domenica 29 aprile 2012

Don Giulio, domenica 29 aprile 2012


Buona domenica
don Giulio

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VANGELO DI RIFERIMENTO

Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà
la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al
quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le
pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un
mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore,
conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre
conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho
altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io
devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge,
un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita,
per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me
stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo.
Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».


RIFLESSIONE

29 aprile 2012

AMARE O CALCOLARE: QUESTO È IL PROBLEMA
4a domenica di Pasqua


La vera devastante solitudine non è di chi è solo con se stesso,
ma di chi è in due e spera di poter essere da solo.

È questa la verità della Parola di Dio di oggi:
non c’è oroscopo, astro parlante o palla di cristallo,
non c’è talismano o formula o cartomante
che ci possa donare dei tempi migliori.

La parola di Dio ci dice che non serve a nulla rimpiangere tempi
migliori,
ma dobbiamo impegnarci noi, qui e adesso, a migliorare la qualità del
tempo.
Non è il tempo che è negativo, ma siamo noi che lo usiamo male.

Gesù ci consegna per questo l'immagine del pastore.
Proviamo allora a guardare un gregge.

Uno studio interessante ha evidenziato che osservando con attenzione
il recinto di un gregge stanziale si possono distinguere nettamente
due tipologie di pecore: alcune grasse e altre molto magre.
Fa eccezione il caso medio.

Alcune pecore stanno l’intera giornata appoggiate alla staccionata
a guardare al di là dell’ovile e sono quelle più magre, smunte,
deperite.
Altre pascolano tranquille dentro l’ovile e sono quelle grasse e
paciose.

Le prime sono magre perché desiderano e cercano di mangiare l’erba
al di fuori del recinto e non ci arrivano.
Le grasse, invece, sono quelle che hanno girato la testa
e si sono dette: “guarda! c’è l’erba anche qui!
ma io ho già l’erba da gustare, perché devo desiderare quella fuori?!”.

Una seconda riflessione invece nasce dall’osservare un gregge in
movimento:
si stringe compatto per scoraggiare l’aggressore.

In realtà ciò che muove e stringe il gruppo è l’egoismo dei singoli:
ogni pecora cerca rifugio il più possibile all’interno per allontanarsi
dal pericolo,
lasciando così i più deboli all’esterno in balia del predatore.
Il gregge non è sinergia, ma è egoismo organizzato.

Una terza sottolineatura ce la offre il Vangelo di oggi
contrapponendo il mercenario al pastore.

Il mercenario – che tanto, anzi troppo, ci assomiglia –
vive, pensa, ama con una "logica da condominio" che è:
importante è perderci il meno possibile ma guadagnarci il massimo,
essere vicini per condividere le spese
ma rimanere a distanza di sicurezza per non farsi spiare;
salutarsi e sorridersi perché ti può sempre servire qualcosa,
ma non sbilanciarsi mai a diventare amici perché poi ti lega troppo.
Insomma insieme sotto lo stesso tetto, ma isolati,
ognuno chiuso protetto dalla sua porta blindata.

Per questo Gesù, il buon pastore, oggi ci insegna ad essere “egregi”.

“Egregio Signore” è per noi solamente un’espressione da lettera,
invece nella sua radice cela un messaggio meraviglioso.
“Egregio” viene dal latino “ex-grege” che significa fuori dal gregge.
L’egregio, ex-grege, è colui che si toglie da questa logica di egoismo.

Oggi è anche la giornata delle vocazioni.
La vocazione non è solo dei preti e delle suore, la vocazione è di
tutti:
la vocazione è la qualità che vuoi per la tua vita,
il come la gusti,
lo stile con cui utilizzi il tuo tempo e con cui vivi le tue relazioni.

In questo senso la vocazione è il sogno di Dio sulla tua vita:
quell'amore che scegli per dare forma e compimento a ciò che sei.

La vocazione è la realizzazione di una vita egregia
come marito e moglie, padre e madre, uomo e donna, cittadino e credente.

La vocazione è quindi la realizzazione della propria vita,
è quella fede che dà profumo ad ogni gesto che compi, anche se
insignificante,
è quella forza che ti fa andare avanti comunque e nonostante tutto.

Che il Signore ci aiuti ad essere “buoni pastori” della nostra vita
e a smetterla di essere “mercenari”, cioè stressati sciupatori di tempo.

La sfida invece è fare dell'amore la scelta vocazionale che dà
forma alla vita
per essere "e-gregi",
non tanto su un indirizzo di una busta da lettera,
ma nei sentimenti, nei pensieri, nelle azioni che sulle pagine del
quotidiano
inviamo all'indirizzo del cuore di chi condivide con noi la vita.

Vocazione è voc-azione: "voce" più "azione".
È "voce": cioè quello che pensiamo, diciamo, chiamiamo,
chiediamo.
È "azione": cioè quello che facciamo, decidiamo, scegliamo.

Quindi non è un "sì" detto una volta nella consacrazione o
nel matrimonio,
ma è un "sì" da dire ogni giorno alla qualità della vita.

Rendiamoci conto che quando l'amore è portato a vivere di ricordi
è come un naufrago che mette mano alle ultime scorte di viveri.
Per questo, la vera devastante solitudine non è di chi è solo con se
stesso,
ma di chi è in due e spera di poter essere da solo.

Calcolare o amare? Invidiare o gustare? Guinzaglio o rete?
Mercenari o pastori? Mediocri o egregi?
Essere o non essere? Questo è il problema.

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