguardo alla bontà delle cose e della vita e delle intenzioni di Dio verso di noi. In negativo, perché ci pongono davanti le nostre responsabilità: noi siamo ciò che abbiamo scelto di essere. Ognuno è fabbro, artefice, della propria vita. Certamente non solo in senso individuale, ma soprattutto in senso collettivo. Guardiamo al grande problema ecologico, dell’equilibrio di natura. Anche le situazioni di crisi che stiamo attraversando sono frutto dell’uomo, e ne fanno le spese anche persone innocenti. Ma tutti abbiamo qualcosa di cui rimproverarci: la società, come una comunità, è il frutto del comportamento di ciascuno di noi. Certo i terremoti, e la morte, non dipendono da noi (almeno pensiamo), ma il modo di reagire e di essere solidali nei terremoti, questo sì. Così è anche per quanto riguarda il curare o anche solo portare sollievo ai malati, agli anziani, ai bambini rimasti orfani, per morte o per separazione dei genitori. Certo non serve, e non ci tira su, colpevolizzarci a vicenda, rendendo le nostre relazioni ancora più difficili.

San Paolo nella 2ª lettura, ci suggerisce la via della condivisione, della solidarietà. Lo fa parlando di situazioni concrete di disagio economico di alcuni fratelli nella fede, ai quali invita a venire incontro, ognuno secondo le proprie possibilità e disponibilità. Non si tratta di diventare poveri noi per fare ricchi gli altri. Si tratta di fare la pari, di dividere il nostro pane con chi non ne ha, i vestiti con chi non ne ha. Possiamo anche aggiungere: dividere la casa con chi non ne ha. Un problema anche per i nostri conventi mezzi vuoti, cosa farne. Certo anche questa solidarietà è da intendere in senso ragionevole, non in assoluto, perché ognuno, anche chi è in necessità, deve fare la propria parte e rimboccarsi le maniche per quello che può; non si può vivere unicamente di assistenzialismo, non è giusto. Ma quanto è difficile, anche in questo campo, essere giusti, nelle nostre azioni ma soprattutto nei nostri giudizi.

Certo san Paolo porta un esempio che ci inchioda: Cristo da ricco che era si è fatto povero, perché noi diventassimo ricchi per mezzo del suo farsi povero per noi. Sinceramente, restiamo senza parole. C’è quel grande inno al cap. 2° della Lettera ai Filippesi: abbiate in voi i medesimi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo Dio, spogliò se stesso, rinunciò alle sue prerogative divine, divenendo un uomo, umiliandosi fino a farsi nostro servo, abbassandosi, annientandosi, fino alla morte e alla morte di croce. Quando canto queste parole da un lato mi vergogno di me stesso, dall’altra canto di gratitudine al mio salvatore e Signore. Fin qui vi ho amati, egli ci dice. Noi, fin dove sappiamo arrivare?

Chiediamo al Signore che dica anche su di noi quelle belle parole: Talità, Kum. Alzati. E riprendiamo a camminare.



Sabato 12ª sett., ‘12

Dopo la memoria di ieri, dei santi Pietro e Paolo, oggi si ricordano tutti i primi martiri romani. Pietro e Paolo non furono gli unici, e nemmeno i primi, a testimoniare con la loro vita la loro fede e la loro fedeltà a Cristo. Molti morirono prima e con loro, e dopo di loro.

I martiri che ricordiamo oggi si riferiscono in particolare all’epoca di Nerone, intorno all’anno 64 dopo Cristo quando l’imperatore, per costruire una città più bella, diede ordine di dare fuoco alla vecchia città, dando poi la colpa ai cristiani, come dice lo storico Tacito, aizzando così la gente contro di loro. Molti furono crocifissi e, cosparsi di pece, bruciati vivi nei giardini di Nerone. La comunità romana, dopo la breve persecuzione di Gerusalemme dove morirono Giacomo e Stefano, fu la prima a subire persecuzione così estesa. Non conosciamo il numero di questi martiri: fu tutta una comunità tenuta in scacco, variamente perseguitata, e uccisa nei suoi migliori testimoni. Da Nerone in poi, anche in seguito, a più riprese, i cristiani furono perseguitati, dentro e fuori Roma, fin dopo Costantino, quindi per quasi 300 anni.

Bene si applicano a questa situazione della chiesa di Cristo, le Lamentazioni del profeta Geremia sulla sorte di Gerusalemme, occupata e distrutta dagli assiro-babilonesi, con i suoi abitanti spogliati di tutto e deportati. Abbiamo ascoltato un passo del cap. 2. Facciamo nostro l’esortazione del profeta: grida dal tuo cuore al Signore, fa scorrere le tue lacrime giorno e notte, non darti pace, effondi coma acqua il tuo cuore davanti al Signore, alza verso di lui le mani per la vita dei tuoi bambini che muoiono di fame all’angolo di ogni strada. Queste parola fanno ricordare anche la situazione di tanti popoli ridotti alla fame, di tante comunità ancora attualmente martirizzate e Africa e non solo.

Ci sorregga il racconto evangelico: verrò e lo curerò, dice il Signore. Ma sia nostra supplica l’umile preghiera di quel centurione: Signore non sono degno; ma se tu vuoi, è sufficiente una tua parola. Sulla croce egli prese su di sé le nostre infermità, si è addossato le nostre malattie. Così egli ci ha liberato, tracciandoci una strada di come e cosa fare anche noi per i nostri fratelli.



 
Ss. Pietro e Paolo

Festa dei santi Pietro e Paolo. Preghiamo per il papa e tutti i missionari. Il Signore Gesù aiuti anche noi nella fedeltà a lui. Chiediamo perdono delle nostre infedeltà e pigrizie.
La liturgia e anche l’iconografia antica ricordano insieme questi due apostoli, due colonne della chiesa, il primo come pastore della Chiesa delle origini nella sua prima esperienza di vita ed espansione missionaria; il secondo come evangelizzatore e fondatore di chiese nell’Asia minore, e in Grecia. Ambedue morirono martiri a Roma in due modi e due luoghi diversi, il primo in croce, il secondo con la decapitazione; nel cimitero Vaticano uno, fuori città l’altro, e furono sepolti nelle rispettive basiliche che sorsero sulle loro tombe: san Pietro sul Vaticano, san Paolo fuori le mura.

Le due prime letture bibliche si riferiscono: la prima alla prigionia di Pietro a Gerusalemme, la seconda alla esperienza spirituale di san Paolo che nella sua seconda lettera a Timoteo riassume in poche parole la sua vita. Il primo liberato e sorretto dall’angelo di Dio, il secondo, già anziano, che traccia come un suo testamento, che vorrei fosse anche il mio e di tutti voi: è giunto il momento di sciogliere le vele, ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede… Il Signore mi è stato vicino e mi ha dato forza per la mia missione, il Signore mi libererà da ogni male e mi salverà per il suo regno eterno. Facciamo nostra questa professione di fede.

Il testo evangelico mette in evidenza la missione di Pietro (e del papa), che è quella di confermare nella fede i propri fratelli e fare da riferimento visibile per l’unità dei cristiani. L’allusione alle chiavi è quella al maggiordomo, al responsabile della casa. Delicata missione del papa.

Pietro e Paolo, e lo ascolteremo nella preghiera del prefazio, rappresentano due modi di essere nella chiesa e servire Cristo. Con doni diversi hanno edificato l’unica chiesa. Più pastore il primo, più teologo il secondo, il primo come padre delle comunità costituite, il secondo come fondatore di chiese tra i pagani. Due impegni che devono caratterizzare anche la nostra vita: costruire la comunità, ma con uno sguardo ampio all’azione missionaria presso tutti i popoli. Il Signore ci accompagni nella fedeltà a lui.




12ª dom. ord., B, ’12 – domenica di Giovanni Battista


La coincidenza della domenica con la festa di san Giovanni Battista, fa sì che oggi l’attenzione si porti a colui che fu il profeta incaricato da Dio a preparare gli animi e presentare poi al popolo ebraico Gesù di Nazaret come il messia atteso. Giovanni ha fatto da staffetta (pròdromos) che precede l’arrivo del personaggio. È questo un grande onore che la Chiesa intende riservare al profeta, per il posto particolare che egli occupa nei confronti di Gesù.

Il Signore perdoni i nostri peccati, per celebrare con frutto questa eucaristia.

Per la festa odierna di Giovanni Battista abbiamo interrotto le letture consuete delle domeniche, per concentrarci su testi che si riferiscono in modo specifico alla figura e alla missione di questo profeta. È una festa tutta particolare che gli viene riservata, ricordandolo non solo nel momento della morte, come tutti i santi, ma anche nella data della sua nascita terrena, come Gesù (Natale) e Maria ss.ma (8 settembre). La memoria di questo santo è stata fissata a tavolino, sei mesi prima del natale di Gesù. Di Giovanni si fa memoria poi anche nel giorno del suo martirio, il 29 agosto, data nella quale presumibilmente gli fu dedicata una chiesa, dopo che la sua tomba, in Samaria, venne profanata, e le sue reliquie bruciate e disperse, nel 362 d.C.

Tutti gli evangelisti e gli Atti degli apostoli parlano di lui. Nel Vangelo della vigilia si parlava della promessa della nascita di Giovanni, mentre nel vangelo di oggi è stata descritta la sua nascita: che ne sarà di questo bambino, diceva la gente, e la mano del Signore era con lui. Opportunamente come prima lettura della vigilia, è stato scelto un testo del profeta Geremia: Prima di formarti nel seno materno ti ho conosciuto, prima che venissi alla luce ti ho consacrato. Il tema è stato ripreso anche nella prima lettura di oggi, stavolta con le parole di Isaia, dove si parla del servitore fedele di Dio: Il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fin dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome. Bene si applicano a Giovanni queste parole. Ma penso che si applichino bene anche a ciascuno di noi. Dio ci ha pensati da prima ancora della nascita. Anche i nostri genitori pensavano a noi da prima ancora che nascessimo, mentre eravamo nel seno della mamma, ma noi siamo nel pensiero di Dio prima ancora che venissimo pensati dai nostri genitori e concepiti. Da allora siamo come degli uccellini appena nati nelle mani trepidanti di Dio. E anche a noi Dio dice: non temere, io sarò con te, tu parlerai in mio nome. Molto domenicana questa festa. Ma chiaramente si applica a tutti, anche ai non domenicani. Dobbiamo riflettere su questo nostro essere pensati e consacrati dal Signore, con una missione da svolgere. Non dimentichiamolo mai, pur in mezzo alle nostre difficoltà quotidiane, alle quali necessariamente dobbiamo far fronte. Non perdiamo mai di vista ciò che Dio ha fatto di noi e cosa si aspetta che noi facciamo, nelle situazioni concrete delle vita. È proprio nelle situazioni concrete che dobbiamo vivere questa nostra vocazione e consacrazione.

San Paolo, nel suo discorso nella sinagoga di Antiochia, parlando di Gesù accenna al profeta Giovanni il quale aveva una chiara coscienza della sua missione: non era lui il profeta, egli aveva soltanto il compito di richiamare tutti a cambiare vita, per accogliere degnamente l’inviato di Dio. Gli scritti del Nuovo Testamento parlano chiaramente di Giovanni come predicatore e battezzatore, ma anche per precisare meglio la sua missione nei confronti di Gesù. Perché effettivamente attorno a Giovanni si era costituita una grande corrente di spiritualità, molti erano diventati suoi discepoli, e godeva della simpatia e credibilità presso tutto il popolo, che lo riteneva veramente un uomo di Dio, un profeta coraggioso anche di fronte ai potenti. Gesù ha un bellissimo elogio di lui: nessuno tra i nati di donna è stato grande come lui. Ma poi alcuni erano rimasti fissati su di lui fino a non accettare Gesù, ed era un controsenso. È soprattutto l’apostolo Giovanni, che ha scritto molto tardi il suo vangelo, che affronta queste problematiche del rapporto tra il profeta e Gesù, tra i discepoli del Battista e i discepoli di Gesù. Ricordate le parole del prologo al vangelo di Giovanni: venne un uomo mandato da Dio, il suo nome era Giovanni, egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, e preparare un popolo ben disposto. Non era lui la luce, ma doveva rendere testimonianza alla luce, indicare la luce vera che illumina ogni uomo.

Anche la nostra missione è questa. Non siamo noi al centro dell’attenzione, non dobbiamo mettere noi stessi al centro, ma il Signore, fossimo pure molto bravi e radicalmente evangelici nei nostri costumi. Se uno si mettesse al centro e si ritenesse lui il salvatore e non Gesù, sarebbe totalmente fuori e deviante dalla verità È la storia anche di oggi: quanti in pratica si ritengono superiori a Gesù, e vogliono giudicare da soli ciò che vale e ciò non vale. È la storia anche di quanti vogliono vivere fuori della famiglia di Gesù, che è la chiesa, la quale, pur non essendo ancora tutta santa, non dimeno è il suo corpo, dove egli abita e dove lo Spirito santo tiene viva la verità tutta intera, e dona la sua grazia.

Il Signore ci salvi dalla presunzione di sentirci i migliori di tutti, depositari di tutta la scienza e di tutta la santità. Sia nostra umile preghiera quotidiana il salmo 138, che abbiamo cantato, che inquadra bene la nostra esistenza: sono opera delle mani del Signore, egli ha fatto di me una meraviglia stupenda.

Don Giulio: domenica 1 luglio 2012




Buona domenica

don Giulio



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VANGELO DI RIFERIMENTO



Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva,

gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne

uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide,

gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia

figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e

viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva

intorno. Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e

aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi

averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare

di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva

infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò

salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo

corpo che era guarita dal male.

E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui,

si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi

discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e

dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli guardava attorno, per vedere colei

che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò

che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la

verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in

pace e sii guarita dal tuo male».

Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga

vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il

Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della

sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno

di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di

Giacomo. Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide

trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro:

«Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo

deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la

madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la

bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che

significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si

alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da

grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a

saperlo e disse di darle da mangiare.





RIFLESSIONE



1 luglio 2012



IL DI PIÙ

13ma domenica del tempo ordinario





Due personaggi abitano il Vangelo di oggi.

Un augurio di Oriana Fallaci ne può tratteggiare il ritratto:

"La vita ha 4 dimensioni: amare, soffrire, lottare, vincere.

Chi ama soffre, chi soffre lotta, chi lotta vince.

Ama molto, soffri poco, lotta tanto, vinci sempre".



La prima protagonista è una donna con una grave emorragia.

Dietro e dentro questa donna c’è ogni storia di dissanguamento,

ci sono tutte quelle ferite aperte che “svuotano” la vita,

che indeboliscono le forze, che “ti succhiano il sangue”.

Serve una trasfusione di vita.



Il secondo quadro è una scena di buio, è la fine della speranza:

“lascia perdere, tua figlia è morta”.

Dietro e dentro questo uomo c’è ogni storia di fallimento,

di disperazione, c’è ogni “mi arrendo, non ce la faccio più”.

Serve una trasfusione di fiducia.



Due persone che soffrono e lottano per un incontro toccante,

per un tocco vitale di energia, per una carezza vincente di vita.



Ogni domenica noi abbiamo il loro stesso incontro con Gesù:

ma come viviamo e come cerchiamo questo tocco?

Crediamo davvero che cambi qualcosa nella nostra vita?



È ora di chiederci, per una volta, ma cosa vado a Messa a fare?



A Messa ci sono quelli che ci vanno perché "si deve".

Non cantano né rispondono, ma captano tutti gli ultimi gossip.

Non si accorgono di cosa si fa, ma scannerizzano tutti i presenti.

Prendono sempre la benedizione sulla schiena

perché al “Vi benedica” sono già girati in fuga verso la porta.

Per questi celebrare la Messa in latino o in cinese è la stessa cosa,

basta che non sia lunga.



A Messa ci sono poi quelli tutti casa e chiesa, ma ciò che li frega

è la strada, cioè ciò che fanno o dicono dalla casa alla chiesa.

Sono quelli che si abbuffano di comunioni, candele, santini

come se fossero caramelline, ma non vivono una riga di Vangelo.

Alcuni stanno a Messa per soddisfare un loro bisogno

di socializzazione, di riconoscimento, di valorizzazione.

Altri in realtà sono solo superstiziosi, travestiti da cattolici:

convinti che Dio conviene tenerselo buono perché non si sa mai.



A Messa ci vanno infine quelli che cercano un oltre, con la fatica

di credere e sperare (che è la stessa fatica di vivere e di amare).

Si cerca un tocco, una scossa, uno spintone di vita e per la vita,

comunque e nonostante tutto. La trasfusione di vita e di fiducia.



Come la donna del Vangelo di oggi ci si sente stranieri, lontani

ma si va a tentoni, si fanno domande, ci si mette in questione.

Come l’uomo del Vangelo si sa come è nera e cruda la realtà,

ma si lotta per aggrapparsi a un Oltre. Non ci si arrende.



Per questo la fede richiede non un’accettazione, ma un’adesione.

Non chiede un “obbedisco”, ma un “mi coinvolgo”.

Sta a noi decidere se scegliere l'oltre di un incontro toccante

o la pallida mediocrità di una routine.

È meglio la sicurezza rigida della incasellata normalità di sempre

o l’apertura ubriacante di orizzonti nuovi e sconfinati?



"Mai nulla di splendido è stato realizzato

se non da chi ha osato credere che dentro di sé

ci fosse qualcosa di più grande delle circostanze" (Bruce Barton).



Questo è ciò che Dio ci sussurra ogni domenica: il "di più".

Quel "di più" che Dio ha vissuto su di sé incarnandolo:

chi ama soffre, chi soffre lotta, chi lotta vince.

Vince anche la morte e ogni tipo di morte.



domenica 24 giugno 2012

Don Giulio: 24 giugno 2012




Buona domenica

don Giulio



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VANGELO



Dal Vangelo secondo Luca

Per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio.

I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei

la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei. Otto giorni

dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il

nome di suo padre, Zaccarìa. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà

Giovanni». Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si

chiami con questo nome».

Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse.

Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti

furono meravigliati. All’istante si aprirono la sua bocca e la sua

lingua, e parlava benedicendo Dio.

Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione

montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro

che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai

questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui. Il

bambino cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni

deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.







RIFLESSIONE



24 giugno 2012



TOGLIERSI I SASSOLINI DALLE SCARPE

Festa di San Giovanni Battista





È raro che il 24 giugno cada in domenica e quando succede

la festa della nascita di San Giovanni Battista prevale.

Per di più è l'unico santo che ha due date nel calendario liturgico:

di lui si celebra sia la nascita che la morte.

Di solito dei Santi si celebra la morte come "nascita al

cielo".



È un santo particolare anche solo perché muore prima di Cristo,

quindi potremmo dire che "non è mai stato cattolico".

Non è mai andato a Messa (non c'era ancora)

eppure è il santo a cui sono dedicate più chiese nel mondo.

Ventitre papi presero il suo nome. L'ultimo Giovanni XXIII.



Anche i nomi delle note musicali (Do, Re, Mi, Fa, Sol, La, Si)

hanno a che vedere con Giovanni Batista:

sono desunte dalla prima sillaba dei sette versi della prima strofa

dell'inno liturgico composto in onore di questa festa.



Perché la data del 24 giugno per stabilire la sua nascita?

Nell'annunciare la nascita di Cristo a Maria l'angelo le dice

che sua cugina Elisabetta (madre di Giovanni) è al sesto mese.

Dunque si sceglie il 24 giugno: 6 mesi prima di Natale.

Naturalmente questa data ha valore simbolico e non storico.



Il nocciolo del mistero sta, come abbiamo sentito nel Vangelo,

nel nome: "Giovanni" che in ebraico significa "dono di

Dio".

Letteralmente: Dio ci ha fatto grazia, ci ha fatto un regalo.

Se un padre non dava il nome, il neonato veniva ucciso.



Il nome è la parola che un genitore mette indelebile sul figlio

e lo fa esistere non come "un uomo" ma come

"persona",

come identità: io sono "Giulio".

Da quel momento si affaccerà e presenterà sempre così alla vita.

È una seconda generazione: la prima è fisica, la seconda è vitale.

Dare il nome è un gesto d'amore intimo. È un gesto di creazione.



Tant'è vero che solo l'amore può cambiare il tuo nome,

solo l'amore plasma "nomignoli" che contengono una storia,

solo l'amore crea una nuova identità legata ad una storia di vita.



C'è quel verso amaro di Pierre Louys in Afrodite:

"Le donne non hanno più alcun nome nelle braccia degli

amanti".

O quella di Joe Namath:

"Fino a 13 anni pensavo che il mio nome fosse Zitto-tu".



Dio è più attento alla nostra felicità che alla nostra fedeltà.

A lui interessa la nostra realizzazione,

come Giovanni ha compiuto la sua vita come "Battista"

cioè come colui che ha saputo intuire la presenza di Dio.



Si racconta che quando fu consegnata al Papa Giulio II

la possente statua del Mosè di Michelangelo,

il Papa restò meravigliato e stupito della bellezza.

Lo stesso artista, finendola, le scagliò contro un martello

gridando "parla!", tanto sembrava perfetta.

Il Papa chiese a Michelangelo come avesse fatto

e il geniale artista rispose: “È stato semplice:

ho preso un blocco di marmo

e ho tolto via tutto ciò che non era Mosé”.



Oggi pensiamo al nostro nome, quindi al nostro essere.

Pensiamo a tutto ciò che non è "Mosé", che non è

"Giulio",

a tutto ciò che ci rende diversi dal capolavoro

che è il modo con cui Dio sogna ciascuno di noi.



Dio vuole liberarci da tutto ciò che non è noi stessi

e ridarci quella Libertà che è la pienezza della vita.

Dio vuole liberarci dalle zavorre che ci imprigionano.



Non sono le montagne a bloccare gli uomini che le scalano,

ma i sassolini nelle loro scarpe.



Il Vangelo oggi ci chiede di toglierci i sassolini dalle scarpe

per arrivare ad essere quel "Giovanni", quel "dono di

grazia",

quel "Mosè", cioè quell'opera d'arte che chiede di

essere liberata.

Riscopriamo la dignità del nostro nome di Battesimo.



C'è chi ci vede macigno e chi ci vede opera d'arte.

È la differenza tra lo sguardo opportunista e gli occhi dell'amore.

Chi ti usa ti imprigiona. Chi ti ama ti libera.

Chi ti usa vuole che tu sia come dice lui,

chi ti ama vuole che tu sia pienamente te stesso.

Dio ama così.

Impariamo anche noi ad amarci, ad amare e a farci amare così.

domenica 17 giugno 2012

Don Giulio: domenica 17 giugno 2012




Buona domenica

don Giulio



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VANGELO DI RIFERIMENTO



Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come

un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di

giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il

terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il

chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli

manda la falce, perché è arrivata la mietitura». Diceva: «A che cosa

possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo

descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato

sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno;

ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le

piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo

possono fare il nido alla sua ombra». Con molte parabole dello stesso

genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza

parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava

ogni cosa.





RIFLESSIONE



17 giugno 2012



PER FARE UN TAVOLO CI VUOLE UN FIORE

11ma domenica del tempo ordinario





Sergio Endrigo con un testo di Gianni Rodari cantava:

"Per fare un tavolo ci vuole il legno, per fare il legno ci vuole

l'albero,

per fare l'albero ci vuole il seme, per fare il seme ci vuole il

frutto,

per fare il frutto ci vuole un fiore, ci vuole un fiore,

per fare un tavolo ci vuole un fio-o-re".



Se questa strofa viene a memoria a tutti, pochi conoscono la frase che

la precede:

"Le cose di ogni giorno raccontano segreti a chi le sa guardare ed

ascoltare".



Ci è scontato affermare che per fare un tavolo ci vuole il legno

ed ammettere che per fare il legno ci vuole l’albero

e che per fare l’albero ci vuole il seme.

Fin da bambini sappiamo dalla scienza che per fare il seme ci vuole il

fiore.

Ma noi grandi non abbiamo più il coraggio di tirare la conclusione

che per fare un tavolo ci vuole un fiore. E lo lasciamo dire solo ai

poeti.



Facevo questa riflessione guardando un manifesto che ho visto in

Bergamo alta,

dove un negozio ha usato come provocante pubblicità un testo di Albert

Einstein.

Nessuna immagine, un semplice fondo bianco, con queste parole in nero:



"Non pretendiamo che le cose cambino se continuiamo a farle nello

stesso modo.

La crisi è la miglior cosa che possa accadere a persone e interi paesi

perché è proprio la crisi a portare il progresso.

La creatività nasce dall'ansia, come il giorno nasce dalla notte

oscura.

È nella crisi che nasce l'inventiva, le scoperte e le grandi

strategie.

Chi supera la crisi supera se stesso, senza essere superato.

Chi attribuisce le sue sconfitte e i suoi errori alla crisi,

violenta il proprio talento e rispetta più i problemi che le soluzioni.

La vera crisi è la crisi dell'incompetenza.

Lo sbaglio delle persone e dei paesi è la pigrizia nel trovare

soluzioni.

Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è routine, è una

lenta agonia.

Senza crisi non ci sono meriti.

È nella crisi che il meglio di ognuno di noi affiora

perché senza crisi qualsiasi vento è una carezza.

Parlare di crisi è creare movimento;

adagiarsi su di essa vuol dire esaltare il conformismo.

Invece di questo, lavoriamo duro.

L'unica crisi minacciosa è la tragedia di non voler lottare per

superarla”.



Einstein credeva davvero che "per fare un tavolo ci vuole un

fiore".



Ed è esattamente quello che Gesù ci suggerisce in questa pagina di

Vangelo

parlandoci di giardinaggio nelle "parabole della crescita".



Dio sa trasformare la spazzatura del nostro passato in concime

perché sbocci il fiore di un sogno futuro.



Il vero successo, in ogni caso e in tutti i campi, inizia con una serie

di fallimenti,

attraversa frustrazioni e deve accettare incomprensioni e preconcetti,

trova trappole.

Perciò richiede costanza, tenacia, coraggio delle proprie idee, fiducia

nei sogni,

e testarda persistenza nella tentazione di voler abbandonare.

Quando però il traguardo dell'obiettivo si fa vedere

all'orizzonte, c'è lo stupore

di vedere il frondoso albero, non solo con frutti ma ricco di vita per

i nidi.

Devi allora ricordarti che quell'albero era un insignificante

granellino.



Quante volte il fiore sbocciato di un minuscolo sogno,

proprio perché ci abbiamo creduto davvero, di notte e di giorno,

è diventato tavolo da cucina per la condivisione della quotidianità,

è diventato tavolo da lavoro su cui poggiare i nostri progetti e i

nostri risultati

è diventato tavolo da salotto attorno a cui accogliere le persone che

ami.

Così è nelle storie d'amore e di amicizia, così è nelle imprese di

lavoro,

così fa Dio con noi: prende un puntino di bene nel campo arido della

nostra realtà

(un nulla: il granello di senapa è grande come la capocchia di uno

spillo)

e lo lavora con premura per farlo fiorire e trasformarlo in tavolo,

anzi in altare.



Quello che Gesù ha detto con l'immagine dell'albero

Nietzsche lo diceva in termini più psicologici:

chi ha un “perché” abbastanza forte può superare qualsiasi “come”.



Le cose di ogni giorno raccontano segreti a chi le sa guardare ed

ascoltare.

E il segreto è questo: per fare un tavolo ci vuole un fiore.









domenica 10 giugno 2012

Don Giulio: domenica 10 giugno 2012




Buona domenica

don Giulio



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VANGELO DI RIFERIMENTO



Dal Vangelo secondo Marco

Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli

dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa

mangiare la Pasqua?».

Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e

vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove

entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia

stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”.

Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già

pronta; lì preparate la cena per noi». I discepoli andarono e, entrati

in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.

Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e

lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese

un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse

loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti.

In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino

al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio». Dopo aver cantato

l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.





RIFLESSIONE



10 giugno 2012



MANO NELLA MANO

Solennità del Corpus Domini



"Di persone indispensabili sono pieni i cimiteri".

Spesso mi ripeteva così, in modo saggiamente cinico un anziano Cardinale

di fronte al mio giovanile piglio di suggerire alcune presenze

"indispensabili".

Il Corpo di Cristo nell'Eucarestia, di cui oggi celebriamo la

festa, Corpus Domini,

ci insegna invece che siamo mendicanti di essenzialità per questo nel

fare

la comunione veniamo imboccati o facciamo il bellissimo gesto di

tendere le mani.



Una mano, quella sopra, dice che io non sono indispensabile, ma sono

mendicante

di senso, di vita, di serenità, di gioia, di amore, di tranquillità. Ho

fame. Ho bisogno.

L'altra mano, che sorregge, dice che comunque ho delle potenzialità

e ricchezze

per cui posso "dare una mano". Non ho tutto, ma qualcosa di

bello ce l'ho.

Accolgo il pane santo nella mano vuota del mendicante,

ma è la mano della libertà e delle qualità, che sta sotto, che prende

il Corpo di Cristo

e mi sazia perché quel pane diventi forza di vita.



Questi due sentimenti, umiltà e disponibilità, sono i 2 colori da dare

alle nostre mani

nel gesto che facciamo quando riceviamo il Corpo di Cristo nella

comunione.

Una mano sopra l'altra, perché il Corpo di Cristo lo si riceve. Non

lo si prende.

Non ci si serve. Non mi viene portato. Mi devo mettere in fila. Chiede

attesa.

Mi viene consegnato personalmente: è troppo prezioso.

Mani vuote: non c'è scambio. Non do nulla in cambio. Non potrei mai

"comprarlo".

Non ne sono degno, per questo posso anche farmi "imboccare".

Qualsiasi cosa faccia per la chiesa e il mondo, quel tozzo di pane non

me lo merito.



È comune usare il termine "adorazione del Santissimo".

“Adorare” deriva dal latino “ad os” e significa “mettere alla bocca”.

Da una parte è il sentimento con cui davanti a qualcosa di

straordinario,

pieno di stupore, meravigliato metti la mano alla bocca e non hai

parole.

Dall'altro è il sentimento della bellezza che dice: "ti

mangerei" (magari di baci).



È il senso del termine greco "Eucaristia" che significa

"rendere grazie".



Un dono da accogliere, un segno d'amore, anzi per Dio è un pegno

d'amore.

Quante persone invece si credono padri eterni più di Dio, vantando

meriti.

Non è una ricompensa che mi sono meritato o un premio acquistato con i

bollini.

Che squallore! Come se Dio ci vedesse come cagnolini a cui dare il

biscottino

se si scodinzola bene o si riporta la pallina.



Ma ci rendiamo conto di cosa ha detto Gesù nell'ultima cena donando

l'Eucaristia?

"Questo è il mio corpo, te lo dono, lo offro per te".

Donare il corpo è il gesto d'amore più grande: dona il corpo

l'amato all'amata,

dona il suo corpo la madre al feto perché possa formarsi e nascere.



Dio usa questa forte espressione d'amore di coppia per dire la sua

presenza con noi.

Se io devo pagare un corpo che mi si dona, questa è prostituzione.

Se voglio prendere un corpo solo perché "mi va o me la

sento", questo è abuso.

Solo se è donazione totale, profonda, intima, gratuita è un gesto sacro

di vita.



Qualcuno nelle due mani unite vi vede un cuore sia per la forma che

disegnano,

sia perché ricordano le due parti del cuore con i movimenti di sistole

e diastole:

così il corpo di Cristo che entra e che viene preso dentro di noi

(sistole)

chiede di diventare linfa che irrora ogni capillare della nostra vita

(diastole).



Comunque le due mani sono da tenere all'altezza del cuore,

come se avessero bisogno di appoggiarsi sulla parte densa della nostra

vita.



Questo richiede che le mani e la bocca che ricevono il Corpo di Cristo

siano pulite.

Pulite per ricevere l'Eucaristia, non solo in senso igienico ma di

densità di vita.

Se sono superficiale con parole o gesti, mani e bocca, come posso

accogliere Dio?

Per questo la saggezza degli antichi ha suggerito almeno un'ora di

digiuno:

il non toccare qualcosa mi suggerisce l'importanza del dono che sto

per ricevere.

A Dio non interessa quello che ho nello stomaco, ma quello che ho nel

cuore.



Mani e labbra pulite sono però soprattutto la conseguenza della

comunione.

Mani pulite che lavorano e accarezzano, che costruiscono e incontrano,

non mani che colpiscono, strappano, rovinano, imbrattano, sprecano.

Bocca pulita e libera in parole, dialoghi, sorrisi e baci. Magari ci

preoccupassimo

dello splendore del frutto delle nostre labbra tanto quanto del bianco

dei denti.



Quelle nostre due mani, poggiate sul cuore, diventano allora il simbolo

della vita

che prende la forma di uno scrigno che chiede la delicatezza come per

un gioiello,

prende la forma di culla che chiede la premura come per un germoglio di

vita,

prende la forma di una teca da altare che chiede adorazione come per il

Santissimo.



Delicatezza, premura, sacralità sono le fondamenta di ogni rapporto

d'amore.

La superficialità sbava, la distrazione corrode, la mediocrità corrode.

Capricci, egoismi, superbia, rivendicazioni sono l'anti-comunione.



Dimmi come mangi e ti dirò chi sei. Dicono i dietologi.

Dimmi come fai la comunione e ti dirò che cristiano sei. Possiamo dire

oggi.

Facciamo la comunione e quindi come conseguenza cerchiamo comunione tra

noi

o mangiamo Cristo a tradimento?



Basta poco, basta guardare le nostre mani e renderci conto che Dio si

appoggia a noi

e sapremo dare allora la giusta misura alla nostra vita, al nostro

cuore, al nostro fare.

Ci troveremo, stupiti e meravigliati, a metterci la mano alla bocca,

per "adorare"

e per vivere camminando nel quotidiano mano nella mano con Dio.

domenica 3 giugno 2012

Don Giulio: domenica 3 giugno 2012






Buona domenica

don Giulio



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VANGELO DI RIFERIMENTO



Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che

Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però

dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni

potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i

popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito

Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed

ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».





RIFLESSIONE



3 giugno 2012



NON UN MURO MA UN ORIZZONTE

Solennità della Trinità





Oggi è la festa di Dio! Questo può sembrarci strano:

se Dio esiste, infatti, ogni giorno è la festa di Dio!

Dedicare un giorno al mistero di Dio, alla Trinità,

è ricordarci innanzitutto che ogni giorno bisogna ridiventare credenti

perché il mistero di Dio non è un muro ma un orizzonte.



Per questo, ogni anno, ripercorriamo la storia di Gesù:

la nascita a Betlemme, la predicazione, la croce,

la risurrezione, il suo ritorno al Padre, il dono dello Spirito.

Domenica scorsa abbiamo concluso questo ciclo

e oggi ci chiediamo: chi ci sta dietro a tutto questo?



È facile rispondere: Dio! Ma come lo si può scoprire Dio?



Madre Teresa di Calcutta amava raccontare un fatto:

un giorno un mussulmano guardava una delle sue suore

che fasciava con amore le piaghe di un lebbroso.

La suora non parlava, ma agiva raccolta e sorridente.

Quell’uomo islamico disse a Madre Teresa:

“Per tutti questi anni ho creduto che Gesù fosse solo un profeta

ma oggi capisco che è veramente Dio,

perché solo un Dio poteva mettere tanto amore nelle mani di questa

suora”!



Un’immagine forse ci può aiutare a metterci di fronte

al mistero dell’unità e della trinità di Dio: l’acqua!



L’acqua ci aiuta a pensare all’unità di Dio:

secondo la scienza tutto l’universo e anche il nostro corpo

è formato per almeno il 70% da acqua.



Così come siamo fatti di acqua, siamo “imbevuti” di Dio,

anche se non ce ne accorgiamo, né la vediamo.



È significativo il gesto per cui nel giorno del nostro Battesimo,

per diventare “figli di Dio” siamo stati immersi nell’acqua

nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.



Dire che “Dio è unità e trinità” è dire che Dio non può,

non riesce, non sopporta di stare solo, di stare isolato,

non riesce a stare sulle nuvole, ma ci coinvolge,

fa “piovere” il suo amore su di noi.



L’acqua ci può aiutare a riflettere sul mistero della Trinità,

se pensiamo a tre sue qualità, a tre sue funzioni:

l’acqua irriga, disseta, scava.



L’acqua IRRIGA, fa crescere, fa fiorire,

così il PADRE, ogni giorno, con noi lavora silenziosamente con amore

per far fiorire la nostra vita, rispettando le nostre stagioni.

È diversa la pioggia dell’inverno dai temporali dell’estate,

ma come la natura usa modi diversi per aiutare a crescere,

così fa Dio con la nostra vita, con premurosa delicatezza o con tuoni

che scuotono.



L’acqua DISSETA, così il FIGLIO con la sua Parola, con la sua verità,

disseta la nostra sete interiore di senso.

Come davanti ad una fonte,

la nostra sete non riuscirà a spegnere, ad esaurire la sorgente,

ma sempre la sorgente spegnerà la nostra sete.

Questo bere alla sorgente è la nostra spiritualità:

a volte ci basta un piccolo sorso, altre volte per la sete bruciante

necessitiamo di litri,

ma la fonte è sempre lì, disponibile ai nostri bisogni.



L’acqua SCAVA, gli antichi dicevano “gutta cavat lapidem”.

Diceva Ovidio: "Non c'è niente di più duro della pietra e di

più molle dell'acqua,

ma la molle acqua scava la dura pietra".

Una goccia può scavare anche il marmo, un ruscello scava una valle,

così lo SPIRITO agisce nella nostra vita in silenzio,

ma scavando a fondo nelle nostre più dure resistenze.



Lasciamoci immergere in quest’acqua nella quale siamo stati immersi nel

Battesimo,

quell’acqua che ci ha imbevuto di Dio Trinità,

lasciamo che Dio, il Padre, irrighi la nostra vita,

lasciamo che Dio, il Figlio, disseti il nostro cuore,

lasciamo che Dio, lo Spirito, scavi le nostre durezze.



Non facciamo come quei bambini che sulla spiaggia

preoccupati di cercare conchiglie o di costruire castelli

non si accorgono di avere davanti il mare.

domenica 27 maggio 2012

Don Giulio: domenica 27 maggio 2012


Buona domenica e buona festa di Pentecoste

don Giulio



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VANGELO DI RIFERIMENTO



Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando verrà il

Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che

procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date

testimonianza, perché siete con me fin dal principio. Molte cose ho

ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il

peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la

verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà

udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché

prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il

Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è

mio e ve lo annuncerà».





RIFLESSIONE



27 maggio 2012



SIAMO ADULTI O VECCHI?

Solennità di Pentecoste





Friedrich Nietzsche, in "Al di là del bene e del male", dice:

"Maturità dell'uomo:

significa aver ritrovato la serietà che da fanciulli si metteva nei

giochi".



Penso che questo sia uno squarcio interessante per capire la Pentecoste,

l'immenso dono dello Spirito Santo dopo 50 giorni (pente-coste)

dalla Pasqua.



Un bambino può insegnare sempre tre cose ad un adulto:

a essere contento senza motivo,

a occupare tempo e mente con poco ed essere soddisfatto

e a pretendere con ogni sua forza quello che desidera.



In questa festa della terza persona della Trinità, lo Spirito Santo (la

più dimenticata)

ci viene riconsegnato un impegno serio.

Il Padre, il Creatore, ci dona ogni giorno la natura e la vita. È la

sorgente.

Il Figlio, il Crocifisso Risorto, ci dona la speranza della forza

dell'amore. Il traguardo.

Lo Spirito Santo è energia di vita: è lo stile di un cammino che esige

qualità.



C’è un momento nella vita della Chiesa in cui i bambini vengono messi

nel mezzo

e diventano grandi: è la cresima. I cresimandi sono letteralmente

“adolescenti”.

In latino “adultus” è participio passato del verbo “adolescere”:

vuol dire quindi “cresciuto”, mentre adolescente è "colui che sta

crescendo”.



In questa solennità ripensiamo allora a quella "nostra"

Pentecoste che è la Cresima.

Un gesto da ragazzi che ha una responsabilità da adulti.

Come ogni sacramento che si celebra una sola volta (battesimo, ordine,

matrimonio)

ha la dimensione del "per sempre".



La “cresima” è la “confermazione” del battesimo. Due termini densi di

significati.



È innanzitutto un rito di passaggio: si conferma in modo personale e

autonomo

la scelta fatta dai genitori nel battesimo (da qui il nome

"confermazione").

Nel “rispondere” si accetta una “responsabilità”. Si diventa “adulti

nella fede”.



È il “passaggio” da fruitori ad attori nella comunità.

Per chi vive un cammino di fede personale e solitario deriva da qui una

domanda

oggi rilanciata in modo speciale: come posso essere attore nella mia

comunità?

C'è qualcosa che posso fare per gli altri? Anche solo ogni tanto.

Ma la stessa domanda arriva anche a chi già nella comunità ha degli

impegni

e oggi deve chiedersi: sono collaboratore o complicatore?



Il secondo termine, “cresima”, ci rimanda invece al modo della

celebrazione:

il Vescovo fa un segno della croce sulla fronte con il “crisma”,

che è olio misto col balsamo (non quello dello shampoo ma una densa

essenza),

"olio santo", benedetto solennemente dal Vescovo ogni giovedì

santo.

Come ogni simbolo ci ricorda alcune caratteristiche della nostra fede.



Si usa l’olio innanzitutto perché l’olio è qualcosa che penetra a

fondo,

senza far rumore, proprio come lo Spirito Santo, l’efficacia silenziosa

di Dio.



L’olio nell’antichità veniva poi usato dagli atleti nelle lotte per

tonificare i muscoli

e rendersi scivolosi all’avversario. Così è l’opera dello Spirito

Santo:

aiuta ad affrontare la vita e rende scivolosi alle sfide quotidiane del

male.



Ma è olio misto al balsamo, una rara essenza di profumo.

Nell’antichità era una fragranza posseduta solo dal re, tanto era

preziosa,

così chi aveva quel profumo era subito riconosciuto come principe,

“figlio del re”.

Si legge nella Bibbia, in Isaia: “Dio scrive il nostro nome sul palmo

della sua mano”.

Come un innamorato si fa un tatuaggio che ricorda per sempre l’amata,

così Dio ha scelto il palmo della sua mano per mettere il nostro nome,

così che non ci sia mai alcun suo gesto, nemmeno il più insignificante,

nel quale non pensi con amore a ciascuno di noi.

Gli antichi chiamavano lo Spirito Santo il "dito della mano di

Dio",

così Dio ci dice: “Anche se tu non ti ricordi di me o non credi in me

non preoccuparti, io non smetterò mai di credere in te e di scommettere

su di te!”.



Il balsamo viene da una resina che ha anche un’altra qualità: quella di

conservare. Tanto potente da conservare persino dalla corruzione della

morte,

come avevano scoperto nell’antico Egitto e il Faraone si faceva

“imbalsamare”.

Pensiamo anche alle donne che il mattino di Pasqua vanno al sepolcro

“con olio profumato”, dice il Vangelo, per cercare di conservare il

corpo di Gesù.

Lo Spirito Santo è il balsamo che “conserva” la bellezza della vita,

ogni suo attimo denso e importante.

Anche se le complesse vicende delle nostre storie ci fanno dimenticare

tante cose,

Dio ricorda, anzi “imbalsama” ogni nostro gesto d’amore vero, anche il

più piccolo.

Dio non conserva le nostre fragilità, ma le nostre densità.



Bellissimo rileggere in questo senso il nome che Gesù usa per indicare

lo Spirito:

"il Paraclito" che significa "il difensore".

Dio non difende solo "dal" male, fa molto di più: difende e

custodisce "il" bene.



Lo Spirito Santo non è un bodyguard, ma un banchiere che investe sul

mio capitale,

su quel capitale che è la mia vita, le mie storie, le mie qualità, i

miei gesti d'amore.



Lo Spirito Santo, che il Vangelo raffigura come fuoco che scalda e

infiamma,

ci ricorda oggi la responsabilità di essere "adulti", cioè

"cresciuti".

Lo Spirito Santo è una sfida perché ogni giorno ci chiede: quanto sei

cresciuto?

Chiediamoci: la mia fede è adulta? il mio amore è adulto? la mia etica

è adulta?

la mia cultura è cresciuta? la mia comprensione di persone e cose è

cresciuta?

quanto? quando? come?

Sei caldo, infiammato o freddo? o peggio, sei tiepido?



Paragoniamoci ai bambini che sanno essere contenti senza motivo,

sanno occupare il tempo con poco e divertirsi,

sanno pretendere con ogni forza quello che desiderano.

"Non siamo più bambini", forse però nel senso peggiore.

Magari fossimo almeno così.



Einstein diceva: "Un uomo è vecchio quando in lui i rimpianti

superano i sogni".

E non conta l'età anagrafica: ci sono ragazzini vecchi e anziani

giovani.



Lo Spirito Santo che scuote le mura del cenacolo, oggi scuote noi per

dirci che

chi sa sognare ad occhi aperti può tutto. Questo è il segreto della

maturità.



Siamo adulti o vecchi?

Dio ci ha fatto uomini e ci vuole "adulti". Non vecchi.

Chiediamoci: subiamo l'invecchiamento o ricerchiamo maturità?

Maturità significa ritrovare la serietà che da fanciulli si metteva nei

giochi.

Lo Spirito Santo è il giocarsi di Dio per la qualità della nostra vita.

È una cosa seria.

Lo Spirito Santo è il sogno ad occhi aperti di Dio su di noi, per

questo può tutto.

giovedì 24 maggio 2012

Giovedì 24 maggio 2012 Solennità di San Domenico: mia Professione Solenne

Chiesa dei SS. Bartolomeo e Stefano


Frati Domenicani

Largo Belotti, 1 – Bergamo





Giovedì 24 maggio 2012

Solennità di San Domenico







Ore 18 Vespri Solenni



Ore 18:30 la Santa Messa presieduta da fra Francesco Poloni OP

Direttore del prenoviziato



All’interno della celebrazione eucaristica anche il rito

della mia professione solenne di laica domenicana

dove per l’Ordine prenderò il nome di Sr. Raffaella Maria Caterina OP





Se ci potrai essere sarò lieta di poter condividere anche con te questo mio nuovo punto di partenza! Sì, un nuovo punto da cui ripartire con slancio, con forza, per le Sue strade,

nella certezza che Lui è sempre con me.

E’ vero, sono certa che è così!

Sono certa della Sua presenza con me sempre:

Lui non mi ha mai evitato le difficoltà, ma mi ha ricolmata della Sua presenza:

mai mi sono sentita abbandonata, mai sono rimasta sola!

Lui ha condiviso le mie gioie, così come la Sua presenza mi è stata forza e sostegno nei momenti dell’angustia, del dolore e so sarà così sempre, sino al mio ultimo respiro!





La mia professione solenne nel giorno della Solennità di San Domenico e senza

che nulla fosse stato programmato: tutto come da Suo progetto.

Debbo aggiungere altro? No.

Devo solo e sempre fidarmi, affidarmi a Lui in tutto e per tutto.



Anche di questo Gli rendo grazie, anche per questo prego per te e a te chiedo di ricordare anche me,

confidando sempre nell’amore materno di Maria Santissima.





Riconoscente a Lui per Suo grande Amore, per il bene che mi dona di poter fare, imploro per te le Sue grazie più belle.

Sia sempre forte la nostra fede, legati a Lui e tra di noi dalla preghiera, nostro forte baluardo!



Un abbraccio forte di amore e di riconoscenza a Lui, a te, con tutto il mio bene,





Marcella

(Sr. Raffaella Maria Caterina OP)





Seguirà un momento di fraternità nel chiostro del convento

domenica 20 maggio 2012

Don Giulio: domenica 20 maggio 2012


Buona domenica

don Giulio



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VANGELO DI RIFERIMENTO



Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in

tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e

sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato.

Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio

nome scacceranno demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano

serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno;

imporranno le mani ai malati e questi guariranno». Il Signore Gesù,

dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra

di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il

Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che

la accompagnavano.





RIFLESSIONE



20 maggio 2012

DIO STA IN CIELO

Solennità dell’ascensione di Gesù al cielo





Oggi con la Chiesa ricordiamo il mistero di Gesù asceso al cielo.

Se Dio sta nei cieli ci possono essere motivi diversi per fare festa.



Se Dio sta in cielo, oggi è in festa chi pensa che Dio non esiste,

perché le scoperte scientifiche ci hanno aperto le porte del sistema

solare.

L'astronauta Juri Gagarin nel suo viaggio nello spazio – il primo

della storia –

affermò: "Non vedo alcun Dio quassù".



Se Dio sta in cielo, oggi è in festa chi pensa che si può fare a meno

di Dio.

Lui sta là, in alto, sulle nuvole e noi stiamo qui sulla terra a

faticare

o comunque ci facciamo comodamente i fatti nostri molto volentieri.

Senza di lui. Tanto Dio è distante, non risponde mai e forse nemmeno

ascolta.



Se Dio sta in cielo, oggi, per chi crede nel Dio di Gesù Cristo,

è la festa della vicinanza di Dio.

E dobbiamo ringraziare chi la pensa in modo diverso perché la scienza

non è contro la fede, ma ci può aiutare a capire alcune qualità

essenziali di Dio,

togliendo tanti fronzoli e recuperando il nucleo del mistero.



Se Gesù sale “in cielo”, allora chiediamoci realmente: dove è il cielo?

Proviamo a pensare a come si può disegnare il cielo.



Un bambino disegna il cielo come una striscia blu, in alto al foglio,

chiuso, staccato, lontano. Un cielo irraggiungibile, troppo in alto.



Un ragazzo riempie di azzurro tutto il foglio.

La terra è una striscia verde in basso e il resto è cielo.

Il cielo copre ogni spazio, è la realtà più vasta, avvolge tutto.

Per l'adolescente il cielo è lo spazio del volo libero di fantasie,

sogni e sentimenti.



Un adulto nei suoi disegni non mette più il cielo.

Forse perché noi "grandi" siamo troppo abituati a tenere i

piedi per terra

o forse perché sappiamo che il cielo è ovunque

e le nuvole grigie della vita hanno macchiato e scolorito quella bella

poesia blu.

Il cielo è per noi uno spazio ovvio,mal massimo da misurare o in cui

viaggiare.



Esattamente come per Dio: può essere tutto staccato o tutto avvolgente,

oppure talmente ovvio da non essere più nei nostri calcoli e nei nostri

pensieri.



Proviamo a chiederci: dove è per me il cielo?

Come disegno il cielo nella mia vita?

Quindi, che tipo di Dio ho nella mia vita?



La scienza ci dice che l’azzurro del cielo in realtà non esiste, perché

non è altro che un effetto ottico dell’aria che respiriamo, cioè

dell'atmosfera.

Ma proprio questo ci suggerisce una meravigliosa qualità di Dio

quella cioè di essere come l’aria.

L'aria non fa rumore, non si fa notare, ma c’è sempre attorno a noi,

a nostro servizio, senza doverle chiedere per favore o dirle grazie.

Dio, come l'aria, ci avvolge, ci precede nel nostro alzarci al

mattino

e va a letto dopo di noi la sera, anzi ci sta accanto nella notte buia.



Non c’è angolo, anche il più buio, sporco, segreto, nascosto della terra

in cui l’ossigeno non sia lì prima di noi e per noi.

Anche nella nostra vita non c’è angolo buio, sporco, segreto, nascosto

in cui Dio non sia già arrivato e sia già lì per noi.



Non per niente ti accorgi dell'importanza dell'ossigeno solo

quando ti manca il fiato.

Quante volte anche con Dio è così: non ci pensiamo mai, come

all'ossigeno,

ma ce ne rendiamo conto solo quando ci manca il fiato per chiederci

"ma dove è?".



Disse Bob Marley: "Se esprimi un desiderio è perché vedi cadere

una stella,

se vedi cadere una stella e perché stai guardando il cielo

e se guardi il cielo è perché credi ancora in qualcosa".



La festa di Gesù che sale in cielo ci vuole spingere a guardare

"in su".

Divertiamoci, come bambini, a giocare di fantasia contemplando le

nuvole.

La scienza invece ci dice che le nuvole sono solo l'effetto del

ciclo dell’acqua.

Ma anche questa è una meravigliosa qualità di Dio e un suo messaggio

stupendo:

le bianche e spumose abitanti del cielo che disegnano cavalli e

personaggi

sono l’acqua delle pozzanghere sporche che l'evaporazione ha fatto

risalire.

Ci avevamo mai pensato? Poi, in questo ciclo, questa "magia"

torna a noi,

come pioggia che dona acqua nuova e viva pronta a irrigare e far

rinascere la natura.



Dio fa proprio così nella nostra vita. Porta in cielo l’acqua sporca

delle pozzanghere fangose della nostra vita e del nostro cuore e ce la

ridona nella vita

come energia vitale di pioggia che irriga il nostro vissuto arido o

rinsecchito.



Dio, inoltre, come il cielo ci accompagna nelle cose più normali della

quotidianità

dandoci ogni giorno uno spazio per far volare i nostri sogni sul futuro.

Come il cielo, però, fa tutto questo senza farsi notare. Sta solo a noi

alzare lo sguardo.



Seguendo questo stile, Dio mantiene la promessa che è nel cuore del

Vangelo di oggi:

"Ci saranno segni che accompagneranno quelli che credono nella mia

presenza:

nel mio nome scacceranno demoni, parleranno lingue nuove,

prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà

loro danno;

imporranno le mani ai malati e questi guariranno".

Siamo sinceri con noi e con lui: ma quando mai? ma chi? ma dove? Ma

dai!!



Siamo proprio sicuri? Proviamo a guardare alle coincidenze la vita ci

offre:

le coincidenze sono una trovata geniale di Dio per rimanere anonimo.

Potremmo specificare: per rimanere staccato, silenzioso ma avvolgente

come il cielo.



Quante volte per coincidenza abbiamo evitato il male ("scacceranno

demoni"),

quante volte per coincidenza ci è giunta quella parola giusta che ci ha

dato

carica, energia, forza, serenità ("parleranno lingue nuove"),

quante volte per una coincidenza situazioni che sembravano negative

si sono trasformate in una occasione nuova e abbiamo reagito

("prenderanno in mano serpenti e il veleno non recherà loro

danno"),

quante volte per coincidenza è arrivata la persona giusta al momento

giusto,

l'abbraccio che ci voleva, la mano tesa di cui avevamo proprio

bisogno

("imporranno le mani ai malati e questi guariranno").



Curioso: se rileggiamo la nostra avventura cercando i segni promessi da

Gesù

non ne vediamo nemmeno uno in giro e tanto meno dentro la nostra vita,

se invece guardiamo alle coincidenze scopriamo di averne vissute tante

senza aver dato loro valore e senza magari averne gustato

l'importanza.

È così: le coincidenze sono una trovata geniale di Dio per rimanere

anonimo.



Come il cielo, dove lui sta, proprio perché come il cielo,

silenziosamente

Dio ci avvolge, ci disseta, ci fa volare, ci fa sognare.



"Se esprimi un desiderio è perché vedi cadere una stella,

se vedi cadere una stella e perché stai guardando il cielo

e se guardi il cielo è perché credi ancora in qualcosa".



Che il Cielo ci aiuti a stare attenti alle coincidenze della vita:

sono una trovata geniale di Dio per rimanere anonimo.

Dio è in cielo, perciò ci è proprio vicino, ma a modo suo. Basta alzare

lo sguardo.

domenica 13 maggio 2012

Don Giulio: domenica 13 maggio 2012




Buona domenica

don Giulio



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LETTURE DI RIFERIMENTO



Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo

Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio:

chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio.

Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore.



Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato

me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i

miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i

comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste

cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.

Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io

ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua

vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi

comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa

il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito

dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma

io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e

il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre

nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni

gli altri».



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RIFLESSIONE





13 maggio 2012



QUANTO VALE UN "TI VOGLIO BENE"

6a domenica di Pasqua



Molte persone ti cammino “a fianco”,

ma solo chi ti vuole bene davvero ti cammina “dentro”. E in punta di

piedi.



Abbiamo vicino tante persone e abbiamo così spesso l'impressione di

urtarci

perché siamo "appiccicati" e non "uniti".

Il rischio, infatti, è incontrarsi senza conoscersi,

stare insieme senza stimarsi, stare a distanza senza venirsi in mente.

Eppure il nostro desiderio più grande resta sempre quello di amare ed

essere amati.



Oggi Dio ci dice: "Guardati intorno, non è vero che uno più uno fa

sempre due.

Una goccia più una goccia fa una goccia più grande".



Se applicassimo all'amore le regole matematiche,

non funziona il "più" perché 1+1=2 e quindi non ci si fonde

(come le gocce),

non funziona il "meno" perché 1-1=0 e quindi ci si annulla.

Funziona solo il "per" perché 1x1=1 e quindi la condivisione

e l'essere per ha come attuazione la "divisione" 1:1=1.



È quanto l'apostolo Giovanni ci dice con coraggio nella sua prima

lettera:

amare è un modo per conoscere Dio. Proprio come un catechismo.

Amare è un gesto non solo etico, ma teologico.

In un attimo d'amore non solo diventi una cosa sola e ti fondi come

gocce

con chi ami, ma anche con Dio.



Nel suo Vangelo Giovanni aveva riportato quelle forti parole di Gesù:

"Sapranno che siete miei testimoni da come vi amerete tra di

voi".

Il segno di riconoscimento non sta in croci, medaglie, riti, santini e

madonne,

ma nello stile del volersi bene.



E nel brano che abbiamo ascoltato oggi si spinge ancora più in là:

"non vi chiamo più servi, ma amici". Il servo obbedisce,

l'amico condivide.

Il servo sa quello che vuole il suo padrone,

l'amico sa quello che pensa, che sente, che prova

nella salute e nella malattia, nella buona e nella cattiva sorte.



È l'unica religione in cui Dio si rivolge all'uomo chiamandolo

"amico",

in genere l'uomo è il fedele, il suddito, l'obbediente, il

discepolo, l'adepto/scolaro.



Il Dio di Gesù Cristo ci dice che l’amore è la dimensione più importante

sia della vita dell’uomo che della vita di Dio.

Infatti, nella Bibbia la definizione più completa e più bella di Dio è:

“Dio è Amore!”.

Amore dice ciò che Dio “è” e ciò che Dio “fa”.

Dio non sa fare altro mestiere che amare.

Per questo nella vita ogni istante d'amore invoca eternità.



Come non ricordare la gigantesca espressione di San Giovanni della

Croce:

“Alla fine della nostra vita saremo giudicati sull’amore!”.

Dovremmo anche aggiungere: saremo giudicati dall’Amore.



Non è un amore astratto, platonico, irenico, dolciastro. Ma è concreto:

"non c'è amore più grande di questo, dare la vita per i propri

amici".

Dare la vita, cioè metterci vita, colorare di vita, assaporare la vita,

giocare attimi di vita, offrire istanti di vita, aprire sorrisi di vita.

Quindi, non c’è nulla che valga e brilli come un vero “ti voglio bene!”.



È quanto mai facile finire un SMS con un T.V.B.

Quanto invece è più impegnativo guardare negli occhi una persona

e sussurrarle "ti voglio bene".

Il primo è una cordialità affettuosa, il secondo è un impegno concreto,

anzi una scelta di responsabilità perché è dire:

“Voglio il tuo bene! Voglio volere il tuo bene!”. È una cosa seria.

Anzi sacra.

Permettetemi di dire, tanto quanto una preghiera, perché Dio è amore.



Prendere gli amici come sono è troppo poco,

e prima o poi a questo ci si arriva per forza.

“Volere” gli amici per quello che sono: ecco il vero amore.

Ti ama davvero solo chi sa tutto di te e nonostante questo gli piaci.



L’essere presente nel cuore di qualcuno,

l’essere prezioso nella memoria di qualcuno,

l’essere importante nel futuro di qualcuno,

l’essere apprezzato per quello che si è e non per quello che si appare

o si produce,

l’essere stimato nonostante quello che si è

questo e solo questo è il segreto di una vita realizzata, di una gioia

piena.



È così difficile trovare amici veri, che amino non a parole, ma con le

carezze dei fatti.



Dio ci chiede oggi di essere responsabili dei nostri "ti voglio

bene".

Di coglierne la densità. Di capirne la sacralità.



Facciamo innanzitutto un serio esame di coscienza.

Quante volte regaliamo un prezioso "ti voglio bene"? Siamo

avari o generosi?

Quante volte avremmo dovuto dire "ti voglio bene" e siamo

stati zitti?

Quante volte l'abbiamo detto superficialmente ma i fatti non

l'hanno dimostrato?



Tante volte, forse troppe, non rendendoci conto forse,

abbiamo deluso una persona, abbiamo fatto piangere il suo cuore

e tutto questo per tre semplice parole, dette tanto per dire

senza riflettere all’importanza che esse possono avere per chi le sente.



In positivo, Dio ci insegna a dire più spesso dei "ti voglio

bene"

veri, sinceri, profondi, riconoscenti, emozionati.



Dio è Qualcuno che ti ama gratis, così come sei, e che non ti chiede di

cambiare,

ma ti ama e basta, con tutte le tue debolezze, le tue fragilità, le tue

macchie e puzze.



L’amore, quando lo trovi, quando lo senti, quando lo vivi,

ti insegna subito che la felicità non è quella delle grandi cose.

La felicità non è quella delle emozioni forti che fanno il botto.

La felicità, come l’amore, è fatta di cose piccole ma preziose.

La felicità, come l’amore, è fatta di presenze in punta di piedi.



La felicità, come l’amore, però è talmente potente

che dilata il tempo tanto che 5 minuti possono essere più lunghi di

tante ore,

e dilata lo spazio per annullare le distanze e portarti da chi ami.



Ebbene, Dio la pensa allo stesso modo. Anzi di più, Dio fa allo stesso

modo!

Ci dice: "Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e

sia piena".

"Piena": non a pezzetti, non a rate, non a lotteria. Scusate

ma non è poco.



Amore è il nome proprio di Dio. L'Amore è il DNA di Dio.

L’Amore è l’essenza di Dio, L'Amore è la logica di Dio, l’Amore è

lo stile di Dio.

Dovremmo ricordarci più spesso che siamo "a sua immagine e

somiglianza".

Quindi, ogni attimo, pensiero, gesto d'amore è qualcosa di

religioso, è sacro.

Per questo in ogni "ti voglio bene" è implicato ciò che di

più profondo siamo.



Questo è il segreto della felicità. Questo è il motivo della noia

esistenziale.

Questo è l'elemento che fa la differenza tra una vita arida e una

vita piena di frutti.

Sta a noi decidere come usare quel tesoro sacro che sono i "ti

voglio bene".