domenica 22 aprile 2012

Don Giulio, domenica 22 aprile 2012

Buona domenica
don Giulio

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VANGELO DI RIFERIMENTO

Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, [i due discepoli che erano ritornati da Èmmaus] narravano [agli Undici e a quelli che erano con loro] ciò che era accaduto lungo la via e come avevano riconosciuto [Gesù] nello spezzare il pane.
Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho». Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: «Avete qui qualche cosa da mangiare?». Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro.
Poi disse: «Sono queste le parole che io vi dissi quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi». Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni».


RIFLESSIONE

22 aprile 2012
PIÙ UNA LUCE È FORTE, PIÙ GENERA OMBRE SCURE
3a domenica di Pasqua B


Più una luce è forte e più genera ombre scure.
È una legge della natura:
se non vuoi le ombre hai una sola possibilità: devi spegnere il sole.
Le giornate senza ombre sono quelle grigie e uggiose.
Le giornate piene di sole sono quelle che hanno le ombre più nere.

La luce del Risorto ha avvolto più volte gli Apostoli
ed oggi ancora fanno fatica a credere:
li ritroviamo con un peso sullo stomaco e un macigno sul cuore,
proprio loro che sono stati gomito a gomito con Gesù
che lo hanno guardato negli occhi,
che gli hanno parlato faccia a faccia.
Che bello vedere che fanno fatica a credere anche loro,
anzi, proprio loro!

Ci troviamo dentro in questa pagina di Vangelo
tutte le ombre scure che attraversano il nostro cuore,
tutti quei punti di domanda che feriscono il profondo di noi stessi,
tutte le nostre fatiche, le nostre lentezze, le nostre scivolate,
i nostri dubbi sulla fede e sulla nostra stessa vita.

Quando hai lavorato tanto e un altro si prende il merito,
quando hai studiato tanto e un esame ti va male,
quando hai faticato tanto e non vedi alcun risultato
allora ti viene da buttare via tutto e ti chiedi:
cosa sto qui a fare? a cosa vale fare tanta fatica?

Quando tutto sembrava andare “abbastanza” bene
e lei o lui lascia e finisce una storia e tutto crolla addosso
e ti chiedi: a cosa servono tante promesse? era tutto finto?

Quando la malattia irrompe e incatena qualcuno che ami
o addirittura il cielo crolla, se lo prende, lo strappa via,
e tutto non ha più sapore e ti chiedi:
perché? che senso ha andare avanti?

In questi giorni ho colto la luce del Risorto
negli occhi profondi di una persona
che guardando alla sua storia tormentata diceva:
“L’amore non serve a niente, ma quando c’è cambia tutto!”.

Penso sia questa la buona notizia del Vangelo di oggi:
se in noi ci sono ombre, anche le più scure,
è perché c’è la luce.

Se non vedessimo le ombre, non saremmo luminosi o perfetti,
saremmo ancora più tristi perché saremmo opachi e grigi.

La fede, come l’amore, non serve a niente
ma sa trasformare la nostra realtà: cambia tutto
perché ti cambia gli occhi e il modo di attraversare la vita.

Gesù, per primo, si accorge che le parole non bastano.
I suoi amici sono pieni di dubbi. Che cosa fa allora?
Dice loro: “Sentite amici, venite qui, mettiamoci a tavola”.

Gesù poteva convincere della sua risurrezione
con effetti spettacolari o miracoli strabilianti
e invece risponde al dubbio con un gesto che sa di quotidiano,
che ha il sapore di casa, di famiglia, di relazione “normale”.

Mi viene da spiegarlo con ciò che succede dopo un incendio:
i vigili del fuoco spengono le fiamme, vincono il fuoco,
ma non basta, bisogna mettersi lì e rifare tutto da capo.
È triste, ma se una casa era bella, si può rifare bellissima,
anche se ciò costerà sudore, fatica, sacrifici e tante lacrime.

Avere fede nella Risurrezione vuol dire questo:
ciò che è crollato, fallito, finito, ciò che in te è buio o ferita,
non puoi lasciarlo così, facendoti paralizzare dalle lacrime,
devi rifarlo nuovo, ma più bello di prima, anche se costa molto.

Il Risorto dona la sua pace, ma mostrando le sue ferite.
Ci mostra la sua luce, ma prendendo in mano le ombre,
anzi facendosi bucare le mani e stracciare il cuore dalle ombre.

Dio non dà la soluzione ai problemi, ma la forza per affrontarli.

Avere questa pace interiore, cioè avere dentro la forza della fede,
significa scoprire un senso nell’oggi, nonostante la fatica,
significa sfidare le ombre dei fantasmi del passato,
prendere in mano il peso di ciò che ti schiaccia oggi
e guardare dritto negli occhi al tuo domani da costruire.

Se credessimo alla felicità con la stessa facilità e convinzione
con cui crediamo al male e alla negatività
il mondo, ma soprattutto la nostra vita e le nostre storie
fiorirebbero in una primavera di vita nuova.



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