domenica 29 aprile 2012

O.P. omelie domenicane 29aprile 2012

4ª dom. di Pasqua, B, ’12 – domenica del buon pastore


Giornata delle vocazioni, memoria di s. Caterina da Siena



Ho altre pecore che non provengono da questo ovile, anche quelle devo guidare, dice il Signore. Gesù il buon pastore vuole guidare tutti, anche i non cristiani, per questo motivo chiede anche ai suoi amici, a noi che vogliamo esserlo, di farci carico delle sue preoccupazioni, di camminare a fianco delle pecore, in suo nome. Dove sia il segreto di questo suo e nostro prenderci cura degli altri ce lo dirà lui stesso. Gli domandiamo intanto di accoglierci con benevolenza e misericordia, e di perdonare le nostre pigrizie nel rispondere al suo amore.

Molti i motivi di riflessione nella giornata di oggi: figura del buon pastore, giornata delle vocazioni, memoria di santa Caterina da Siena patrona d’Italia e d’Europa, nonché dottore della Chiesa.

Questa quarta domenica di pasqua Paolo VI dal 1964 ha voluto dedicarla alle vocazioni, cioè alla chiamata di ciascuno da parte di Gesù e alla risposta che ognuno deve dare al maestro che lo chiama. Il tema che papa Benedetto XVI ha voluto dare a questa giornata è che rispondere all’amore si può. Quando qualcuno ci ama, è possibile rispondere al suo amore, con slancio e gratitudine: sentirsi amati, sentire la tenerezza di qualcuno verso di noi, ci rende capaci di tante cose, di amare anche noi. Così si spiega perché tanti siano capaci di rimanere fedeli al proprio matrimonio, e altri di seguire Gesù nel prodigarsi verso altri, senza per questo sentirsi eroi. Alle volte però ci prendiamo cura di altri di malavoglia, perché costretti, ribellandoci al fatto di dover rinunciare a qualcosa, o molto, di noi stessi, del nostro tempo, della nostra libertà, delle cose che ci piacciono. Amare si può, ma non sempre si è capaci di farlo.

L’immagine del pastore che viene chiamato buono, è quello di chi è disposto a dare la vita per salvare le sue pecore: quello è un buon pastore, a detta di Gesù. Così è stato per lui, per cui a ragione egli può dire: io sono il buon pastore. Siamo convinti anche noi che il segno di un amore grande sia la disponibilità a sacrificare anche la propria vita per un altro. Al posto delle pecore mettete i vostri figli, i vostri nipoti, gli amici, le persone care, ma anche persone sconosciute che vedendole in pericolo ci slanceremmo per salvarle. Chi non soccorrerebbe un bimbo in pericolo, anche se non suo? Il dare la vita per un altro, è il segno di un amore grande che c’è anche dentro di noi. È che Gesù ha dato la vita sua per noi mentre gli eravamo ancora nemici, prima ancora che noi lo conoscessimo.

Pietro aveva guarito un povero storpio nel nome di Gesù. Lo storpio è simbolo dell’umanità prostrata e paralizzata, che Gesù vuole sollevare e rimettere in piedi. Nel nome di Gesù possiamo fare qualcosa. Gesù non fa differenza nemmeno di religione. Quando ha guarito i dieci lebbrosi almeno uno era samaritano. I miracoli Gesù non li ha fatti solo per gli ebrei e per le persone per bene. Vengono a mente le sue parole: ho altre pecore che non appartengono a questo ovile e devo guidare anche loro. Ho letto di un miracolo di guarigione avvenuto anni fa in un lebbrosario in terra d’Africa, ad opera nemmeno di cattolici ma di pentecostali (protestanti): dietro la preghiera della comunità furono guarite trenta persone, molte delle quali non cristiane, anche se c’erano altri cristiani in quel lebbrosario. Ci chiediamo poi perché trenta, e non anche gli altri. Ma questi sono i segni di Dio per dire: ci sono. Abbiate fede.

Abbiamo l’esempio anche di santa Caterina, che ricordiamo oggi, la quale ha dato letteralmente la sua vita per Cristo e il suo regno, anche se non è morta martire. Era una laica domenicana, non una suora o una monaca. Possiamo distinguere tre periodi nella vita di Caterina. Il primo comprende la prima parte della sua vita, fino a vent’anni, caratterizzato da lavori casalinghi e una intensa e continua preghiera con Gesù, che considerava il suo sposo. Il Signore la favorì di grandi esperienze mistiche. Poi il Signore la fece uscire di casa e la lanciò in mezzo alla gente, per operare quanto aveva imparato dal suo Signore. Furono dieci anni intensissimi, di opere di misericordia per poveri, ammalati, carcerati, condannati a morte, di pacificatrice tra le città, di ambascerie presso il papa; a Firenze mise a repentaglio la sua stessa vita, e si salvò per miracolo. Fu instancabile, sino alla fine della sua vita. Morì a 33 anni, consumata. Gli ultimi due anni, terzo periodo, sono stati i più intensi, quando si consumò letteralmente a Roma, per impedire e far rientrare il grande scisma che scoppiò all’interno della chiesa cattolica, e che durò poi per una quarantina d’anni, con la divisione della cristianità in due o tre gruppi, ognuno parteggiante per un papa o l’altro. Anche i santi erano incerti: chi parteggiava per uno chi per un altro papa.

C’è un verbo, riferito al pastore buono, che lo caratterizza: conoscere, che nel linguaggio biblico è il verbo dell’amore. Il conoscersi a fondo è possibile solo nell’amore, nel vivere in sintonia con la disponibilità a farsi carico dell’altro, come si dice nel matrimonio: io accetto te nella mia vita, come mia sposa, come mio sposo; potremmo aggiungere: come mio figlio, come mio nipote, come mio nonno/a, mio zio/a, come mio fratello. E questo, esteso a tutti: ho altre pecore che non provengono da questo ovile, che non sono (ancora) mie, o non si riconoscono tali, ma che devo guidare; l’amore mi spinge a prendermi cura e dare la vita anche per loro. I nostri impegni quotidiani, necessari, non ci facciano dimenticare il nostro essere dei buoni pastori. Prendiamoci cura anche dei mussulmani che sono tra noi, come fa Gesù, che ugualmente tutti vuole guidare.



Don Giulio, domenica 29 aprile 2012


Buona domenica
don Giulio

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VANGELO DI RIFERIMENTO

Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà
la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al
quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le
pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un
mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore,
conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre
conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho
altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io
devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge,
un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita,
per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me
stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo.
Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».


RIFLESSIONE

29 aprile 2012

AMARE O CALCOLARE: QUESTO È IL PROBLEMA
4a domenica di Pasqua


La vera devastante solitudine non è di chi è solo con se stesso,
ma di chi è in due e spera di poter essere da solo.

È questa la verità della Parola di Dio di oggi:
non c’è oroscopo, astro parlante o palla di cristallo,
non c’è talismano o formula o cartomante
che ci possa donare dei tempi migliori.

La parola di Dio ci dice che non serve a nulla rimpiangere tempi
migliori,
ma dobbiamo impegnarci noi, qui e adesso, a migliorare la qualità del
tempo.
Non è il tempo che è negativo, ma siamo noi che lo usiamo male.

Gesù ci consegna per questo l'immagine del pastore.
Proviamo allora a guardare un gregge.

Uno studio interessante ha evidenziato che osservando con attenzione
il recinto di un gregge stanziale si possono distinguere nettamente
due tipologie di pecore: alcune grasse e altre molto magre.
Fa eccezione il caso medio.

Alcune pecore stanno l’intera giornata appoggiate alla staccionata
a guardare al di là dell’ovile e sono quelle più magre, smunte,
deperite.
Altre pascolano tranquille dentro l’ovile e sono quelle grasse e
paciose.

Le prime sono magre perché desiderano e cercano di mangiare l’erba
al di fuori del recinto e non ci arrivano.
Le grasse, invece, sono quelle che hanno girato la testa
e si sono dette: “guarda! c’è l’erba anche qui!
ma io ho già l’erba da gustare, perché devo desiderare quella fuori?!”.

Una seconda riflessione invece nasce dall’osservare un gregge in
movimento:
si stringe compatto per scoraggiare l’aggressore.

In realtà ciò che muove e stringe il gruppo è l’egoismo dei singoli:
ogni pecora cerca rifugio il più possibile all’interno per allontanarsi
dal pericolo,
lasciando così i più deboli all’esterno in balia del predatore.
Il gregge non è sinergia, ma è egoismo organizzato.

Una terza sottolineatura ce la offre il Vangelo di oggi
contrapponendo il mercenario al pastore.

Il mercenario – che tanto, anzi troppo, ci assomiglia –
vive, pensa, ama con una "logica da condominio" che è:
importante è perderci il meno possibile ma guadagnarci il massimo,
essere vicini per condividere le spese
ma rimanere a distanza di sicurezza per non farsi spiare;
salutarsi e sorridersi perché ti può sempre servire qualcosa,
ma non sbilanciarsi mai a diventare amici perché poi ti lega troppo.
Insomma insieme sotto lo stesso tetto, ma isolati,
ognuno chiuso protetto dalla sua porta blindata.

Per questo Gesù, il buon pastore, oggi ci insegna ad essere “egregi”.

“Egregio Signore” è per noi solamente un’espressione da lettera,
invece nella sua radice cela un messaggio meraviglioso.
“Egregio” viene dal latino “ex-grege” che significa fuori dal gregge.
L’egregio, ex-grege, è colui che si toglie da questa logica di egoismo.

Oggi è anche la giornata delle vocazioni.
La vocazione non è solo dei preti e delle suore, la vocazione è di
tutti:
la vocazione è la qualità che vuoi per la tua vita,
il come la gusti,
lo stile con cui utilizzi il tuo tempo e con cui vivi le tue relazioni.

In questo senso la vocazione è il sogno di Dio sulla tua vita:
quell'amore che scegli per dare forma e compimento a ciò che sei.

La vocazione è la realizzazione di una vita egregia
come marito e moglie, padre e madre, uomo e donna, cittadino e credente.

La vocazione è quindi la realizzazione della propria vita,
è quella fede che dà profumo ad ogni gesto che compi, anche se
insignificante,
è quella forza che ti fa andare avanti comunque e nonostante tutto.

Che il Signore ci aiuti ad essere “buoni pastori” della nostra vita
e a smetterla di essere “mercenari”, cioè stressati sciupatori di tempo.

La sfida invece è fare dell'amore la scelta vocazionale che dà
forma alla vita
per essere "e-gregi",
non tanto su un indirizzo di una busta da lettera,
ma nei sentimenti, nei pensieri, nelle azioni che sulle pagine del
quotidiano
inviamo all'indirizzo del cuore di chi condivide con noi la vita.

Vocazione è voc-azione: "voce" più "azione".
È "voce": cioè quello che pensiamo, diciamo, chiamiamo,
chiediamo.
È "azione": cioè quello che facciamo, decidiamo, scegliamo.

Quindi non è un "sì" detto una volta nella consacrazione o
nel matrimonio,
ma è un "sì" da dire ogni giorno alla qualità della vita.

Rendiamoci conto che quando l'amore è portato a vivere di ricordi
è come un naufrago che mette mano alle ultime scorte di viveri.
Per questo, la vera devastante solitudine non è di chi è solo con se
stesso,
ma di chi è in due e spera di poter essere da solo.

Calcolare o amare? Invidiare o gustare? Guinzaglio o rete?
Mercenari o pastori? Mediocri o egregi?
Essere o non essere? Questo è il problema.

domenica 22 aprile 2012

Don Giulio, domenica 22 aprile 2012

Buona domenica
don Giulio

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VANGELO DI RIFERIMENTO

Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, [i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus] narravano [agli Undici e a quelli che erano con loro] ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto [Gesù] nello spezzare il pane.
Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni».


RIFLESSIONE

22 aprile 2012
PIÙ UNA LUCE È FORTE, PIÙ GENERA OMBRE SCURE
3a domenica di Pasqua B


Più una luce è forte e più genera ombre scure.
È una legge della natura:
se non vuoi le ombre hai una sola possibilità: devi spegnere il sole.
Le giornate senza ombre sono quelle grigie e uggiose.
Le giornate piene di sole sono quelle che hanno le ombre più nere.

La luce del Risorto ha avvolto più volte gli Apostoli
ed oggi ancora fanno fatica a credere:
li ritroviamo con un peso sullo stomaco e un macigno sul cuore,
proprio loro che sono stati gomito a gomito con Gesù
che lo hanno guardato negli occhi,
che gli hanno parlato faccia a faccia.
Che bello vedere che fanno fatica a credere anche loro,
anzi, proprio loro!

Ci troviamo dentro in questa pagina di Vangelo
tutte le ombre scure che attraversano il nostro cuore,
tutti quei punti di domanda che feriscono il profondo di noi stessi,
tutte le nostre fatiche, le nostre lentezze, le nostre scivolate,
i nostri dubbi sulla fede e sulla nostra stessa vita.

Quando hai lavorato tanto e un altro si prende il merito,
quando hai studiato tanto e un esame ti va male,
quando hai faticato tanto e non vedi alcun risultato
allora ti viene da buttare via tutto e ti chiedi:
cosa sto qui a fare? a cosa vale fare tanta fatica?

Quando tutto sembrava andare “abbastanza” bene
e lei o lui lascia e finisce una storia e tutto crolla addosso
e ti chiedi: a cosa servono tante promesse? era tutto finto?

Quando la malattia irrompe e incatena qualcuno che ami
o addirittura il cielo crolla, se lo prende, lo strappa via,
e tutto non ha più sapore e ti chiedi:
perché? che senso ha andare avanti?

In questi giorni ho colto la luce del Risorto
negli occhi profondi di una persona
che guardando alla sua storia tormentata diceva:
“L’amore non serve a niente, ma quando c’è cambia tutto!”.

Penso sia questa la buona notizia del Vangelo di oggi:
se in noi ci sono ombre, anche le più scure,
è perché c’è la luce.

Se non vedessimo le ombre, non saremmo luminosi o perfetti,
saremmo ancora più tristi perché saremmo opachi e grigi.

La fede, come l’amore, non serve a niente
ma sa trasformare la nostra realtà: cambia tutto
perché ti cambia gli occhi e il modo di attraversare la vita.

Gesù, per primo, si accorge che le parole non bastano.
I suoi amici sono pieni di dubbi. Che cosa fa allora?
Dice loro: “Sentite amici, venite qui, mettiamoci a tavola”.

Gesù poteva convincere della sua risurrezione
con effetti spettacolari o miracoli strabilianti
e invece risponde al dubbio con un gesto che sa di quotidiano,
che ha il sapore di casa, di famiglia, di relazione “normale”.

Mi viene da spiegarlo con ciò che succede dopo un incendio:
i vigili del fuoco spengono le fiamme, vincono il fuoco,
ma non basta, bisogna mettersi lì e rifare tutto da capo.
È triste, ma se una casa era bella, si può rifare bellissima,
anche se ciò costerà sudore, fatica, sacrifici e tante lacrime.

Avere fede nella Risurrezione vuol dire questo:
ciò che è crollato, fallito, finito, ciò che in te è buio o ferita,
non puoi lasciarlo così, facendoti paralizzare dalle lacrime,
devi rifarlo nuovo, ma più bello di prima, anche se costa molto.

Il Risorto dona la sua pace, ma mostrando le sue ferite.
Ci mostra la sua luce, ma prendendo in mano le ombre,
anzi facendosi bucare le mani e stracciare il cuore dalle ombre.

Dio non dà la soluzione ai problemi, ma la forza per affrontarli.

Avere questa pace interiore, cioè avere dentro la forza della fede,
significa scoprire un senso nell’oggi, nonostante la fatica,
significa sfidare le ombre dei fantasmi del passato,
prendere in mano il peso di ciò che ti schiaccia oggi
e guardare dritto negli occhi al tuo domani da costruire.

Se credessimo alla felicità con la stessa facilità e convinzione
con cui crediamo al male e alla negatività
il mondo, ma soprattutto la nostra vita e le nostre storie
fiorirebbero in una primavera di vita nuova.



O.P. omelie domenicane 22 aprile 2012


3a dom. di pasqua, B, ’12Perché siete turbati?

Anche in questa terza domenica di pasqua siamo chiamati ad accrescere e confermare la nostra fede in Gesù. Il fondamento della nostra fede è la resurrezione di Gesù, sulla quale talvolta possiamo rimanere turbati come i primi apostoli prima della pentecoste. Il Signore aumenti la nostra fede. Chiediamo perdono delle nostre tiepidezze e pigrizie.



Un pensiero anzitutto all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, nata 91 anni fa per iniziativa del p. Gemelli, aiutato dal Toniolo (che verrà beatificato sabato 29 aprile), Necchi e Armida Barelli, la quale promosse nell’Azione cattolica femminile un formidabile sostegno capillare di piccole offerte, per realizzare questo sogno. I cattolici fondavano una loro università in Italia, senza contributi governativi, e l’hanno portata avanti sostenendola di tasca propria, come del resto tutte le scuole cattoliche. Lo stato aveva allora il monopolio delle università, e una facoltà di teologia non era ammessa, come non lo è ancora attualmente. L’Università Cattolica ha ancora bisogno di sostegno, per non chiudere, come molte scuole cattoliche sono costrette a farlo per insostenibilità dei costi. Una cosa su cui pensare, anche politicamente.

            In queste settimane di pasqua siamo chiamati anche noi, come gli apostoli, e ripensare e chiarire la nostra fede in Gesù. Abbiamo ascoltato poca fa due pagine scritte da san Luca, una dal suo vangelo e una dagli Atti degli apostoli, nel quale Luca racconta i primi passi missionari della chiesa. La predicazione degli apostoli aveva sempre al centro Gesù morto e risorto, la resurrezione. Evento fondamentale. È la garanzia di Dio sulla persona di Gesù.

            È interessante il fatto che Gesù abbia scelto, e affidato la continuazione della sua opera, a delle persone che facevano fatica a credere, che stentavano a dargli fiducia sino in fondo. La scelta di queste persone, delle quali uno lo tradì addirittura, penso sia stata una strategia divina per aiutare la fede anche di noi che saremmo diventati discepoli dopo. Certamente il Signore Gesù una volta risorto ha dovuto porsi il problema di come farsi riconoscere e come convincere i suoi discepoli. Era una cosa troppo nuova per la loro mentalità, come per tutti i loro contemporanei. Quando san Paolo volle parlare ai maestri e discepoli della grande scuola di Atene si sentì ridere in faccia quando disse che Gesù era risuscitato: ti ascolteremo un’altra volta, gli dissero andandosene. Oggi non minore difficoltà incontra il fatto della resurrezione, presso i contemporanei.

            Tuttavia la difficoltà degli apostoli a credere, è una garanzia anche per la veridicità della loro testimonianza, e per la nostra fiducia nella loro testimonianza. Di fatto la vita cristiana si basa sulla testimonianza degli apostoli e dei primi discepoli: la nostra è la fede degli apostoli, la chiesa è la chiesa apostolica, il Credo è quello degli apostoli. Gesù doveva proprio convincerli. Orbene, come poteva fare Gesù per parlare della sua resurrezione e farla riconoscere vera? Serve anche a noi questo processo.

Mi sembra di scorgere una pedagogia di Dio. Dapprima una tomba sigillata trovata aperta, scoperchiata e vuota, poi il lenzuolo e le bende che avvolgevano il corpo di Gesù lì per terra afflosciate, come un guscio vuoto, mentre il velo che copriva il suo volto era piegato da una parte. Qualcuno evidentemente aveva piegato quel velo, ma certamente non avevano rubato il corpo di Cristo altrimenti non ci sarebbero state lì le bende, o non sarebbero rimaste nella posizione di sepoltura. Qualcosa di misterioso era avvenuto certamente. Anche i soldati messi a guardia della tomba non videro sulla se non l’aprirsi spontaneo della tomba (un terremoto?), per cui fuggirono via spaventati. Arrivate le donne al mattino presto per completare la sepoltura, perché Gesù era stato sepolto in fretta il venerdì sera, quella sera iniziava infatti la pasqua degli ebrei, presero un grande spavento al vedere la tomba aperta e vuota: cos’era successo? Dentro la tomba (la grotta), videro inoltre uno che disse loro che era inutile cercare Gesù, non era più lì, era risorto, come aveva predetto, e che andassero a dirlo ai suoi discepoli. Al che esse corsero via impaurite e andarono a riferire tutto agli apostoli. Pietro e Giovanni corsero allora anche loro al sepolcro e videro come avevano detto le donne, ma di lui, di Gesù, nessuna traccia. Le donne avevano detto infatti di averlo anche visto mentre rientravano in città, ma loro non videro nessuno, né angeli né Gesù. In giornata Gesù si fece riconoscere da Maria di Magdala, si accodò ai due discepoli che tornavano a casa delusi, verso Emmaus, apparve a Pietro. Nella notte Gesù si presentò agli apostoli riuniti insieme a raccontarsi gli avvenimenti incalzanti di quella giornata. Erano perplessi. All’apparire di Gesù in mezzo a loro, improvvisamente, a porte chiuse, senza che alcuno avesse bussato e gli avesse aperto rimasero impauriti. Cosa avremmo fatto noi? Avremmo gridato come loro anche noi: è un fantasma! Gesù li calmò, si fece riconoscere: sono io, non abbiate paura, e mostrò loro le mani e il fianco con le cicatrici rimarginate dei chiodi e della lancia. Poi chiese da mangiare, per dire che era lì col suo corpo, non era uno spirito. Anche se il mangiare, per un corpo risorto, è problematico, perché in cielo non ci sono cucine e bagni. Gesù ha voluto fare un miracolo per confermare che era proprio lui. Alla fine rimasero convinti. Ma mancava uno, Tommaso, e le sue difficoltà a credere aiutano anche noi. Vedete, è per tutte queste cose che io credo in Gesù e in tutto quello che lui ha fatto e detto, per la sincerità della testimonianza dei primi discepoli, non di uno solo ma di molti, e concordi, anche se le loro testimonianze scritte non sono delle fotocopie, anzi proprio perché non sono fotocopie nei minimi particolari che il fatto centrale è vero, e comune a tutti. Queste sono tutte testimonianze storiche, giunte a noi inalterate, e messe anche per iscritto per i posteri. Da queste testimonianze è nata la chiesa, sono nati i santi.

È molto ragionevole credere in Gesù, non è una credulità facile la nostra, e non è contraria alla ragione umana, all’intelligenza. Anzi è più secondo intelligenza credere che non credere. Se fosse stato tutto inventato, gli apostoli sarebbero rimasti tutti fermi nella loro fedeltà a Cristo, fino al martirio di sangue?

            Perché siete turbati? dice anche a noi Gesù. Non abbiate paura, la vostra fede è bene fondata. Siate forti e coraggiosi nel credere, nel testimoniare e nel vivere secondo l’esempio e l’insegnamento che vi ho dato.


domenica 15 aprile 2012

O.P. omelie domenicane 15 aprile 2012


II dom. di pasqua, B, ’12 – domenica di Tommaso (dal vangelo)

Domenica della Divina misericordia

            Questa domenica, un tempo chiamata domenica in albis, perché in questo giorno gli antichi neofiti, nuovi cristiani, deponevano le bianche (albae) vesti indossate nel battesimo nella notte di pasqua, Giovanni Paolo II ha voluto dedicarla alla Divina Misericordia, dietro le visioni della giovane santa polacca Faustina Kowalska. Con questo titolo si vuole sottolineare che tutta la pasqua, e tutta la storia del mondo, nascono dal cuore misericordioso di Dio. A questa pietà affidiamo anche la nostra vita, chiedendo al Signore di rinnovare in noi la grazia, attraverso il rito dell’aspersione che ora compiamo, in memoria del battesimo.



In questi giorni stiamo rivivendo, come comunità cristiane, l’esperienza della prima comunità di Gerusalemme, dopo la rapida successione degli avvenimenti: l’uccisione di Gesù, la sua sepoltura e la sua inaspettata resurrezione; inaspettata perché cosa del tutto nuova, anche se Gesù l’aveva preannunciata ai suoi apostoli per tre volte, prima di morire. Solo che delle parole di Gesù essi avevano ritenuto soltanto il fatto che sarebbe stato ucciso, Pietro infatti una volta era intervenuto dicendo: questo non ti accadrà mai, dovessi morire con te. E Gesù l’aveva apostrofato in malo modo: mettiti dietro a me, satana, tu ragioni secondo la mentalità umana, non secondo Dio. Infatti a Dio importava dare all’umanità il segno della resurrezione, sia per dirci che Lui si interessa di noi fino a tirarci fuori anche dalla morte, sia per farci capire quale disegno egli avesse e abbia in cuore per noi tutti: la nostra resurrezione e la nostra vita in Lui. Ma la via per la resurrezione era la morte, per questo Gesù aveva detto: tu ragioni con categorie umane, non con la conoscenza di Dio, per cui io devo morire.

Nel racconto evangelico ascoltato ci troviamo alla sera della prima domenica, del primo giorno dopo il grande sabato della pasqua ebraica. Era stato molto movimentato quel giorno per i discepoli di Gesù: la scoperta della tomba vuota, le visioni delle donne andate al sepolcro, la corsa al sepolcro di Pietro e Giovanni, l’esperienza di Maria di Magdala, i due di Emmaus. Stavano raccontandosi queste cose, quando Gesù si presentò in mezzo a loro e si fece riconoscere, donando loro lo Spirito santo per la predicazione e i sacramenti. Ma in quel giorno memorabile mancava un apostolo, Tommaso, il quale voleva sincerarsi personalmente del fatto, voleva vedere Gesù coi suoi occhi, toccarlo colle sue mani.

Non altrimenti facciamo noi quando chiediamo al Signore di darci dei segni, non ci fidiamo dei segni che ha già altri hanno avuto: vogliamo vedere, toccare, noi. Talvolta il Signore ci viene incontro e ci accontenta, ma poi ci dice anche, come a Tommaso: non essere incredulo ma credente. Ed effettivamente la nostra fede in Gesù talvolta è un po’ incerta, bastano poche obiezioni per metterci in crisi. La crisi dipende certamente dal fatto che spesso non sappiamo dare una riposta alle obiezioni che ci vengono poste, per questo occorre che ci chiariamo bene alcune cose. Non per niente il papa ha indetto per l’anno prossimo un anno della fede, un anno per approfondire la nostra fede e per imparare a come testimoniare meglio la nostra fede in Gesù. Nel Medio evo anche grandi teologi si erano cimentati a scrivere del trattati di teologia per coloro che dovevano predicare ai non cristiani, chiamati gentili, appartenenti cioè ai popoli non ancora cristiani, in particolare ebrei e mussulmani, ma purtroppo senza successo.

Il problema non è vedere, ma credere. Alcuni infatti possono vedere, e non credere. Molti oggi non credono, e cercano motivazioni per confermare la loro incredulità. Le ragioni che noi portiamo, e che a noi sembrano evidenti, a loro non bastano, ma nemmeno loro riescono a dimostrare la loro posizione. Allora si rimane ognuno con le proprie convinzioni. Ma altri non ci cimentano nemmeno a chiarirsi. Il problema di oggi non sono tanto gli atei, coi quali si può discutere, perché stanno cercando; il problema sono coloro che non credono a niente, che non ci pensano neppure, e non gli interessa pensarci. Con costoro c’è poco da fare. Dovremo allora chiederci quali strade seguire per portarli a riflettere. Perché a noi sta a cuore la loro sorte. È la stessa fatica che fanno i genitori per convincere i figlioli a partecipare alla messa, che è uno dei segni della fede. Alla fine, dunque non basta vedere, non basta nemmeno credere, perché anche i demoni credono, non basta nemmeno pregare e andare a messa, occorre vivere secondo ciò che crediamo, secondo ciò che è giusto secondo Gesù.

            In questo ci è dì esempio l’esperienza della prima comunità di Gerusalemme, come abbiamo ascoltato nella prima lettura, dagli Atti degli apostoli. Ciò che credevano lo vivevano: erano un cuor solo ed un’anima sola, e questa comunione di fede e di cuori arrivava fino alla condivisione concreta dei propri beni. La gente li guardava con ammirazione e stima: guardate come si amano. Non c’erano tra loro poveri e ricchi, ognuno metteva a disposizione quanto aveva, e poi a ognuno veniva distribuito ciò di cui aveva bisogno. Un po’ come facciamo noi in convento dove mettiamo tutto in comune, una cassa comune dove versiamo ciò che guadagniamo col nostro lavoro, e viviamo tutti alla stessa maniera, e ognuno ha quello di cui ha bisogno. Certo è un po’ difficile, questo, viverlo nella vita civile. I rischi ci sono, non ultimo quello di chi non voleva lavorare. Lo stesso san Paolo si rivolgeva ai fannulloni dicendo: se uno non vuole lavorare, neppure mangi. Era un po’ quello che voleva fare anche i comunismo, solo che i presupposti e i metodi erano del tutto sbagliati. Oggi la società quella nostra, ma anche quella internazionale, vanno per altre strade: chi ha i soldi se li vuole tenere, non li vuole condividere. Vedi come sono diminuiti gli aiuti internazionali agli stati vittime di disastri naturali, di carestie, strozzati dai debiti che hanno contratto con noi, ai quali abbiamo aggiunto pesanti penali. Non sono certamente cristiane queste posizioni. Non basta dirci fratelli in Cristo, se non lo siamo concretamente. Oggi siamo diventati tutti più egoisti. Il vangelo va per un’altra strada. C’è il pericolo di ragionare solo con categorie umane, e non con le categorie di Dio, dove la comunione vale più che avere molte cose, come Gesù il quale pur essendo Dio, non si chiuse nel godersi una vita da Dio, ma spogliò se stesso, mettendosi alla pari con noi, donandoci quanto lui aveva, anche la sua vita. Vi ho dato l’esempio, diceva Gesù, perché così facciate anche voi.


Don Giulio, domenica 15 aprile 2012


Buona domenica
don Giulio

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VANGELO DI RIFERIMENTO

Dal Vangelo secondo Giovanni
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse
le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei
Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto
questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al
vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il
Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse
loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i
peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non
saranno perdonati». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era
con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo
visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il
segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non
metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Otto giorni dopo i
discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne
Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi
disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la
tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma
credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli
disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non
hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non
sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti
perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché,
credendo, abbiate la vita nel suo nome.


RIFLESSIONE

15 aprile 2012
L’ENERGIA DEL MOTORE
2a domenica di Pasqua

“Il mondo nel suo agitarsi a destra e a sinistra
ha dimenticato che esiste un alto e un basso” (F. Werfel).

“Non è vero che chi non crede in Dio non crede in nulla,
rischia invece per finire di credere a tutto” (Chesterton),
perché “quando il cielo di svuota di Dio,
la terra si riempie di idoli” (K. Barth)
e la notte si riempie di fantasmi,
come quello che credono di vedere i discepoli
quando si trovano davanti il Crocifisso Risorto.

Proviamo a ridire queste dotte riflessioni in modo più concreto e
pratico.

Se io uso ogni giorno la macchina per spostarmi,
ad un certo punto la benzina consumata mi manda in riserva
e devo bloccare le mie corse e le mille cose da fare urgenti
obbligandomi ad uno stop dove posso rifornirmi di carburante.

Quando mi fermo a fare benzina,
so benissimo che è la macchina non è rotta, che non c’è un guasto,
manca solo il carburante. Messo quello tutto è ok.

Ma se questo è così scontato e banale per la nostra macchina,
perché non è per il nostro amore?
Quante storie si sono bloccate, accusandosi l’un l’altro
di chissà quali ingolfamenti o rotture o guasti,
quando invece si è andati avanti senza mai mettere benzina,
senza mai pensare di mettere energia nuova nel motore di coppia,
senza mai curare giorno dopo giorno le spie per un rifornimento
di attenzione, di premura, di comprensione, di dialogo, di tenerezza.

Ma se questo è così scontato e banale per la nostra macchina
e ci viene facile – pensandoci bene – applicarlo all’amore,
perché non può essere così anche per la nostra fede?

Quante volte diciamo di non credere, cioè di non arrivare più a Dio
perché si è rotto qualcosa nel nostro motore interiore,
quante volte diciamo di avere mille dubbi sul “funzionamento”,
e non ci poniamo mai la questione se non sia solo il fatto
che non abbiamo curato i rifornimenti,
che non siamo stati capaci di fermarci ogni tanto a ricaricarci.

Quando non mi curo della mia interiorità per non voglia
(non è solo questione di Messa, ma soprattutto di silenzio denso
di riflessione, di interiorizzazione, di decantazione della vita…)
all’inizio sembra non succedere niente
ma viene un giorno in cui la benzina finisce e tutto si ferma.

Quando non si dà più spazio agli abbracci perché sono da bambini,
alle risate perché ci sono cose ben più serie nella vita,
alle coccole perché noi grandi non ne abbiamo bisogno…
allora senza accorgersene la benzina si consuma pian piano
e un giorno ci si ritrova bloccati e non si va più avanti.

Il poeta cileno Pablo Neruda scriveva:
“Muore lentamente chi non ricorda sempre
che essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore
del semplice fatto di respirare.
Muore lentamente chi non si appassiona più”.

Il Risorto ci ricorda che non basta vivere. Bisogna vivere bene!

Canta la liturgia in questi giorni di Pasqua:
“morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello”.
Tocca a noi combattere il prodigioso duello della vita,
tra l’amore e l’odio, tra il vero e il falso, tra il giusto e
l’ingiusto,
tra il premuroso e il superficiale, tra il caloroso e il rassegnato,
tra l’attenzione e la distrazione, tra la meraviglia e la noia,
tra i rumori dei fantasmi della notte e la voce del Risorto all’alba,
tra la speranza e la rassegnazione, tra il vivere e il tirare a campare.

Come?
È questione di fermarci per mettere mano al cuore (al suo e al nostro)
ed è proprio quello che Gesù ha chiesto a Tommaso di fare:
"Metti qui la tua mano!".

mercoledì 11 aprile 2012

Caro Roberto, ora che sei tu Presidente...

Da: marcella.ruggeri
Data: 06/04/2012 7.32
A: te
Oggetto: ...vai avanti con la forza della verità e raccoglierai consensi: raggiungerai ogni buon obiettivo! Te lo auguro di vero cuore

è il messaggio sms che ti ho appena spedito!
...un abbraccio sincero, Marcella

Ciao Roberto, ieri sera ho ricevuto il comunicato Agesc ed ho letto della tua nomina. Ne sono contenta. Spero che innanzitutto tu abbia sempre viva la tua onestà. Se così sarà potrò solo godere con te dei successi che otterrai nel portare avanti giuste cause. Quella onestà che anche in Agesc è di pochi: tu sii uno di questi. Per la mia voglia di bene, per la consapevolezza che ho e che tutti dovrebbero avere, che oggi la Sua immagine è viva solo grazie a chi con coraggio persegue la Sua via dell'Amore, così come ogni uomo e donna, che solo "dopo il passaggio alla vera vita" sono divenuti Santi, Santi piccoli e grandi, hanno fatto in passato, ed hanno permesso a noi oggi di godere di tanti loro buoni esempi nati scaturiti dalla fede mai abbandonata nelle loro lotte quotidiane per la verità, puntando sempre i loro occhi su di Lui ESEMPIO PRIMO E UNICO DONATO AD OGNI UOMO IN OGNI TEMPO, ti auguro di essere sempre uomo buono, coraggioso, virtuoso. Un abbraccio sincero e gli auguri più cari di Buona Pasqua a te, ai tuoi cari, Marcella


Buona Pasqua a te e famiglia. Ringrazio per l'incoraggiamento.- Conto su di te e sulla tua preghiera.
Un abbraccio
Roberto G


Contaci sempre: la preghiera è la mia forza ed il dono più bello che so di poter donare a tutti aprescindere: anche a te, sempre.Grazie e buon cammino
Amo e desidero viverla quella cristianità troppo spesso sbandierata, non così tenacemente perseguita.

E perchè il bene trionfi così come Lui ci ha dimostrato, insegnato, col Suo esempio so bene che anch'io la mia parte la dovrò fare fino alla fine! poi che la mia fine sia in croce, o sotto la croce so bene che anche questo passaggio me lo dovrò meritare col mio impegno sino all'ultimo istante...e sarà fatta la Sua volontà per me.

Roberto, impegnamoci a diffondere il miglior bene attorno a noi. Che passando da noi, dai nostri pensiei, dalle nostre mani, il bene, le cose di questo mondo possano trasformarsi tutte in COSE BUONE, migliori,di questo mondo per tutti... e faremo molto e otterremo molto di più: soprattutto saremo capaci di fare gruppo, comunione!...e allora possiamo dubitare che gli obbiettivi buoni così facendo non li otterremo? Così facendo porteremo avanti e con successo ogni cosa: Lui ci chiede fedeltà buona e operosa e la strada c'è sempre: Lui ce l'ha già tracciata!

Abbiamo a desiderare il bene, a camminare con coraggio e senza paura: se lo seguiamo dobbiamo forse temere? no!

Sii coraggioso nelle tue decisioni, capace di cambiamenti, coraggioso e tenace, è solo così che il buono potrà emergere: non sei solo.

Auguri ancora, e un abbraccio sincero, Marcella





Roberto

Auguri Vescovo Francesco

Il Risorto è la nostra forza. Andiamo avanti sempre con coraggio.
Non possiamo più avere paura.
Lui ha vinto la morte per darci la vita eterna.
La strada è già tracciata.
Dobbiamo solo camminare, anzi possiamo proprio correre e trascinare con noi
ogni altro che incrocerà la nostra strada: e saremo tanti, e saremo tutti felici: sempre!
Questi i miei sinceri auguri anche per Lei. Buona Pasqua. MaRcella



L’annuncio più sorprendente percorre la storia e ci raggiunge: Grazie,
Cristo è risorto!
Parole che riecheggiano la sua stessa Presenza,
principio di vita nuova che nessun potere può mortificare.
Con riconoscenza, preghiera e Benedizione.
+ Francesco Beschi.



il mio ricordo per Lei nella mia preghiera caro Vescovo Francesco è costante, quotidiano:
"Abbia forza e coraggio per portare avanti nonostante tutto e tutti il Suo annuncio, sempre!"

Questo il mio desiderio per Lei, che sono certa è desiderio di tanti di noi che la stimiamo, la amiamo
qui nella sua casa, la Diocedi di Bergamo che Lui le ha affidato.
Anch'io conto sul suo ricordo a Lui che è il nostro TUTTO, affinchè anch'io per quanto mi è possibile,
sappia sempre rispondere alle Sue attese, abbia sempre a desiderare di fare di meglio, di più.

E con la Sua benedizione non possiamo dubitare, non posso dubitare di riuscire a farlo il Suo bene ad ogni altro e sempre e proprio a tutti e in tutto quanto dipende da noi, dalla nostra volontà

con profondo, sincero affetto, Marcella

lunedì 9 aprile 2012

O.P. omelie domenicane del triduo di Pasqua, del lunedì di Pasqua

Giovedì santo ’12 –


Iniziamo con questa celebrazione i tre giorni di festa della pasqua del Signore. Ci siamo preparati una quaresima intera per giungere e celebrare con animo puro questa ricorrenza che è il momento più alto di tutto l’anno, così come è stato il momento più alto della vita di Gesù. Questa mattina il vescovo con tutti i sacerdoti e i diaconi ha celebrato in cattedrale la memoria della istituzione del sacerdozio, cioè della partecipazione al sacerdozio del Signore, attraverso il battesimo e la cresima e attraverso il sacramento dell’Ordine. Siamo un popolo sacerdotale, tutti, seppure non tutti nello stesso modo. Diciamo ora al Signore che siamo qui per rinnovare il nostro impegno di essere suoi, mentre desideriamo ricevere da lui, ora, il perdono per i nostri peccati.

Siamo noi ora qui gli apostoli a cena col Signore, di quei dodici 11 erano senza coraggio, e uno stava per tradirlo. Ma poi tutti sono tornati, eccetto uno, che aveva perso la speranza. Se abbiamo imitato la loro debolezza, ci aiuti il Signore a seguirli nella loro conversione. Che il Signore dia anche a noi la conversione del cuore.

1° La celebrazione della cena del Signore di questa sera è il primo momento del triduo pasquale, della morte, sepoltura e resurrezione di Gesù, che costituiscono il momento culminante della vita di Gesù. Propriamente la messa di questa sera non appartiene al triduo pasquale, ma ne è una anticipazione sacramentale, nel gesto che Gesù ci ha lasciato come memoria (fate questo in memoria di me); un segno-memoria per non dimenticare ma soprattutto per rendere presente e contemporaneo a noi quell’avvenimento. Gesù dicendo: questo è il mio corpo che sarà dato per voi, questo il mio sangue che sarà sparso per voi, alludeva alla morte che avrebbe subito. Questo è anche il contenuto della nostra celebrazione della messa. Con la messa entriamo nella memoria, entriamo in quella storia che ora continua in noi e per noi.

2° I contenuti della eucaristia sono bene espressi nella preghiera con la quale abbiamo aperto la celebrazione. È una preghiera di nuova composizione, nella quale si è cercato di condensare i significati principali dell’ultima cena del Signore Gesù prima della sua morte. L’orazione parlava di una santa Cena nella quale il Figlio di Dio prima di consegnarsi alla morte, affidò alla chiesa un gesto memoriale da compiere, da rinnovare. Cosa ha voluto racchiudere Gesù in questo gesto memoriale?

- Anzitutto si tratta di una cena. Il gesto-memoria lasciatoci dal Signore è una cena, alla quale siamo invitati, e invitati non semplicemente ad essere presenti ma a mangiare e bere con lui: prendete e mangiate, prendete e bevete. È una cena che Gesù, prima di morire, prima di passare da questo mondo al Padre, ha voluto fare coi suoi amici, con tutta la bellezza e il significato simbolico di una cena con gli amici. Ma era di più che una cena con amici, era una cena di addio. Loro non lo sapevano, l’hanno imparato dopo, ma lui sì. Per noi non è una cena di addio, ma l’essere stata per Gesù una cena di addio indica che questa cena è stata il suo testamento spirituale, la sua vita, il suo messaggio, la sua eredità.

- In questa cena-testamento Gesù ha voluto dire stava consegnando se stesso nell’atto supremo di donare la propria vita, di una offerta totale di se stesso a Dio, di intercessione per il mondo. Ripetendo questa cena la Chiesa perpetua la memoria di quel dono che chiamiamo sacrificio. Dice l’orazione: In questa santa cena Gesù affidò alla Chiesa il suo nuovo ed eterno sacrificio. Nuovo, rispetto ai sacrifici dell’antico popolo ebreo, come abbiamo ascoltato nella prima lettura, dove si narra l’esperienza della prima pasqua ebraica, alla cui celebrazione Gesù aveva partecipato ogni anno della sua vita. Ora al vecchio sacrificio ne subentra uno nuovo, non più di agnelli e buoi ma il sacrificio di un cuore d’uomo. Allora fu cruento quello di Gesù, non necessariamente sarà fisicamente cruento il nostro, ma interiormente lo deve essere: fino al sangue. Partecipare alla messa è farci uno con questa offerta di Gesù. Eterno sacrificio, significa che non c’è più bisogno di altri sacrifici, se non il nostro. La messa stessa non è un nuovo sacrificio di Cristo ma memoria di quell’unico sacrificio, col quale egli ha riannodato definitivamente i rapporti dell’umanità con Dio.

- La santa cena di Gesù è anche il convito nuziale del suo amore. Non solo una cena di amicizia, non solo una cena sacrificale, ma un convito nuziale. Il convito nuziale è quella cena che nell’esperienza umana rappresenta il massimo della festa. La messa è una cena nuziale, nella quale Gesù si offre alla sua sposa che è l’umanità, rappresentata dalla Chiesa, con il profondo desiderio che essa, noi, rispondiamo al suo amore nuziale e diventiamo una sola cosa con lui, come due sposi non sono più due ma una carne sola. Una carne sola significa una vita insieme in modo che la vita dell’uno sia vita dell’altro, il corpo dell’uno corpo dell’altro. Venite alla festa, si dice in una della parabole del Signore, quella degli invitati alle nozze.

- Cosa chiediamo per noi dalla nostra partecipazione alla santa Cena di Gesù? Dice l’orazione: perché attingiamo pienezza di carità e di vita. Perché diventiamo capaci, cioè, di amare come lui, di farci come lui corpo donato, sangue versato. Per esemplificare questo comandamento dell’amore, nella medesima cena Gesù ci ha dato un altro segno, quello della lavanda dei piedi agli apostoli, chiedendoci di fare anche noi altrettanto. L’amore che scende nei particolari, nei gesti quotidiani: emblematico quello di lavare i piedi. Questo gesto veniva compiuto dai servi verso gli ospiti. Ora è Lui, il maestro e il Signore, a fare questo, per insegnarci l’umiltà e il servizio, mentre noi siamo sempre alla ricerca di plausi, di riconoscimenti.

– Gesù tra spunto da questa lavanda dei piedi per insegnarci anche che per partecipare a questa cena dobbiamo essere puri nel cuore, puri dal peccato. Non tutti sono puri, aveva detto Gesù, alludendo a Giuda, sul quale san Giovanni nei suoi scritti non è molto tenero. Non gli ha mai perdonato d’aver tradito e consegnato il Maestro, per denaro. Gesù è stato di animo più grande di quello di Giovanni, e ha lavato i piedi anche a Giuda, e nell’orto l’ha chiamato ancora: amico. Quanto abbiamo ad imparare, tutti, dal primo all’ultimo.

- La celebrazioni della santa cena si prolunga poi nella memoria silenziosa della triste e angosciata preghiera di Gesù, dopo quella cena, quando con i suoi si ritirò nell’orto degli ulivi, dove invita anche noi, come Pietro e gli altri apostoli, a vegliare un’ora con lui. Due gli aspetti di questa nostra preghiera notturna: continuare personalmente la memoria dell’ultima cena, quanto ha fatto e detto; e vegliare con lui nella preghiera al Padre, decisi anche noi a che la nostra vita prosegua non come vogliamo noi ma come vuole lui. Questo è l’atteggiamento per celebrare con frutto questa pasqua, e l’atteggiamento che deve guidare tutta la nostra vita.



Venerdì santo, ‘12 –

Abbiamo ascoltato i testi della passione. Mi chiedo chi di noi sarebbe disponibile a far propria la pagina del profeta Isaia (Is 52,13-53,12) ascoltata nella prima lettura; chi saprebbe dire a Dio Padre: se è possibile, passi da me questo calice, ma sia come vuoi tu. Chi di noi accetterebbe quelle umiliazioni? Chi accetterebbe di essere nell’orto degli ulivi, chi in tribunale, chi al Calvario, in croce? Ingiustamente, per salvare il mondo.

Abbiamo ascoltato, anche nella Liturgia delle Ore: “È cresciuto come una radice in terra arida, senza bellezza e splendore, disprezzato, reietto, uomo dei dolori, uno di fronte al quale ci si copre la faccia, tanto è sfigurato il suo aspetto, disprezzato, senza alcuna stima.

Eppure si è caricato delle nostre sofferenze, dei nostri dolori, è stato trafitto in croce per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità.

Maltrattato si lasciò umiliare e non aprì bocca, come pecora muta davanti ai tosatori. Con ingiusta sentenza fu tolto di mezzo, percosso a morte, sebbene non avesse commesso violenza né vi fosse inganno sulla sua bocca.

Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. Dalle sua piaghe siamo stati guariti”.

Se il Signore Iddio ci dicesse che dalla nostra risposta dipende la salvezza del mondo, accetteremmo tutto questo? Forse sì. Ma un sì che rischia di essere solo formale, a parole, se poi ad ogni minima puntura di spillo reagiamo con violenza.

Sia sempre davanti a noi il bellissimo inno della 1 Lettera di Pietro, che riprende questa pagina di Isaia: Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme. Il Signore ci conceda di seguirlo con umiltà e generosità, anche se non siamo capaci di farlo tutti i giorni.

La nostra adorazione della croce che faremo tra poco sia espressione della nostra gratitudine e partecipazione. Sia una glorificazione, una celebrazione, come quando si fa la commemorazione di una figura illustre. Glorifichiamo il nostro Signore Gesù, che diede la sua vita per noi, con indicibili sofferenze, pur essendo innocente, e ha perdonato tutti noi.

Presentiamo ora con fiducia la nostra supplica a Dio Padre perché i frutti del sacrificio di Cristo si estendano a tutta la chiesa e a tutto il mondo.





Sabato santo ’12 –

Siamo al centro dell’anno liturgico e dell’esperienza personale di Cristo, la realizzazione del disegno di Dio insito nella stessa creazione: in Gesù tutto viene ricapitolato, cioè tutto ricomincia, e questa volta a lieto fine. Se il giovedì santo si concludeva col tradimento di Giuda e la preghiera nell’orto, “ed era notte”, notte profonda, non tanto nell’atmosfera quanto nei cuori; se il venerdì santo alla morte di Gesù si fece buio su tutta la terra, pur essendo giorno; questa sera, pur essendo notte, è sorta la luce, da un piccolo lume fino allo splendore del giorno. Si è ripetuto qui l’evento-luce della notte del natale. La pasqua è infatti il secondo natale di Gesù. Così sarà alla nostra morte, quando entreremo nel regno di luce e di pace di Dio. Nel battesimo ci è stato consegnato un lume da tenere acceso, e lo riaccenderemo tra poco. Lo ritroveremo alla nostra morte. Nella nostra tradizione domenicana, al morente si metteva in mano un cero acceso, quello battesimale: la luce che ci aveva rischiarato la vita della vita, doveva ora illuminare l’ultimo passaggio, verso la pasqua definitiva.

La vita è così un cammino con la pasqua nel cuore. La pasqua di Gesù è la garanzia della nostra speranza, della nostra pasqua. Quando tutto sembra buio, tristezza, angoscia, morte, deve sorreggerci la speranza della resurrezione. Giovedì nella messa crismale il vescovo ha parlato del prete e di ogni cristiano, come uomo della speranza, come segno di speranza, là dove sembrano esserci solo segni di morte, solo orto degli ulivi, tra solitudine, abbandoni e tradimenti.

Le letture bibliche che abbiamo ascoltato sono tutte pagine di speranza, di interventi di Dio che rovescia le situazioni, come cantava Maria nel Magnificat, e come cantano le beatitudini. La luce della creazione, la luce che ha illuminato la vicenda di Abramo, che ha guidato il popolo ebreo nell’uscita dall’Egitto, che ha rianimato i cuori di pietra di Ezechiele.

A fronte, le difficoltà in famiglia, in comunità! Se crediamo, se ci fidiamo e confidiamo nel Signore, la pasqua ci sarà perché il braccio di Dio non si è raccorciato. “Non lo sai forse? Non l’hai mai udito? Dio eterno è il Signore, che ha creato i confini della terra. Egli non si affatica e non si stanca, la sua intelligenza è inscrutabile. Egli dà la forza allo stanco, moltiplica il vigore allo spossato. Anche i giovani faticano e si stancano, gli adulti inciampano e cadono. Ma quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi (Is 40, 28-31). Il Signore risorto sia la nostra forza.



Lunedì di pasqua, ’12 –

Primo giorno dopo pasqua. Oggi è il primo giorno del tempo pasquale, detto un tempo lunedì dell’angelo, per via del testo evangelico che veniva cantato, e che noi abbiamo proclamato invece nella veglia pasquale. Oggi è lo stesso Gesù risorto che ci viene incontro sulla via, come alle donne accorse al sepolcro, per confermarci nella fede in lui, in tempi in cui, oggi come allora, false dicerie tendono a rendere dubbioso il fatto della resurrezione o a negarlo. Come sempre all’inizio della messa, anche ora chiediamo la misericordia del Signore su di noi.

Il Signore è risorto, come aveva predetto, rallegriamoci tutti ed esultiamo, perché egli regna in eterno.

Per tutto il tempo di pasqua ci accompagnerà la lettura continua degli Atti degli apostoli, così detti, che narrano i primi passi della chiesa, dopo la pasqua di Gesù: la nascita della comunità di Gerusalemme; la prima espansione fuori di Gerusalemme, a causa della persecuzione che era scoppiata (Stefano e poi l’apostolo Giacomo); l’apertura ai pagani, con la conversione di san Paolo e Pietro che viene inviato dal Signore nella casa del pagano Cornelio; fino alla vicenda della predicazione itinerante di san Paolo, l’apostolo dei pagani (gentili). I salmi saranno quelli che riportano una qualche allusione profetica alla resurrezione, come il salmo di oggi, il salmo 15, che ritroviamo alla compieta del giovedì: non abbandonerai la mia vita negli inferi né lascerai che il tuo fedele veda la fossa (la corruzione).

Abbiamo ascoltato nella prima lettura la testimonianza di san Pietro nella sua prima evangelizzazione, il giorno della Pentecoste. È san Luca che riassume in questo primo discorso il vangelo di fondo degli apostoli, la bella notizia: questo Gesù (che è stato ucciso e sepolto), Dio lo ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni.

Quanto al vangelo, in questa prima settimana di pasqua ascolteremo le varie testimonianze dei quattro evangelisti sulla resurrezione di Gesù, mentre nelle altre settimane ci accompagnerà il vangelo di san Giovanni, il più pasquale dei vangeli, perché rivede tutta la vita di Gesù alla luce della sua esperienza a fianco di Gesù, e della sua maturazione sulla figura di Cristo, guidato dallo Spirito di verità. Per lui i miracoli sono dei segni dati da Gesù sulla sua identità e sull’amore di Dio Padre. La resurrezione è anch’essa una manifestazione dell’amore del Padre per quel suo unico figlio e per noi.

Vediamo in questo primo testo odierno sulla resurrezione, ad opera di Matteo, come Gesù vada incontro alle donne che erano andate al sepolcro e l’avevano trovato vuoto. Anche Matteo, come Marco, dice che le donne videro un giovane (l’angelo), e poi piene di timore misto a gioia, stavano andando di corsa dagli apostoli ad annunciare quanto avevano visto e udito. Ed ecco che Gesù venne loro incontro, le salutò, ed esse lo riconobbero. Sulla apparizione dell’angelo (o di due angeli) i quattro evangelisti sono tutti d’accordo, ma poi essi divergono in ciò che concerne le apparizioni di Gesù stesso. La Bibbia di Gerusalemme (BJ) ha una lunga nota su Mt 28,10, dove si mettono in evidenza le divergenze tra i vari racconti; ad esempio Matteo dice che i discepoli dovevano andare in Galilea, mentre Luca fa avvenire tutto a Gerusalemme. Ci sono apparizioni private a singole persone o ai due di Emmaus o al gruppetto delle donne; e apparizioni collettive agli apostoli, con intento missionario. San Paolo enumera 5 apparizioni (1 Cor 15, 3-7), di cui non c’è traccia nei vangeli o sono difficilmente accordabili coi vangeli. Tra le apparizioni private c’è anche l’apparizione a lui stesso, Paolo, nella quale Gesù lo ha istruito direttamente, e inviato come apostolo, pur non essendo stato nel gruppo dei discepoli. Paolo andò poi a confrontarsi con Pietro per vedere se aveva capito bene. Aveva capito bene, forse anche più di Pietro, in quel momento. Vediamo in queste apparizioni le molteplici azioni dello Spirito, il quale agisce contemporaneamente in Pietro e in Paolo, nel papa e nei teologi, i quali però devono confrontarsi col papa, quale garanzia di autenticità nella verità. La chiesa non è una piramide, ma un corpo, nel quale ogni organo è chiamato a esercitare la sua funzione per il bene di tutto l’uomo. Certo la testa è più importante dei piedi e delle mani, ma anche le mani e i piedi sono necessari, ma devono essere guidati dalla testa.

Il racconto evangelico mette in evidenza anche come siano nate subito delle difficoltà intorno alla resurrezione di Gesù. Allora erano autentiche bugie per depistare, ma oggi sono degli studiosi a interpretare in modo simbolico e non reale, la resurrezione di Gesù. Tuttavia le testimonianze sono troppo concordi sul fatto, anche se con dei particolari divergenti, dovuti ai racconti di gruppi diversi, per cui non possiamo precisare con esattezza come siano avvenute le cose. Del resto la resurrezione è un fatto non-storico, nel senso che non è controllabile, trattandosi di un fatto soprannaturale. Ma i segni lasciati sono chiari, e le esperienze dei testimoni che l’hanno incontrato sono altrettanto chiare. Se fossero state semplici dicerie, quelle degli apostoli, avrebbero resistito fino al martirio? La stessa nota della BJ conclude: Le stesse divergenze dei testimoni attestano meglio di una uniformità artificiosamente costruita, il carattere antico e storico di queste molteplici manifestazioni di Gesù risorto. Abbiamo fede. Il Signore è veramente risorto ed è vivo in cielo, anche col suo corpo glorificato. Ed ora egli è qui con noi, ci sta venendo incontro, per confermarci nella fede e nella nostra missione: andate ad annunciare ai miei fratelli. Molto domenicane queste parole. E le donne con timore e gioia grande corsero a dare l’annuncio ai suoi discepoli.

domenica 8 aprile 2012

8 aprile 2012 Santa Pasqua

Questo il mio augurio che ho inviato con messaggio telefonico a Voi che siete persone tutte molto care, davvero tutte persone speciali anche per me.


Il Risorto è la nostra forza. Andiamo avanti sempre con coraggio.
Non possiamo più avere paura.
Lui ha vinto la morte per darci la vita eterna.
La strada è già tracciata.
Dobbiamo solo camminare, anzi possiamo proprio correre e trascinare con noi
ogni altro che incrocerà la nostra strada: e saremo tanti, e saremo tutti felici: sempre!
 Questi i miei sinceri auguri anche per te. Buona Pasqua. MaRcella

E queste le vostre risposte. Non c'è distanza che possa allontanare il bene! Il bene supera tutti gli ostacoli, annulla ogni distanza: il bene vince tutto e tutto.


Cara Marcella,stavo fuori Italia per le festivita Pasquali e non avevo con me celulare.Solo oggi ho letto tuo messaggio di auguri,bellissimo,vero e tocante nel cuore.Grazie,per ricordarti sempre di me.Anche io ti faccio tanti auguri anche se in ritardo.Ti abbraccio forte.Renata,Roma

Andare avanti con coraggio, ecco ciò che ci vuole. Grazie dell'invito. Ricambio auguri. fr by.

Un augurio molto bello che ricambio Luciano Zam.

Grazie per il pensiero riacambio anche se in ritardo ciao franco a

Carissima Marcella i tuoi auguri sono sempre bene accetti perche pieni di speranza segno che il tuo cuore e' pieno di amore che solo Lui sa donare. Ti chiedo perdono per il ritardo contraccambio gli auguri a tutti voi mario e assunta
niente mai da scusare, quando di base ci lega il bene! è sempre e solo il piacere di un ricordo, di un saluto. Un abbraccio a voi con tanto sincero affetto

Grazie di cuore e contraccambio benché in ritardo. A presto Francesca S.

Grazie di cuore. Auguri anche a te ed alla tua famiglia. Giuseppe Beretta

Ciao sono fra Fabio. Grazie mille degli auguri di Pasqua. Li ricambiamo con affetto io e mio fratello. Buona Pasquetta a te e alla cara Micaela. Un abbraccio.
Ciao Fabio, auguri cari e proprio per tutto anche a tuo fratello Roberto, e un caro saluto anche da Micaela. Mi sono partecipate tante tue buone notizie: ne sono felice! meriti tanto...vai avanti e ricordati anche le "mie raccomandazioni di mamma"mamma che vuole il tuo bene e proprio in tutto. Vale anche per Roberto!...e anche per voi il mio ricordo nella preghiera.

Grazie del tuo ricordo. Auguri carissimi a te e ai tuoi cari. Stiamo per partire con Padre Roberto per Israele.Ti ricorderemo. Grazia e Massimo Bonelli
Grazie. Adesso sono alle Ghiaie di bonate. Alla cappellina delle apparizioni. Nei campi. Santo Rosario. Ricordo anche voi. Un abbraccio

Salve Marcella, grazie per il bell'augurio di Pasqua. Tanti e sentiti auguri anche a lei e alla sua famiglia! Fra Matteo.
Grazie Matteo. Un abbraccio di vero cuore anche ci tuoi genitori

Un sentito ringraziamento per gli auguri che ricambio con vero piacere! Auguri Marcella, Tuccio Provenzano

Auguri di una buona e santa Pasqua anche a te! Che il Signore ci guidi e ci accompagni sempre. Adriano. (pre-novizio)
...non possiamo dubitarlo, noiche ci professiamo e dichiariamo "credenti!"...e poi abbiamo Sua Madre, nostra ausiliatrice al Suo cuore! ancora auguri! e spero che stai meglio...auguri anche ai tuoi cari

Il Risorto è la nostra forza. Andiamo avanti lsempre con coraggio. Non possiamo più avere paura. Lui ha vinto la morte per darci la vita eterna. La strada è già tracciata. Dobbiamo solo camminare, anzi possiamo proprio correre e trascinare con noi ogni altro che incrocerà la nostra strrada: e saremo tanti, e saremo tutti felici: sempre! Questi i miei sinceri auguri anche per te. Buona Pasqua. MaRcella, Don GPMasseroli

Ringrazio di cuore e contraccambio gli auguri. Dpr (Don Paolo Rossi)

Grazie per la riflessione e ancora auguri di Buona Pasqua Maria Rosa, Biella

Una serena Pasqua a te e alla tua famiglia un abbraccio Silvia Mauro e bimbe

Ciao! Grazie. Anche a te buona pasqua! don Emiliano

Grazie e auguri. Mario Morosini

Grazie Marcella i tuoi messaggi sono sempre splendidi. Buona Pasqua Raffaella, Genova

Grazie.auguri cari. Fredy Sutter

Buona pasqua. Un abbraccio. Manola

Cara Marcella, grazie: parole sante, anche a lei di cuore. Luigi Poppi

In lui viviamo ci muoviamo e siamo prof. Nocera, Roma

Ti ringrazio di cuore per i tuoi graditissimi auguri! Ricambio con un ricordo al Signore: illumini ogni morte, anche quelle piccole e quotidiane, con la forza della sua luminosa misericordia. Buona Pasqua! DTz (Don Tiziano)

Grazie di cuore , buona pasqua a tutti voi. Giorgia

Tanti auguri anche a voi di cuore! Sono stanchissimo, fr.Marco

Grazie del bel messaggio. Ricambio i miei auguri. Chiara
Ancora auguri a te, a tuo papà, a tutti i tuoi cari ed un cordiale saluto, Marcella

Marcella cara, grazie. Ti porto nella mia preghiera e ti chiedo di fare altrettanto. Uniti nel Signore troviamo la nostra pace, la gioia di esserci e la serenità della speranza cristiana. Buona pasqua. Nicoletta, Mantova
...rispondo con gioia alla tua richiesta! del resto anche questo è nei nostri buoni doveri di laici domenicani e noi che "ci crediamo davvero2 davvero ,lo pratichiamo il Suo esempio che fu anche di Domenico e di Caterina e ti tanti che ci hanno preceduto: ora tocca a noi! e noi con gioia rispondiamo ogni giorno "Sì!". un abbraccio, Marcella

Ciao! Grazie. Anche a te buona pasqua! Emiliano Teo
Mia cara Marcella,auguri affettuosi anche a te, Laura

Grazie .tanti auguri anche a voi. Rita Gambirasi

Le tue parole mi danno sempre molta gioia grazie e Buona Pasqua...Luciano Boron (autista Max)

Grazie per il bellissimo e profondo tuo messaggio ! Auguro anche a te con tutto il cuore buona pasqua e che il tuo cammino sia sempre pieno di luce e della grazia di nostro signore un forte abbraccio stefania.

Grazie per le splendide e incoraggianti parole di speranza ora realta' con Cristo risorto !  Auguri a lei e familiari. Francesco sacr.

Grazie. Auguri anche a te! Anna segret prof.Mercuri

Carissima Marcella, è sempre una grazia ricevere i tuoi auguri: grazie del tuo pensiero profondo ne faccio tesoro. Ricambio con affetto, stima e amicizia. Concetta. 

Chi sei? (Serena, mamma di Michela)
la mamma di marcello. un caro saluto a te, anche a michela
Grazie   tantissimi auguri  anche voi
un abbraccio! anche Marcello pensa sovente a Michela...e chissà che non ci si possa anche incontrare una volta. Auguri di vero cuore e proprio per tutto
Volentieri   grazie       a  michela    farebbe piacere     grazia ancora
e anche a Marcello! ho vistoi la bontà di un abbraccio tra di loro la sera della festa di Natale e mi sono commossa: davvero bello volersi bene!...i miracoli alla fine è questo: è il bene che rende possibile ogni miracolo...allora a presto
Sono felice di leggerti. Sono momenti un po faticosi dove spesso mi lascio vincere dallo sconforto. Le persone care e tu sei una di quelle, non mi fanno sentire mai sola. Ti abbraccio con affetto e auguro a te e famiglia i miei più' sentiti auguri. Ti mando un bacio , a presto Nandi.

Grazie carissima e un augurio vero a te e ai tuoi. Emanuela

Grazie di cuore. Buona pasqua. Il frate veneziano.

.grazie x il ricco messaggio che ricambio sinceramente  laura

Auguro a te ed alla tua bella  famiglia una Pasqua  serena, con affetto Irma

Si cara Marcella è il momento di correre senza più dubbi. La strada è lì e Dio ci sostiene sempre.  Buona Pasqua ! Gabriella Rapallo
Chiamami se vieni e ora cari saluti a tutti voi !

Grazie marcella,buona pasqua a te e alla tua famiglia! michi boldi

Grazie e tanti auguri di una Santissima Pasqua anche a voi Giovanni, Tiziana ed Emma.

Buona Pasqua a te e famiglia. Giuseppe Magnani

Contraccambio gli auguri di buona Pasqua. Stefano pc
Marcella cara, sono giorni che penso a te, a Marcello e Miki. Penso a Sarina, a tutti noi. Ai sogni e le speranze. Ti auguro giorni sereni e tutto l'amore che ti meriti  Stefano Cavalleri

Tanti auguri di una buona pasqua a te e famiglia ciao. Luciana Riva (...e la nostra amicizia è nata ...da un mio tamponamento fortuito!...)
Grazie Marcella come sempre.vero! E' l esempio da seguire e andare avanti!buona Pasqua Mauro Cavallone Lu e ragazzi

Grazie. Ros

Tanti sinceri auguri di Buona Pasqua anche  a voi. Rosa e famiglia

Marcella che bello avere il tuo messaggio. Ricambio gli auguri con affetto. Un abbraccio - Linda
Bello anche per me pensare alle persone care...come te!...e si affrontano anche le cose meno belle...dove siamo chiamati a lavorare!!!per un bene più bene, più grande

Un bellissimo pensiero. Buona Pasqua sincera con l'amore di Dio. Silvana vigilessa

Auguri anche a te e famiglia. Il risorto ci dia vita piena. Grazie. La pasqua ci porti gioia e pace profonda. Don giuseppe

Ancora x i tuoi pensieri e un fraterno rinnovato augurio di buona Pasqua

Grazie marcella cara, buona santa pasqua anche a voi tutti, un abbraccio, delfino

Grazie Marcella per il bel pensiero, contraccambio gli auguri. Un caro saluto. Lorena

Ti ringraziamo per le tue belle parole sempre tanto toccanti e con un forte abbraccio ti auguriamo una serena a Santa Pasqua   Ugo e Flores

Buona Pasqua! La gioia Della Risurrezione sia la forza che alimenta la nostra fede...auguri ! Un abbraccio sr. Agnese

Ricambio di cuore tanti auguri Giulio Pandini

Grazie infinite di una serena pasqua a te e famiglia. Le tue parole mi toccano sempre. Sono diventato nonno da 2 mesi con gioia. Ho voglia di vederti. Un abbraccio. Pigato
Bellissimo...immagino la tua, la vostra gioia! diventare nonni è cosa grande! lo vedo con la mia mamma! anch'io ti vedrei molto volentieri! chissà...intanto un abbraccio di vero cuore! a tutti

Buona Pasqua anche a lei e alla famiglia, Tiziano Villa

Grazie Marcella tanti auguri anche a te e ai tuoi cari buona Pasqua don Vittorio

Grazie un abbraccio e buona pasqua

Grazie auguri a te e alla tua famiglia .comunpue ti aspettiamo in valle Carla, Diego

Perdonami Marcella ma come sempre non so mai come rispondere alle tue belle parole.Dico solo grazie augurando a te e famiglia Buona Pasqua. Ciao, Franco Mazzola, fratello Denia

Carissima ti ringrazio di cuore per gli auguri e con gioia pasquale ricambio. Con grande probabilità ti vedremo a bergamo nella ottava di pasqua. Fra cristiano Dorival

Grazie! Per i tuoi preziosi e importanti auguri. Anche a te auguri di ogni bene e che Dio ti benedica sempre! Roby F. (Roby Facchinetti)
le mie semplici cose, sempre però vere, sincere: sempre dal cuore! Un abbraccio sincero e ancora auguri cari, belli e proprio per tutto! Marcella

Grazie Marcella e ricambio fr.Angelo Piagno
Buona Pasqua a tutta la famiglia, grazie dei caldi auguri che qui nella fredda pioggia di Assisi scaldano il cuore. Un abbraccio Remo e Mary
Bellissimo pensarvi lì! sono felicde per voi, per i bei ricordi lì ora rinnovati! vi penso, vi ricordo...e portate un saluto mio a Matteo, che anch'io ricordo nella preghiera...e Maria non manca di proteggerci proprio tutti e di perorare le nostre cause davanti a Suo figlio...e Lui l'ascolta e "tutto a tempo debito!", sempre secondo i Suoi tempi, Lui tutto sempre c i dona!...è così!

Gesù Risorto ti doni tanta Luce, Serenità e Santità. Grazie. Auguri a te e a tutti i tuoi cari Raffaella Roma
Sei un tesoro mio angelino custode Titti Foti Firenze

Grazie per il pensiero. Buona pasqua a tutti. Carlo Suardi

Con il sorriso negli occhi ma soprattutto nel cuore auguro a tutti voi una serena Santa Pasqua Claudia e fam Claudia Bertuletti

Ricambio di cuore! Auguri! Giuseppe Roma

ciao Marcella, grazie degli auguri sono x me motivo di riflessione e approfondimento e anche di speranza di un rapporto sempre vivo, sincero e con lui di mezzo sempre...grazie..buona Pasqua x oggi, Gabri

Ricambio di cuore, Franco Tentorio

Buona pasqua anche a tutti voi che ci porti tanta serenità nei nostri cuori un caloroso abbraccio da paola e fam Verdicchio

Tantissimi auguri di una serena e Santa pasqua che il Signore risorga ogni giorno nei nostri cuori. sr.Angela, Nocera

Cristo è risorto che questa Pasqua di resurrezione lo sia in generale per tutto . Auguri . Massimo e Family Boldi

Grazie e BUONA CONTINUAZIONE !!! Don Ennio.

Auguri belli anche a te.

Il risorto ti concedi tutto cio che il tuo cuore desidera per te stessa e la tua famiglia alleluia! Buona Pasqua
LINA Panarese

Auguri, Maurizio T.

Sono felice corriamo insieme marcella. Tua mariangela, Roma

Cordiali affettuosi auguri. Motta

Che sia una resurrezione per tutti, vera e piena di grazia. Un abbraccio Anna, San Remo

Auguri di cuore a te e ai tuoi cari. Bacio, Giuliana

Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Che questo annuncio dell'angelo mai sì offuschi nella nostra mente! Un abbraccio a tutti voi. fra Guido B.

Sei la sorpresa nell'uovo pasquale,gradita. Ti leggo molto volentieri e, sic mala tempora currunt, contraccambio sinceramente ricordandoti Attilio Stella

Cara tantissimi auguri di cuore a te e famiglia.... E a presto....Pina M., Roma

Ricambio di cuore a te e famiglia. Antonella G., Milano

Grazie cara e ricambio con affetto un abbraccio e a presto pina paola, Roma

Grazie cara ricambio con tanto affetto angela

Tanti AUGURI DI BUONA PASQUA GIOVANNI LORENZI E FAMIGLIA

I nostri migliori auguri di una santa Pasqua di pace e serenità. Sergio e Laura

Tanti auguri di una serena Pasqua a te e famiglia Beppe DG

Buona Pasqua anche a te Amando g.

Il Signore è davvero Risorto! Auguri Marcella

Ciao Marcella, ti ringrazio tanto per gli auguri che ricambio di cuore a te e alla tua famiglia. Un abbraccio forte aldo

Auguri e grazie di cuore, Roberto Gontero

Auguro una lieta pasqua. Adele e famiglia

Nella luce della Resurrezione di Cristo formulo vivissimi auguri di pace e gioia. P. Michael

Don Giulio, Santa Pasqua domenica 8 aprile, Lunedì dell'Angelo 9 aprile 2012


Buona e santa Pasqua
don Giulio

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VANGELO DI RIFERIMENTO

Dal Vangelo secondo Giovanni
Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro
di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata
tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro
discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il
Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». Pietro
allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro.
Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce
di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati
là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva,
ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che
era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un
luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto
per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora
compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.



RIFLESSIONI
PER PASQUA
E PER IL LUNEDÌ DELL'ANGELO



8 aprile 2012

LA SORPRESA DELL'UOVO DI STEVEN
Pasqua B


Di fronte al burrone buio della morte,
di fronte al burrone buio della morte di Gesù in croce,
di fronte al burrone buio delle nostre morti interiori
(a cui diamo il nome di fallimenti, delusioni, illusioni, disillusioni,
ferite, abbandoni)
noi abbiamo sempre le vertigini.

Per comprendere queste vertigini,
alla luce del messaggio del Cristo Crocifisso Risorto,
vorrei raccontarvi la storia di un bambino, Steven,
di 9 anni, paralizzato e bloccato sulla sedia a rotelle
da un tragico incidente stradale nel quale, tra l'altro, ha perso
il suo papà.

Nei giorni vicini alle vacanze di Pasqua,
l’insegnante diede a tutti gli alunni un uovo di plastica,
vuoto nel mezzo, con il compito di riempirlo
con qualcosa che dicesse, secondo loro,
il senso della festa che si celebra, il senso della Pasqua.

L’insegnante avrebbe aperto le uova portate dagli alunni
commentando i simboli scelti dai ragazzi,
ma era alquanto preoccupata di non urtare la sensibilità di Steven
e ciò la metteva in agitazione.

Aprendo il primo uovo
la maestra trovò un bellissimo fiore, giallo splendente.
Pensò tra sé: “Non è sicuramente il suo!”.
Allora tranquilla disse: “Questo fiore è simbolo della natura che
sboccia e rinasce.
Pasqua è un risveglio di nuova vita,
il caldo canto della primavera vince il freddo silenzio
dell'inverno!”.
Un bambino, non Steven, si alzò in fondo alla classe dicendo:
“Maestra, è il mio!”.

In un altro uovo trovò una farfalla che subito volò via.
La maestra pensò: “Questo può essere quello di Steven,
perché per lui la vita è volata via in quell’incidente”.
Commentò: “È un bellissimo simbolo della Pasqua,
si rompe il guscio per passare da una vita ad un’altra,
dalla crisalide alla farfalla,
un passaggio di dimensione dal bruco che striscia sulla terra
alla farfalla che danza libera nel cielo”.
Ma un altro bambino, non Steven, disse:
“Maestra è il mio!”.

In un terzo uovo la maestra trovò un pezzo di roccia
e pensò che fosse sicuramente quello di Steven,
solo per lui la vita poteva essere così dura
da vedere in un sasso il simbolo della Pasqua.
“Anche la roccia può essere un bel simbolo di Pasqua:
sulla roccia poggiano le fondamenta delle nostre case,
come sulla forte roccia dell’amore si fonda la nostra vita.
Poi ci ricorda la pesante pietra del sepolcro di Gesù che chiudeva
tutto,
che è stata ribaltata il mattino di Pasqua da un'energia di
vita".
Con gran fatica la maestra aveva trovato una motivazione.
Ma un altro bambino, non Steven, disse:
“Maestra è il mio!”.

L’insegnante aprì poi un altro uovo e vide che era vuoto.
Un silenzio gelido avvolse la classe.
Steven, alzando la mano disse:
“Maestra, non dici niente sul mio uovo?”

“Perché è vuoto?”, chiese la maestra arrossendo dal disagio.

Steven le rispose: “Anche Maria, la mamma di Gesù, le altre donne e i
discepoli,
quando corsero al sepolcro il mattino di Pasqua, lo trovarono vuoto.
Il vuoto è diventato il messaggio della forza della vita”.

Un silenzio, pieno di vertigine, avvolse la classe.

Era lo stesso silenzio, pieno di vertigine, del sepolcro al mattino di
Pasqua.

Steven con quel vuoto gravido di silenzio aveva insegnato
alla sua maestra, ai suoi compagni – e a noi oggi –
il vero significato della Pasqua che il Dio di Gesù Cristo ci consegna:
senza Dio il mondo è un assurdo,
con Dio il mondo è un mistero.

Il segno della risurrezione è una pietra spostata che offre un vuoto.
La pietra non è disintegrata, non diventa leggera, non sparisce.
C'è e resta, pesante e grande. Ma spostata.

Alle donne e agli apostoli non viene consegnata una dottrina da
deglutire,
ma nel chiaroscuro dell'alba viene sussurrato un "non abbiate
paura".

La verità della risurrezione non è un'evidenza, ma una vertigine,
e, per dirla con le parole del cantautore Jovannotti,
“la vertigine non è paura di cadere ma è voglia di volare”.

Gli orientali, che amano giocare con le parole, esprimono così questa
vertigine:
"È impossibile, sentenziò l'orgoglio;
è rischioso, specificò l'esperienza;
è inutile, tagliò la ragione.
Provaci, sussurrò il cuore".

Sia questo l’augurio più bello di questa Pasqua,
di fronte alle vertigini dei silenzi dei misteri della vita,
di fronte al vuoto nel quale rimbombano i battiti del cuore e i
dibattiti della testa.

Il masso dei nostri dubbi, delle nostre fragilità, delle nostre ferite
resta,
grosso e pesante, ma "spostato".
Gli apostoli che vanno al sepolcro non trovano una certezza,
ma una scommessa: la pietra è stata spostata.

Cristo non ti dice: riuscirai a distruggere a pezzi il masso! No!
Cristo non ti dice: ti libererai dal peso che ti schiaccia! No!
Cristo ti dice invece: "L'ho fatto io per te: Te l’ho spostato!
Non aver paura! Tu devi solo uscir fuori!".
Quante volte ci ripetiamo “tirati fuori dalla buca!”.
Gesù che esce dal sepolcro ci toglie dalle nostre tombe interiori.

L'annuncio della risurrezione è dato all'alba
quando c'è abbastanza luce per chi vuol vedere
e sufficiente buio per chi non vuol vedere. Così è la fede.

"C'è chi si fissa a vedere il buio.
Io preferisco contemplare le stelle" (Victor Hugo).

Il celebre drammaturgo Achille Campanile,
in un suo testo pone un dialogo tra un credente e un ateo.
Al primo che diceva: “Io sono credente,
ma afflitto dal dubbio che Dio non esista”
l’altro rispose: “Io peggio! Io invece sono ateo,
afflitto dal dubbio che Dio esista realmente. Ed è terribile!”.

"La vertigine non è paura di cadere, ma voglia di volare":
così sia il nostro modo di amare,
così sia il nostro modo di vivere,
così sia il nostro modo di credere.
Così sia Pasqua di risurrezione per ciascuno di noi.



9 aprile 2012

LA SPERANZA È L'ULTIMA A MORIRE
Lunedì dell’angelo

Non ci può essere più grande notizia per l’uomo che questa:
la morte ha perso il suo antichissimo privilegio di dire l’ultima
parola.
E allora fare Pasqua è veder risorgere in noi la speranza.
Proprio come dice il proverbio: "La speranza è l'ultima a
morire".

La nostra vita è ritmata continuamente da mille “speriamo”:
speriamo che con qualche pastiglia ci passino i dolori,
speriamo che il superenalotto ci risolva tutti i problemi,
speriamo che le previsioni del tempo ci promettano il bello,
speriamo che sul lavoro non sorgano troppe complicazioni,
speriamo che i nostri rapporti sentimentali tengano.
Ma questa non è “speranza”, questo è “ottimismo”.
Troppe volte noi confondiamo “speranza” con “ottimismo”.

Ottimismo è riuscire a vedere l’aspetto positivo della realtà
ignorando l’altra faccia, quella negativa.
La speranza, invece, colora la realtà per quella che è, standoci dentro.

Con la speranza cristiana non funziona il solito esempio:
“vedo il bicchiere mezzo pieno e non mezzo vuoto".
No, perché il sepolcro è tutto vuoto e questo è l’unico dato certo.

E non vedremo mai Gesù venire a confortarci dicendoci che
dopo tutto qualcosa dovrà pure andare per il senso giusto.
No, tant’è vero che a lui è andato tutto storto!

C’è solo una parola che abita la Pasqua: “Non temere!”.

Dio ci insegna, vincendo la morte, che
non è mai troppo tardi per cominciare a sognare,
ma è sempre troppo presto per smettere di farlo.

È bellissimo per noi vedere i discepoli e le donne arrivare al sepolcro,
dubbiosi, tristi, scoraggiati, delusi,
e tra mille "perché, se, ma, però"
non sentirsi dire dall’angelo altro che: “Non temete! Non abbiate
paura!”.

È il grido della speranza, è il canto della Risurrezione.
Ed è curioso che nella Bibbia compaia 365 volte,
come se fosse preparato per noi una volta al giorno.

Oggi, dinanzi al vuoto del nostro cuore, simile al sepolcro,
dinanzi ai pesi della nostra vita, simili al grande masso,
dinanzi a nostri passi incerti e inquieti, come gli apostoli,
l’angelo della risurrezione viene a ridire: “Non temere!”.

È questo il senso del bellissimo simbolo dell’uovo:
rompi il tuo guscio, lotta per venire alla luce, apriti alla vita!

Gli antichi vedevano nel guscio il sepolcro,
nel bianco dell’uovo la luce di Dio,
nel giallo la vita nuova: la “sorpresa”.
Per questo è diventato il simbolo della Pasqua.

Che la calda voce dell’angelo che ci sussurra “non temere”
penetri come lama di luce il pesante guscio opaco del nostro cuore
ci dia la forza di guardare alla vita come ad una sorpresa,
convinti che nulla ci può più spaventare o schiacciare
perché la morte ha perso il privilegio di dire l’ultima parola.

Cristo rompe il guscio delle rigidità che ci imprigionano
per farci “venire alla luce”.
Siamo noi la sorpresa dell'uovo della vita che oggi Dio ci ridona.
Questo è il vero "uovo di Pasqua".
E la nostra vita è buona ed è tutta da gustare, ci dice Dio,
proprio come simboleggiano le uova di cioccolato o quelle benedette.

Gustiamo la sorpresa di una vita nuova.
Non è mai troppo tardi per cominciare a sognare,
ma è sempre troppo presto per smettere di farlo.