domenica 27 maggio 2012

Don Giulio: domenica 27 maggio 2012


Buona domenica e buona festa di Pentecoste

don Giulio



___________________



VANGELO DI RIFERIMENTO



Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando verrà il

Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che

procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date

testimonianza, perché siete con me fin dal principio. Molte cose ho

ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il

peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la

verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà

udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché

prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il

Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è

mio e ve lo annuncerà».





RIFLESSIONE



27 maggio 2012



SIAMO ADULTI O VECCHI?

Solennità di Pentecoste





Friedrich Nietzsche, in "Al di là del bene e del male", dice:

"Maturità dell'uomo:

significa aver ritrovato la serietà che da fanciulli si metteva nei

giochi".



Penso che questo sia uno squarcio interessante per capire la Pentecoste,

l'immenso dono dello Spirito Santo dopo 50 giorni (pente-coste)

dalla Pasqua.



Un bambino può insegnare sempre tre cose ad un adulto:

a essere contento senza motivo,

a occupare tempo e mente con poco ed essere soddisfatto

e a pretendere con ogni sua forza quello che desidera.



In questa festa della terza persona della Trinità, lo Spirito Santo (la

più dimenticata)

ci viene riconsegnato un impegno serio.

Il Padre, il Creatore, ci dona ogni giorno la natura e la vita. È la

sorgente.

Il Figlio, il Crocifisso Risorto, ci dona la speranza della forza

dell'amore. Il traguardo.

Lo Spirito Santo è energia di vita: è lo stile di un cammino che esige

qualità.



C’è un momento nella vita della Chiesa in cui i bambini vengono messi

nel mezzo

e diventano grandi: è la cresima. I cresimandi sono letteralmente

“adolescenti”.

In latino “adultus” è participio passato del verbo “adolescere”:

vuol dire quindi “cresciuto”, mentre adolescente è "colui che sta

crescendo”.



In questa solennità ripensiamo allora a quella "nostra"

Pentecoste che è la Cresima.

Un gesto da ragazzi che ha una responsabilità da adulti.

Come ogni sacramento che si celebra una sola volta (battesimo, ordine,

matrimonio)

ha la dimensione del "per sempre".



La “cresima” è la “confermazione” del battesimo. Due termini densi di

significati.



È innanzitutto un rito di passaggio: si conferma in modo personale e

autonomo

la scelta fatta dai genitori nel battesimo (da qui il nome

"confermazione").

Nel “rispondere” si accetta una “responsabilità”. Si diventa “adulti

nella fede”.



È il “passaggio” da fruitori ad attori nella comunità.

Per chi vive un cammino di fede personale e solitario deriva da qui una

domanda

oggi rilanciata in modo speciale: come posso essere attore nella mia

comunità?

C'è qualcosa che posso fare per gli altri? Anche solo ogni tanto.

Ma la stessa domanda arriva anche a chi già nella comunità ha degli

impegni

e oggi deve chiedersi: sono collaboratore o complicatore?



Il secondo termine, “cresima”, ci rimanda invece al modo della

celebrazione:

il Vescovo fa un segno della croce sulla fronte con il “crisma”,

che è olio misto col balsamo (non quello dello shampoo ma una densa

essenza),

"olio santo", benedetto solennemente dal Vescovo ogni giovedì

santo.

Come ogni simbolo ci ricorda alcune caratteristiche della nostra fede.



Si usa l’olio innanzitutto perché l’olio è qualcosa che penetra a

fondo,

senza far rumore, proprio come lo Spirito Santo, l’efficacia silenziosa

di Dio.



L’olio nell’antichità veniva poi usato dagli atleti nelle lotte per

tonificare i muscoli

e rendersi scivolosi all’avversario. Così è l’opera dello Spirito

Santo:

aiuta ad affrontare la vita e rende scivolosi alle sfide quotidiane del

male.



Ma è olio misto al balsamo, una rara essenza di profumo.

Nell’antichità era una fragranza posseduta solo dal re, tanto era

preziosa,

così chi aveva quel profumo era subito riconosciuto come principe,

“figlio del re”.

Si legge nella Bibbia, in Isaia: “Dio scrive il nostro nome sul palmo

della sua mano”.

Come un innamorato si fa un tatuaggio che ricorda per sempre l’amata,

così Dio ha scelto il palmo della sua mano per mettere il nostro nome,

così che non ci sia mai alcun suo gesto, nemmeno il più insignificante,

nel quale non pensi con amore a ciascuno di noi.

Gli antichi chiamavano lo Spirito Santo il "dito della mano di

Dio",

così Dio ci dice: “Anche se tu non ti ricordi di me o non credi in me

non preoccuparti, io non smetterò mai di credere in te e di scommettere

su di te!”.



Il balsamo viene da una resina che ha anche un’altra qualità: quella di

conservare. Tanto potente da conservare persino dalla corruzione della

morte,

come avevano scoperto nell’antico Egitto e il Faraone si faceva

“imbalsamare”.

Pensiamo anche alle donne che il mattino di Pasqua vanno al sepolcro

“con olio profumato”, dice il Vangelo, per cercare di conservare il

corpo di Gesù.

Lo Spirito Santo è il balsamo che “conserva” la bellezza della vita,

ogni suo attimo denso e importante.

Anche se le complesse vicende delle nostre storie ci fanno dimenticare

tante cose,

Dio ricorda, anzi “imbalsama” ogni nostro gesto d’amore vero, anche il

più piccolo.

Dio non conserva le nostre fragilità, ma le nostre densità.



Bellissimo rileggere in questo senso il nome che Gesù usa per indicare

lo Spirito:

"il Paraclito" che significa "il difensore".

Dio non difende solo "dal" male, fa molto di più: difende e

custodisce "il" bene.



Lo Spirito Santo non è un bodyguard, ma un banchiere che investe sul

mio capitale,

su quel capitale che è la mia vita, le mie storie, le mie qualità, i

miei gesti d'amore.



Lo Spirito Santo, che il Vangelo raffigura come fuoco che scalda e

infiamma,

ci ricorda oggi la responsabilità di essere "adulti", cioè

"cresciuti".

Lo Spirito Santo è una sfida perché ogni giorno ci chiede: quanto sei

cresciuto?

Chiediamoci: la mia fede è adulta? il mio amore è adulto? la mia etica

è adulta?

la mia cultura è cresciuta? la mia comprensione di persone e cose è

cresciuta?

quanto? quando? come?

Sei caldo, infiammato o freddo? o peggio, sei tiepido?



Paragoniamoci ai bambini che sanno essere contenti senza motivo,

sanno occupare il tempo con poco e divertirsi,

sanno pretendere con ogni forza quello che desiderano.

"Non siamo più bambini", forse però nel senso peggiore.

Magari fossimo almeno così.



Einstein diceva: "Un uomo è vecchio quando in lui i rimpianti

superano i sogni".

E non conta l'età anagrafica: ci sono ragazzini vecchi e anziani

giovani.



Lo Spirito Santo che scuote le mura del cenacolo, oggi scuote noi per

dirci che

chi sa sognare ad occhi aperti può tutto. Questo è il segreto della

maturità.



Siamo adulti o vecchi?

Dio ci ha fatto uomini e ci vuole "adulti". Non vecchi.

Chiediamoci: subiamo l'invecchiamento o ricerchiamo maturità?

Maturità significa ritrovare la serietà che da fanciulli si metteva nei

giochi.

Lo Spirito Santo è il giocarsi di Dio per la qualità della nostra vita.

È una cosa seria.

Lo Spirito Santo è il sogno ad occhi aperti di Dio su di noi, per

questo può tutto.

giovedì 24 maggio 2012

Giovedì 24 maggio 2012 Solennità di San Domenico: mia Professione Solenne

Chiesa dei SS. Bartolomeo e Stefano


Frati Domenicani

Largo Belotti, 1 – Bergamo





Giovedì 24 maggio 2012

Solennità di San Domenico







Ore 18 Vespri Solenni



Ore 18:30 la Santa Messa presieduta da fra Francesco Poloni OP

Direttore del prenoviziato



All’interno della celebrazione eucaristica anche il rito

della mia professione solenne di laica domenicana

dove per l’Ordine prenderò il nome di Sr. Raffaella Maria Caterina OP





Se ci potrai essere sarò lieta di poter condividere anche con te questo mio nuovo punto di partenza! Sì, un nuovo punto da cui ripartire con slancio, con forza, per le Sue strade,

nella certezza che Lui è sempre con me.

E’ vero, sono certa che è così!

Sono certa della Sua presenza con me sempre:

Lui non mi ha mai evitato le difficoltà, ma mi ha ricolmata della Sua presenza:

mai mi sono sentita abbandonata, mai sono rimasta sola!

Lui ha condiviso le mie gioie, così come la Sua presenza mi è stata forza e sostegno nei momenti dell’angustia, del dolore e so sarà così sempre, sino al mio ultimo respiro!





La mia professione solenne nel giorno della Solennità di San Domenico e senza

che nulla fosse stato programmato: tutto come da Suo progetto.

Debbo aggiungere altro? No.

Devo solo e sempre fidarmi, affidarmi a Lui in tutto e per tutto.



Anche di questo Gli rendo grazie, anche per questo prego per te e a te chiedo di ricordare anche me,

confidando sempre nell’amore materno di Maria Santissima.





Riconoscente a Lui per Suo grande Amore, per il bene che mi dona di poter fare, imploro per te le Sue grazie più belle.

Sia sempre forte la nostra fede, legati a Lui e tra di noi dalla preghiera, nostro forte baluardo!



Un abbraccio forte di amore e di riconoscenza a Lui, a te, con tutto il mio bene,





Marcella

(Sr. Raffaella Maria Caterina OP)





Seguirà un momento di fraternità nel chiostro del convento

domenica 20 maggio 2012

Don Giulio: domenica 20 maggio 2012


Buona domenica

don Giulio



________________________________



VANGELO DI RIFERIMENTO



Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in

tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e

sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato.

Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio

nome scacceranno demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano

serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno;

imporranno le mani ai malati e questi guariranno». Il Signore Gesù,

dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra

di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il

Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che

la accompagnavano.





RIFLESSIONE



20 maggio 2012

DIO STA IN CIELO

Solennità dell’ascensione di Gesù al cielo





Oggi con la Chiesa ricordiamo il mistero di Gesù asceso al cielo.

Se Dio sta nei cieli ci possono essere motivi diversi per fare festa.



Se Dio sta in cielo, oggi è in festa chi pensa che Dio non esiste,

perché le scoperte scientifiche ci hanno aperto le porte del sistema

solare.

L'astronauta Juri Gagarin nel suo viaggio nello spazio – il primo

della storia –

affermò: "Non vedo alcun Dio quassù".



Se Dio sta in cielo, oggi è in festa chi pensa che si può fare a meno

di Dio.

Lui sta là, in alto, sulle nuvole e noi stiamo qui sulla terra a

faticare

o comunque ci facciamo comodamente i fatti nostri molto volentieri.

Senza di lui. Tanto Dio è distante, non risponde mai e forse nemmeno

ascolta.



Se Dio sta in cielo, oggi, per chi crede nel Dio di Gesù Cristo,

è la festa della vicinanza di Dio.

E dobbiamo ringraziare chi la pensa in modo diverso perché la scienza

non è contro la fede, ma ci può aiutare a capire alcune qualità

essenziali di Dio,

togliendo tanti fronzoli e recuperando il nucleo del mistero.



Se Gesù sale “in cielo”, allora chiediamoci realmente: dove è il cielo?

Proviamo a pensare a come si può disegnare il cielo.



Un bambino disegna il cielo come una striscia blu, in alto al foglio,

chiuso, staccato, lontano. Un cielo irraggiungibile, troppo in alto.



Un ragazzo riempie di azzurro tutto il foglio.

La terra è una striscia verde in basso e il resto è cielo.

Il cielo copre ogni spazio, è la realtà più vasta, avvolge tutto.

Per l'adolescente il cielo è lo spazio del volo libero di fantasie,

sogni e sentimenti.



Un adulto nei suoi disegni non mette più il cielo.

Forse perché noi "grandi" siamo troppo abituati a tenere i

piedi per terra

o forse perché sappiamo che il cielo è ovunque

e le nuvole grigie della vita hanno macchiato e scolorito quella bella

poesia blu.

Il cielo è per noi uno spazio ovvio,mal massimo da misurare o in cui

viaggiare.



Esattamente come per Dio: può essere tutto staccato o tutto avvolgente,

oppure talmente ovvio da non essere più nei nostri calcoli e nei nostri

pensieri.



Proviamo a chiederci: dove è per me il cielo?

Come disegno il cielo nella mia vita?

Quindi, che tipo di Dio ho nella mia vita?



La scienza ci dice che l’azzurro del cielo in realtà non esiste, perché

non è altro che un effetto ottico dell’aria che respiriamo, cioè

dell'atmosfera.

Ma proprio questo ci suggerisce una meravigliosa qualità di Dio

quella cioè di essere come l’aria.

L'aria non fa rumore, non si fa notare, ma c’è sempre attorno a noi,

a nostro servizio, senza doverle chiedere per favore o dirle grazie.

Dio, come l'aria, ci avvolge, ci precede nel nostro alzarci al

mattino

e va a letto dopo di noi la sera, anzi ci sta accanto nella notte buia.



Non c’è angolo, anche il più buio, sporco, segreto, nascosto della terra

in cui l’ossigeno non sia lì prima di noi e per noi.

Anche nella nostra vita non c’è angolo buio, sporco, segreto, nascosto

in cui Dio non sia già arrivato e sia già lì per noi.



Non per niente ti accorgi dell'importanza dell'ossigeno solo

quando ti manca il fiato.

Quante volte anche con Dio è così: non ci pensiamo mai, come

all'ossigeno,

ma ce ne rendiamo conto solo quando ci manca il fiato per chiederci

"ma dove è?".



Disse Bob Marley: "Se esprimi un desiderio è perché vedi cadere

una stella,

se vedi cadere una stella e perché stai guardando il cielo

e se guardi il cielo è perché credi ancora in qualcosa".



La festa di Gesù che sale in cielo ci vuole spingere a guardare

"in su".

Divertiamoci, come bambini, a giocare di fantasia contemplando le

nuvole.

La scienza invece ci dice che le nuvole sono solo l'effetto del

ciclo dell’acqua.

Ma anche questa è una meravigliosa qualità di Dio e un suo messaggio

stupendo:

le bianche e spumose abitanti del cielo che disegnano cavalli e

personaggi

sono l’acqua delle pozzanghere sporche che l'evaporazione ha fatto

risalire.

Ci avevamo mai pensato? Poi, in questo ciclo, questa "magia"

torna a noi,

come pioggia che dona acqua nuova e viva pronta a irrigare e far

rinascere la natura.



Dio fa proprio così nella nostra vita. Porta in cielo l’acqua sporca

delle pozzanghere fangose della nostra vita e del nostro cuore e ce la

ridona nella vita

come energia vitale di pioggia che irriga il nostro vissuto arido o

rinsecchito.



Dio, inoltre, come il cielo ci accompagna nelle cose più normali della

quotidianità

dandoci ogni giorno uno spazio per far volare i nostri sogni sul futuro.

Come il cielo, però, fa tutto questo senza farsi notare. Sta solo a noi

alzare lo sguardo.



Seguendo questo stile, Dio mantiene la promessa che è nel cuore del

Vangelo di oggi:

"Ci saranno segni che accompagneranno quelli che credono nella mia

presenza:

nel mio nome scacceranno demoni, parleranno lingue nuove,

prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà

loro danno;

imporranno le mani ai malati e questi guariranno".

Siamo sinceri con noi e con lui: ma quando mai? ma chi? ma dove? Ma

dai!!



Siamo proprio sicuri? Proviamo a guardare alle coincidenze la vita ci

offre:

le coincidenze sono una trovata geniale di Dio per rimanere anonimo.

Potremmo specificare: per rimanere staccato, silenzioso ma avvolgente

come il cielo.



Quante volte per coincidenza abbiamo evitato il male ("scacceranno

demoni"),

quante volte per coincidenza ci è giunta quella parola giusta che ci ha

dato

carica, energia, forza, serenità ("parleranno lingue nuove"),

quante volte per una coincidenza situazioni che sembravano negative

si sono trasformate in una occasione nuova e abbiamo reagito

("prenderanno in mano serpenti e il veleno non recherà loro

danno"),

quante volte per coincidenza è arrivata la persona giusta al momento

giusto,

l'abbraccio che ci voleva, la mano tesa di cui avevamo proprio

bisogno

("imporranno le mani ai malati e questi guariranno").



Curioso: se rileggiamo la nostra avventura cercando i segni promessi da

Gesù

non ne vediamo nemmeno uno in giro e tanto meno dentro la nostra vita,

se invece guardiamo alle coincidenze scopriamo di averne vissute tante

senza aver dato loro valore e senza magari averne gustato

l'importanza.

È così: le coincidenze sono una trovata geniale di Dio per rimanere

anonimo.



Come il cielo, dove lui sta, proprio perché come il cielo,

silenziosamente

Dio ci avvolge, ci disseta, ci fa volare, ci fa sognare.



"Se esprimi un desiderio è perché vedi cadere una stella,

se vedi cadere una stella e perché stai guardando il cielo

e se guardi il cielo è perché credi ancora in qualcosa".



Che il Cielo ci aiuti a stare attenti alle coincidenze della vita:

sono una trovata geniale di Dio per rimanere anonimo.

Dio è in cielo, perciò ci è proprio vicino, ma a modo suo. Basta alzare

lo sguardo.

domenica 13 maggio 2012

Don Giulio: domenica 13 maggio 2012




Buona domenica

don Giulio



____________________________



LETTURE DI RIFERIMENTO



Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo

Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio:

chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio.

Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore.



Dal Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato

me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i

miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i

comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste

cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.

Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io

ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua

vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi

comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa

il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito

dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma

io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e

il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre

nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni

gli altri».



___________________________



RIFLESSIONE





13 maggio 2012



QUANTO VALE UN "TI VOGLIO BENE"

6a domenica di Pasqua



Molte persone ti cammino “a fianco”,

ma solo chi ti vuole bene davvero ti cammina “dentro”. E in punta di

piedi.



Abbiamo vicino tante persone e abbiamo così spesso l'impressione di

urtarci

perché siamo "appiccicati" e non "uniti".

Il rischio, infatti, è incontrarsi senza conoscersi,

stare insieme senza stimarsi, stare a distanza senza venirsi in mente.

Eppure il nostro desiderio più grande resta sempre quello di amare ed

essere amati.



Oggi Dio ci dice: "Guardati intorno, non è vero che uno più uno fa

sempre due.

Una goccia più una goccia fa una goccia più grande".



Se applicassimo all'amore le regole matematiche,

non funziona il "più" perché 1+1=2 e quindi non ci si fonde

(come le gocce),

non funziona il "meno" perché 1-1=0 e quindi ci si annulla.

Funziona solo il "per" perché 1x1=1 e quindi la condivisione

e l'essere per ha come attuazione la "divisione" 1:1=1.



È quanto l'apostolo Giovanni ci dice con coraggio nella sua prima

lettera:

amare è un modo per conoscere Dio. Proprio come un catechismo.

Amare è un gesto non solo etico, ma teologico.

In un attimo d'amore non solo diventi una cosa sola e ti fondi come

gocce

con chi ami, ma anche con Dio.



Nel suo Vangelo Giovanni aveva riportato quelle forti parole di Gesù:

"Sapranno che siete miei testimoni da come vi amerete tra di

voi".

Il segno di riconoscimento non sta in croci, medaglie, riti, santini e

madonne,

ma nello stile del volersi bene.



E nel brano che abbiamo ascoltato oggi si spinge ancora più in là:

"non vi chiamo più servi, ma amici". Il servo obbedisce,

l'amico condivide.

Il servo sa quello che vuole il suo padrone,

l'amico sa quello che pensa, che sente, che prova

nella salute e nella malattia, nella buona e nella cattiva sorte.



È l'unica religione in cui Dio si rivolge all'uomo chiamandolo

"amico",

in genere l'uomo è il fedele, il suddito, l'obbediente, il

discepolo, l'adepto/scolaro.



Il Dio di Gesù Cristo ci dice che l’amore è la dimensione più importante

sia della vita dell’uomo che della vita di Dio.

Infatti, nella Bibbia la definizione più completa e più bella di Dio è:

“Dio è Amore!”.

Amore dice ciò che Dio “è” e ciò che Dio “fa”.

Dio non sa fare altro mestiere che amare.

Per questo nella vita ogni istante d'amore invoca eternità.



Come non ricordare la gigantesca espressione di San Giovanni della

Croce:

“Alla fine della nostra vita saremo giudicati sull’amore!”.

Dovremmo anche aggiungere: saremo giudicati dall’Amore.



Non è un amore astratto, platonico, irenico, dolciastro. Ma è concreto:

"non c'è amore più grande di questo, dare la vita per i propri

amici".

Dare la vita, cioè metterci vita, colorare di vita, assaporare la vita,

giocare attimi di vita, offrire istanti di vita, aprire sorrisi di vita.

Quindi, non c’è nulla che valga e brilli come un vero “ti voglio bene!”.



È quanto mai facile finire un SMS con un T.V.B.

Quanto invece è più impegnativo guardare negli occhi una persona

e sussurrarle "ti voglio bene".

Il primo è una cordialità affettuosa, il secondo è un impegno concreto,

anzi una scelta di responsabilità perché è dire:

“Voglio il tuo bene! Voglio volere il tuo bene!”. È una cosa seria.

Anzi sacra.

Permettetemi di dire, tanto quanto una preghiera, perché Dio è amore.



Prendere gli amici come sono è troppo poco,

e prima o poi a questo ci si arriva per forza.

“Volere” gli amici per quello che sono: ecco il vero amore.

Ti ama davvero solo chi sa tutto di te e nonostante questo gli piaci.



L’essere presente nel cuore di qualcuno,

l’essere prezioso nella memoria di qualcuno,

l’essere importante nel futuro di qualcuno,

l’essere apprezzato per quello che si è e non per quello che si appare

o si produce,

l’essere stimato nonostante quello che si è

questo e solo questo è il segreto di una vita realizzata, di una gioia

piena.



È così difficile trovare amici veri, che amino non a parole, ma con le

carezze dei fatti.



Dio ci chiede oggi di essere responsabili dei nostri "ti voglio

bene".

Di coglierne la densità. Di capirne la sacralità.



Facciamo innanzitutto un serio esame di coscienza.

Quante volte regaliamo un prezioso "ti voglio bene"? Siamo

avari o generosi?

Quante volte avremmo dovuto dire "ti voglio bene" e siamo

stati zitti?

Quante volte l'abbiamo detto superficialmente ma i fatti non

l'hanno dimostrato?



Tante volte, forse troppe, non rendendoci conto forse,

abbiamo deluso una persona, abbiamo fatto piangere il suo cuore

e tutto questo per tre semplice parole, dette tanto per dire

senza riflettere all’importanza che esse possono avere per chi le sente.



In positivo, Dio ci insegna a dire più spesso dei "ti voglio

bene"

veri, sinceri, profondi, riconoscenti, emozionati.



Dio è Qualcuno che ti ama gratis, così come sei, e che non ti chiede di

cambiare,

ma ti ama e basta, con tutte le tue debolezze, le tue fragilità, le tue

macchie e puzze.



L’amore, quando lo trovi, quando lo senti, quando lo vivi,

ti insegna subito che la felicità non è quella delle grandi cose.

La felicità non è quella delle emozioni forti che fanno il botto.

La felicità, come l’amore, è fatta di cose piccole ma preziose.

La felicità, come l’amore, è fatta di presenze in punta di piedi.



La felicità, come l’amore, però è talmente potente

che dilata il tempo tanto che 5 minuti possono essere più lunghi di

tante ore,

e dilata lo spazio per annullare le distanze e portarti da chi ami.



Ebbene, Dio la pensa allo stesso modo. Anzi di più, Dio fa allo stesso

modo!

Ci dice: "Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e

sia piena".

"Piena": non a pezzetti, non a rate, non a lotteria. Scusate

ma non è poco.



Amore è il nome proprio di Dio. L'Amore è il DNA di Dio.

L’Amore è l’essenza di Dio, L'Amore è la logica di Dio, l’Amore è

lo stile di Dio.

Dovremmo ricordarci più spesso che siamo "a sua immagine e

somiglianza".

Quindi, ogni attimo, pensiero, gesto d'amore è qualcosa di

religioso, è sacro.

Per questo in ogni "ti voglio bene" è implicato ciò che di

più profondo siamo.



Questo è il segreto della felicità. Questo è il motivo della noia

esistenziale.

Questo è l'elemento che fa la differenza tra una vita arida e una

vita piena di frutti.

Sta a noi decidere come usare quel tesoro sacro che sono i "ti

voglio bene".



domenica 6 maggio 2012

O.P. omelie domenicane 6 maggio 2012

5ª dom. di Pasqua, B, ’12 – domenica della vite e dei tralci


La fede nel Signore Gesù ci ha convocati qui per incontrarlo e ascoltare la sua parola. Dopo l’immagine del buon pastore, ascoltata domenica scorsa, in questa settimana Gesù ci offre un’altra immagine del nostro rapporto con lui, quella dei tralci con la loro vite. La vite, la vigna, sono due grandi immagini bibliche per parlare di Dio e di noi. Sentiamoci oggetto delle sue cure e chiediamogli di guarire il nostro cuore, perennemente fiacco e indolente.



Nella vita della Chiesa, e anche nostra, non sempre piove, ci sono anche giorni sereni. Viene in mente questa immagine pensando alle tante comunità cristiane ancora sotto il mirino di persecuzioni violente, come all’esperienza delle prime comunità cristiane, alle volente persecuzioni che sono continuare periodicamente in tutto l’impero romano, per 300 anni. Per illuminare questo ci aiutano anche il vangelo di oggi e la prima lettura.

Nel racconto ascoltato nella prima lettura, sulle vicende delle prime comunità cristiane d’Oriente, si accenna anzitutto alla vicenda di Paolo, che da persecutore accanito si era fatto apostolo coraggioso di Gesù e del vangelo. Venuto però a Gerusalemme, ignari della sua conversione, i cristiani lo evitavano, finché Barnaba, che era stato testimone della trasformazione, non ebbe parlato in suo favore. Dopo poco però, e questa volta per opera di credenti ebrei di origine greca, che gli si misero contro, Paolo dovette fuggire dalla regione, perché volevano ucciderlo. La sua vita è stata sempre una continua alternanza di periodi di libertà e di prigionia, sempre unicamente per la sua predicazione del vangelo. Anche la prima comunità di Gerusalemme e la chiesa delle origini visse vicende alterne. All’inizio la comunità, e gli apostoli in prima fila, dovettero sopportare una grande persecuzione contro di loro. Alcuni cristiani furono anche uccisi, come Stefano e l’apostolo Giacomo, il fratello di Giovanni. Altri furono imprigionati e cacciati, sicché molti si dispersero fuori della città. Questo fatto divenne provvidenziale per cui il vangelo si propagò fuori di Gerusalemme. Passata la bufera, come abbiamo ascoltato, la chiesa tornò a vivere in pace per tutta la Giudea, la Galilea e la Samaria, si consolidava e camminava nella fede del Signore e, con il conforto dello Spirito Santo, cresceva di numero. Ci auguriamo e preghiamo che anche la Chiesa di oggi, passata la bufera di tanti scandali e di tante ingiuste persecuzioni, ritorni a vivere in pace, e crescere in numero e qualità. Intanto cerchiamo noi di non uscire dal seminato, di non staccarci dal Signore.

A questo allude l’immagine evangelica della vite e dei tralci. L’immagine era già stata usata nell’Antico testamento per paragonare il popolo eletto a una vite: nel salmo 79 si parla della rovina e del rimessa a coltura della vigna divelta dall’Egitto e trapiantata nella terra promessa; nel profeta Isaia (cap. 5) Dio invece si lamenta che la sua vigna, nonostante le cure amorose, abbia prodotto lambrusche piuttosto che uva. Nel Vangelo il discorso si fa invece personale. Gesù dichiara anzitutto di essere la vera vite, in sostituzione di quella dell’antico popolo ebreo. Non si tratta più di appartenere ad una entità etnica, ma di vivere un rapporto personale con lui, il quale anima e rende feconda la vita del credente. L’immagine aiuta anche a capire l’unità della Chiesa (i tralci) col suo capo (vite), che è Cristo, nel quale anche tutte le sue membra, in lui, sono unite tra di loro.

Le prospettive dell’immagine sono due, commentava già sant’Agostino: o l’unione alla vite o il fuoco, o portare frutto o essere tagliati e buttati via, come quando i contadini potano le viti e bruciano i rami secchi. Un tralcio non più unito alla vite si secca, e non serve più a niente, se invece rimane attaccato alla vite produce un frutto piacevolissmo agli uomini, sia per essere mangiato, sia per essere spremuto e lavorato per fare il vino. La vite è Gesù, l’agricoltore o vignaiolo è Dio Padre, i tralci siamo noi. Vediamo per frasi.

1° Io sono la vite voi i tralci. Rimanete in me e io in voi. Il primo aspetto è quello della comunione tra noi e Gesù. Se rimaniamo uniti a lui, come i rami al tronco, tutta la vita dal tronco passa a noi. Non solo. Il fine di questa connessione non è solo un rapporto vitale ma un rapporto di amore, di amicizia, un rapporto vero, come tra due persone libere e capaci di amare. Ricorre il verbo rimanere, tanto caro a san Giovanni, che lo usa spesso. Non è un rapporto occasionale o saltuario, quello a cui allude Gesù, ma un fatto continuo, una salda amicizia. Come nel matrimonio.

2° Le parole di Gesù vogliono portarci a capire anche che ciò a cui siamo chiamati a realizzare è qualcosa che è sopra le nostre possibilità, e che solo in lui e per lui è possibile realizzare. Per questo aggiunge: Chi rimane in me e io in lui, porta molto frutto. Significa che se vogliamo fare da noi, otteniamo molto meno, anzi assai poco, e certamente non realizziamo una nostra felicità, se non effimera, né per noi né per altri. Quanto invece vengono moltiplicate le forze se agiamo in sinergia col Signore! Senza il tronco (la vite) i rami (i tralci) non vivono e non producono nulla. Far da soli è come voler sfamare cinquemila persone con cinque pani e due pesci. Rimanere uniti al Signore si diventa molto più fecondi. Per cui ciascuno, aperto al Signore, facendo ognuno la propria piccola parte, otterrà frutti molto al di là delle sue possibilità. Anzi, dice di più il Signore: senza di me non potete far nulla. E questo è vero per tutti, anche per coloro che non credono: il Signore si serve di tutti per fare del bene, perché tutti siamo nativamente capaci di bene. Certo se uno è disponibile, se non mette ostacoli, i risultati sono enormemente più grandi.

- Anche la terza frase è vera, lo sanno i contadini, e questa ci introduce nel tema delle contrarietà, delle sofferenze, delle persecuzioni: Ogni tralcio che porta frutto lo pota, perché porti più frutto. Si tratta di ripulire il tralcio fecondo da ciò che è superfluo, lo vediamo nelle viti lavorate, i tralci sembrano ridotti a moncherini. L’azione deve essere concentrata. È la vita stessa che ci porta talvolta a tagli dolorosi, non è il Signore a mandarci il dolore, ma egli si serve anche di queste mutilazioni per farci crescere, per fari produrre frutti più autentici e più abbondanti. Ogni tralcio che porta frutto lo pota, perché porti più frutto. Il verbo potare letteralmente significa mondare, ripulire. Gesù usa questo verbo anche nella lavanda dei piedi quando dice che non tutti erano mondi. Riscontriamo vero, anche umanamente, quanto ci fanno crescere le contrarietà, le avversità, le stesse malattie: ci rendono più forti, cresciamo interiormente, ci purifichiamo, ci mondiamo. Senza queste occasioni saremmo delle pappe molli. Certo la sofferenza quando c’è fa male, ma quanto ne usciamo più grandi, dentro! Anche il male, alla fine diventa positivo, ha una radice di grazia. Non scoraggiatevi, anche se il Signore non vi fa dei miracoli: alla fine vedremo il bene che Gesù avrà ricavato in noi dalle nostre sofferenze. Rimanete nel Signore ed egli rimarrà in voi.

Alla fine resta da chiederci come rimanere nel Signore. Attraverso la fede, attraverso i sacramenti, in particolare i sacramenti della penitenza e dell’eucaristia, attraverso soprattutto la sopportazione coraggiosa delle nostre prove e della stessa prospettiva della morte, unite alla preghiera: Padre nelle tue mani buone affido la mia vita. Come un bimbo in braccio a sua madre, così sia l’anima nostra, in Dio.



sabato 5 maggio 2012

Le vostre risposte al mio invito a partecipare al Convegno "Alcol e Giovani" di Sabato 12 maggio-Sala Mosaico della Borsa Merci a Bergamo

Grazie, ricevuto zia...salvo impegni dell'ultimo momento parteciperò...Gloria
Bene, grazie!Un abbraccio amo

Cara Marcella, molti auguri per questa bella iniziativa e per il tuo impegno a favore dei giovani: non è facile dar loro speranza, in un tempo non facile, ma il collegamento tra famiglie è la prima cosa. Buona domenica!
Elena Malaspina, Roma
Grazie Elena,
pensieri, sentimenti davvero condivisi: e la relazione tra le famiglie è tra i miei primi obiettivi, anche miei!
Un abbraccio, auguri cari a te, a tutti, Marcella

 chère Marcella, nous aussi nous prions avec vous pour les malades de l'alcool. En France il y a une association qui s'appelle Les Pèlerins de l'Eau Vive ... Amitié sr Geneviève
Bello leggervi sr. Geneviéve,

sì, è un problema grave, grande, presente in ogni paese e davvero noi tutti, proprio ognuno di noi, dovremmo impegnarci a fare qualche cosa per evitare che i ragazzi si perdano in questi fiumi di morte, o aiutarli ad uscirne quando, purtroppo, ci fossero già caduti dentro.

Un caro saluto e DAVVERO SEMPRE UNITE IN COMUNIONE DI PREGHIERA, Marcella

Brava Marcella complimenti... continuiamo a costruire insieme....per ovvi motivi non ci saro' ma spiritualmente VI PENSO.
ciao Roberto
....questo il legame più forte, la comunione in spirito!...per continuare a costruire meglio, di più...

Un abbraccio, e auguri per tutto, Marcella

Don Giulio, domenica 6 maggio 2012



Buona domenica
don Giulio

________________________

VANGELO DI RIFERIMENTO

Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il
Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo
taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più
frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da
se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete
in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui,
porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non
rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo
raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le
mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà
fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto
e diventiate miei discepoli».


RIFLESSIONE

6 maggio 2012
PERICOLO + OPPORTUNITÀ = CRISI
5a domenica di Pasqua


Sono già passate cinque domeniche da Pasqua e dietro la Parola di Dio
di oggi,
spunta una domanda che spesso abita il segreto del nostro cuore:
ma siamo sicuri che Cristo è ancora qui?
Ma dove è il Risorto? È lontano o è vicino?
Abbiamo celebrato la Risurrezione,
ma basta guardarsi attorno e tutto sembra senza il Risorto.

In questo enigma profondo appare lo stile di Dio:
oggi Cristo presenta infatti la sua azione come una vigna
proprio per sottolineare la peculiarità del suo modo di pensare,
sentire, agire:
uno stile paziente, discreto, silenzioso, a tempi lunghi.

È stato detto da Juan Arias (giornalista e scrittore spagnolo):
"L’insoddisfazione è la strada attraverso la quale Dio sta
giungendo inaspettato".

Tra le azioni del vignaiolo però ne viene evidenziata una,
scomoda, ma essenziale per la qualità del raccolto:
affinché la vite porti frutto occorre potarla
Potare è sempre una fatica, ma finalizzata alla fioritura. Questa è
risurrezione.
Sacrificio sì, ma "per" qualcosa. Mai fine a se stesso:
questo è masochismo.

L'avete mai vista una vite potata?
Fa impressione vedere la "lacrima" della linfa sgorgare dal
taglio,
come fosse denso sangue bianco da una ferita.
Eppure quel gesto è davvero necessario
e il tralcio, accorciato nel punto giusto,
concentra tutte le sue energie proprio lì, in quella ferita,
dove l'amara fatica di un nuovo germoglio diventerà dolce grappolo
d'uva.

La vita ha potature in abbondanza: delusioni, fatiche, malattie,
periodi "giù";
è piuttosto inevitabile e lo sappiamo
anche se - il più delle volte - ci ribelliamo, ci intristiamo.

Certo, quanto amor proprio devo mettere da parte, quanta pazienza
esercitare,
quanto equilibrio mettere in atto per non scoraggiarmi e deprimermi,
per non prendermela con Dio o con la vita.

Gesù, proprio per questo, ripete in continuazione il verbo
"rimanere".

Una parola "rimanere" che può avere un significato positivo
come il coraggio di rimanere dentro una storia comunque e nonostante
tutto,
oppure un significato negativo di rimanere intrappolato in una rete.

A tutti, capita più spesso di sentirsi così, intrappolati in una rete.
Proviamo allora a pensare a cosa è una rete, a come è fatta e a cosa fa.

Se guardi una rete, scopri che è fatta di vuoti: è un filo che crea
quadri di nulla.

Una rete è leggera eppure ha una forza che cattura pesci guizzanti,
una rete imbriglia massi pericolanti,
divide e separa identificando proprietà private.
Però a differenza di un muro una rete sa far vedere, senza farsi troppo
notare,
impedisce ma insieme consente, blocca ma non costringe.

Una rete crea dei limiti, definisce degli stop, ti blocca, ti impedisce,
e quando sei avvolto in una rete più ti agiti e più ti ingarbugli,
se cerchi di fare degli strappi nella rete, ti ferisci tu,
ma insieme una rete sa proteggere dalle cadute, una rete sa salvare dai
pericoli
una rete sa raccogliere per nutrire.

E poi c'è la rete web che offre notizie, comunicazioni, dialoghi,
incontri, possibilità.

Quante volte casa nostra è così: proprio come una rete
sembra che imprigioni quando si piange e quando si discute,
sembra che catturi quando in casa non si parla e le braccia si chiudono
conserte,
sembra che imbrigli quando la porta invoglia a andare via,
ma quante volte nella vita di coppia,
proprio quell'intrecciarsi e annodarsi di leggeri attimi di
quotidiano e di vuoto,
come una rete ti protegge,, ti sostiene, ti sfama, ti raccoglie,
o come la rete web ti mette in dialogo e ti spalanca il mondo.

Come è per l'amore, così è per la fede, così è per la vita.
Sta a noi decidere come vivere dentro questo spazio di senso.

Il vignaiolo non vorrebbe il bene della vigna
se non la potasse per non vedere le sue lacrime,
così il Signore ci insegna a non spaventarci delle nostre crisi,
ma ci invita ad guardarle in faccia, a viverle nel positivo,
come occasione, come possibilità, come opportunità,
capendo che anche il limite, la crisi, la sofferenza
possono servire a vantaggio della qualità della nostra vita.

Viviamo allora tranquilli le nostre contraddizioni
certi di essere nelle mani esperte di un ottimo vignaiolo,
che per la qualità della nostra vita sa usare anche la nostra
insoddisfazione
come strada in cui, in punta di piedi, può raggiungerci.

In cinese ogni ideogramma ha una densità di significato enorme.
La parola crisi fa eccezione: ne servono due wej-ji,
per dire "crisi" non c'è una parola ma si mettono vicini
"pericolo" e "opportunità".
Quando queste due parole sono insieme si legge "crisi".

Che Dio ci aiuti a fare il contrario nella nostra testa e nel nostro
cuore:
noi in tanti segni della quotidianità leggiamo subito "crisi"
e ci lasciamo spaventare, angosciare, impanicare bloccare dal
"pericolo"
senza mai essere capaci di leggerci "opportunità".

L'insoddisfazione è la strada attraverso cui il Risorto giunge
inaspettato
per fare di ogni potatura una opportunità per concentrare le energie
di quella linfa che scorre nelle vene del quotidiano
che l'amore annoda col vuoto per avvolgerci in quella rete
che, comunque e nonostante tutto, ci nutre, ci protegge, ci difende.

Se crisi è uguale a "pericolo + opportunità",
allora potatura + amore = rete di vita, tessuta di linfa di amore.

Così è stato per il crocifisso risorto (dalla via della croce al
sepolcro vuoto),
così sia per noi.

Convegno "Alcol e Giovani" - Sabato 12 maggio - Sala Mosaico della Borsa Merci, Bergamo


Oggetto: Convegno "Alcol e Giovani" - Sabato 12 maggio-Sala Mosaico della Borsa Merci


Cari tutti,

con piacere Vi invio questa comunicazione. Il problema che si intende affrontare per essere propositivi, soprattutto fattivi ognuno di noi nell'affrontarlo, è problema evidente agli occhi di tutti,
presente nella vita proprio di ognuno di noi: se con volontà consapevole decideremo, sceglieremo di affrontarlo ognuno di noi per quanto proprio ciascuno vorremo fare, certamente cominceremo
a risolverlo, o non potremo che rammaricarci di non aver fatto niente, e ne subiremo anche noi, nel tempo, le conseguenze.
Non dimentichiamo che la generazione che dovrà prendersi cura di noi e proprio a breve scadenza, sono proprio questi giovani, ora i 14enni che vediamo allo sbando, alle prese con le devianze di vario genere, oltre quella dell'alcool che qui in questo Convegno sarà trattata ora, che nell'arco di pochi anni saranno proprio loro gli uomini e le donne da cui anche la nostra vita dipenderà: è cosa buona ricordarci e ricordare ad ogni altro che il futuro nostro passa anche dalle loro mani: non possiamo abbandonarli o fingere di non vedere.

Sarebbe cosa buona cominciare a pensare alle cose che non vanno.
Pensare a quelle tante o poche cose che potremmo, volendo, almeno provare ad affrontarle come "problema che mi tocca".
Quelle cose che lasciamo correre, che lasciamo al caso, che lasciamo agli altri.
Cose che forse troveranno soluzione grazie ad altri, ma anche no: cose che potremmo anche ritrovarci a viverle incompiute, ancora irrisolte, quando quei problemi, magari, fossero problemi che ci toccano personalmente: proviamo a pensarci!

Abbiamo davvero tutti a prendere coscienza di ogni problema; abbiamo a lasciarci interpellare dai fatti, dalle circostanze, dalle situazioni che "per caso, ma mai per caso" accadono davanti ai nostri occhi; abbiamo ad avere voglia di capire cosa noi possiamo fare, soprattutto mi auguro e vi auguro che abbiamo voglia di lasciarlo maturare in noi quel buon senso di responsabilità che sicuramente ci porterà, esortando il nostro buon cuore e la nostra consapevolezza, a fare, ad agire per un miglior bene.
Solo se decideremo, ognuno di noi, di fare e fare bene e sino in fondo la nostra parte di bene, per il nostro bene - bene che innanzitutto e soprattutto è sempre apriori il Suo bene a noi donato, perchè anche noi la nostra parte di bene e proprio per ogni altro possiamo farla - saremo capaci di aiutare davvero ogni altro, saremo capaci di trasformare in buone tutte le cose che nella loro realtà negativa oggi vediamo brutte: tutto passa anche da noi, e la nostra parte buona per quel cambiamento buono che tutti auspichiamo e proprio in ogni ambito - in politica, nel sociale, nella sanità, nella scuola: proprio ovunque - davvero ognuno di noi può farla.

Solo così ci sarà il cambiamento.
E ci sarà veramente: lo vedremo, e anche noi potremo dire con soddisfazione: "Ho fatto anch'io il mio buon dovere: anch'io ci sono in questa storia di questo tempo che mi è donato di vivere."
E saremo felici per la consapevolezza che davvero il bene, il meglio, è possibile a tutti e proprio a cominciare da ognuno di noi.
Felici perchè riconosceremo che saremo stati capaci, in mezzo a tanti esempi negativi, di dare nella nostra normalità, per quanto avremo fatto, più che detto, il nostro buon esempio.

Questo mi auguro e vi auguro e qui concludo.

Nella speranza di ritrovarvi con noi, Vi saluto con cordialità e tanto affetto,
Marcella



Ogg: Convegno "Alcol e Giovani"-Sabato 12 maggio-Sala Mosaico della Borsa Merci

Il 12 maggio si terrà alla sala Mosaico-Borsa Merci di Bergamo il
Convegno" Alcol e Giovani" -Non beviamoci la vita- organizzato
dall'AIDD(Associazione Italiana contro la diffusione delle Droghe) Onlus
con la collaborazione della Senatrice Alessandra Gallone che ha voluto
dare un segno tangibile contro il drammatico problema dell'alcolismo
giovanile. L'obiettivo di questo convegno è quello di mettere sotto i
riflettori questa piaga sociale tenuta in penombra da buona parte della
società civile che non ha ancora una piena consapevolezza della gravità
del fenomeno che sta coinvolgendo i govani in età sempre più precoce.
Cordiali saluti
Fabio Bergamaschi
Responsabile AIDD-Bergamo
Allegato programma Convegno





ALCOL E GIOVANI



CONVEGNO A.I.D.D.



ASSOCIAZIONE ITALIANA

CONTRO LA DIFFUSIONE DELLE DROGHE



12 MAGGIO 2012

Sala Mosaico | Borsa Merci

Bergamo



CON IL PATROCINIO DI



NON BEVIAMOCI LA VITA



9.30

Registrazione partecipanti



Introduzione degli ospiti e dei relatori

- dott.ssa Susanna Pesenti



Introduzione lavori



sen.

Alessandra Gallone - Senatrice della Repubblica Italiana



dott.

Fabio Bergamaschi - Responsabile A.I.D.D. Bergamo



Indirizzi di saluto



dott.

Franco Tentorio - Sindaco di Bergamo



dott.

Camillo Andreana - Prefetto di Bergamo



dott.

Carlo Saffiotti - Vicepresidente del Consiglio Regionale Lombardia



dott.

Ettore Pirovano - Presidente della Provincia di Bergamo



mons.

Francesco Beschi - Vescovo della Diocesi di Bergamo



dott.

Enzo Ricciardi - Questore di Bergamo



ing.

Stefano Paleari Magnifico Rettore Università degli Studi di Bergamo



11.00

Inizio lavori congressuali



prof.ssa

Antonella Giannellini - Responsabile interventi educativi UST di Bergamo



dott.ssa

Mirella Pontiggia - Comandante Polizia Stradale



dott.

Stefano Fagiuoli - Primario reparto di Gastroenterologia Ospedali Riuniti di Bergamo



dott.

Andrea Noventa - Referente Area di Alta Specializzazione della Prevenzione



presso il Dipartimento delle Dipendenze, SERT UNO di Bergamo



dott.ssa

Laura Pernice - Psicologa, Consulente Tribunale di Bergamo



dott.

Danilo Minuti - Assessore alle Politiche giovanili del Comune di Bergamo



Approfondimenti e domande del pubblico



13.00

Chiusura lavori congressuali - sen. Alessandra Gallone



15.00

Apertura sessione pomeridiana



Introduzione degli ospiti

- dott. Tiberio Timperi, giornalista RAI



dott.ssa

Marcella Ruggeri - Vice presidente Istituto Scolastico Paritario Suore Sacramentine Bergamo



dott.

Gianvito Martino - Direttore divisione neuroscienze dell’Istituto Scientifico San Raffaele



dott.

Gigi Parma - Vice Presidente FIPE - Federazione Italiana Pubblici Esercizi



dott

. Enrico Zucchi - Assessore all’Istruzione, Formazione, Lavoro e Sicurezza sul Lavoro



prof.

Walter Fornasa - Professore Ordinario Facoltà Scienz



Approfondimenti e domande del pubblico



Pesenti

, L’Eco di Bergamo - moderatore dei lavori



Italiana

, XVI Legislatura



-

moderatore dei lavori



cienze della Provincia di Bergamo

Scienze della Formazione – Università degli Studi di Bergamo