venerdì 2 marzo 2012

Don Giulio, domenica 26 febbraio 2012


Buona domenica
e buon inizio Quaresima

don Giulio

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LETTURE DI RIFERIMENTO

Dal libro della Gènesi
Dio disse a Noè e ai suoi figli con lui: «Quanto a me, ecco io
stabilisco la mia alleanza con voi e con i vostri discendenti dopo di
voi, con ogni essere vivente che è con voi, uccelli, bestiame e
animali selvatici, con tutti gli animali che sono usciti dall’arca,
con tutti gli animali della terra. Io stabilisco la mia alleanza con
voi: non sarà più distrutta alcuna carne dalle acque del diluvio, né
il diluvio devasterà più la terra». Dio disse: «Questo è il segno
dell’alleanza, che io pongo tra me e voi e ogni essere vivente che è
con voi, per tutte le generazioni future. Pongo il mio arco sulle
nubi, perché sia il segno dell’alleanza tra me e la terra. Quando
ammasserò le nubi sulla terra e apparirà l’arco sulle nubi, ricorderò
la mia alleanza che è tra me e voi e ogni essere che vive in ogni
carne, e non ci saranno più le acque per il diluvio, per distruggere
ogni carne».

Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto
rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie
selvatiche e gli angeli lo servivano. Dopo che Giovanni fu arrestato,
Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il
tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete
nel Vangelo».



RIFLESSIONE

26 febbraio 2012

TI DEVO PARLARE
1a domenica di Quaresima B

“Ti devo parlare”. Questa espressione sulla bocca di un capo,
di un preside, di un prete, genera una tempesta di interrogativi:
“Cosa vorrà dirmi? Su quale polemica mi vorrà portare?”.

“Ti devo parlare!”. Quando ci dice così nostro padre o madre,
un amico a cui teniamo molto, o ancor più chi amiamo
è ancora peggio e frullano in noi esami di coscienza lampo:
“Dove ho sbagliato? Quale rimprovero deve farmi?”.
Così a volte per giorni ti tormenti passando al setaccio
tutto quello che hai detto, fatto, chiedendoti:
“Chissà cosa gli hanno raccontato, chissà cosa mi aspetta?!”.

Invece mi è capitato (spero anche a voi) che al dunque
quando mi ero preparato al peggio mettendomi sulle difensive,
quello che mi aspettavo come rimprovero
mi è stato meravigliosamente consegnato come un dono:
“Volevo stare solo con te, per darti questo regalo”.

Dio oggi ci dice: “Ti devo parlare!”. Come lo interpretiamo?

Per vedere cosa vuole, noi andiamo da lui, a Messa.
Il nostro “andare a Messa” racchiude tutta la nostra vita:
la Messa comincia a casa nostra, quando diciamo “vado”,
continua sulle strade che ogni giorno facciamo per altro,
e poi la Messa finisce a casa nostra,
quando torniamo a vivere la solita vita di sempre.
Arrivando da strade diverse, con aspettative e umori diversi,
ci troviamo “nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito”:
è il contatto che ci unisce e lo start che fa ripartire alla fine.

Il segno della croce è un profondo gesto di fede.
Occorre restituirgli tutta questa sua profondità e importanza.
Facciamo in modo che questa croce ci copra in lungo e in largo,
ci rivesta completamente, vesta ogni angolo del nostro corpo.

Che tristezza quando è ridotto tra la punta del naso e il mento,
quando ci crea più imbarazzo di tante stupidate che diciamo,
quando sgorga spontaneo solo davanti alla paletta della polizia.

Fare il segno della croce è ritrovare le mie coordinate
(nord sud ovest est) e la mia dimensione (base per altezza),
è cercare ciò che dà unità alle dinamiche del mio vivere:
testa, pancia (problemi), cuore, spalle (pesi da portare).
È un gesto che raccoglie e avvolge (sopra, sotto, destra, sinistra).

Interessante che nel Vangelo il tentatore è chiamato “Satana”:
in ebraico letteralmente significa “divisore, disgregatore”
(in greco il verbo è “dia-ballo” da cui deriva “diavolo”).

Recuperare il nucleo è il senso del gesto che la tradizione
ci insegna a fare ogni volta che si entra in una Chiesa:
intingere la mano nell’acqua santa per farsi il segno della croce.
Non è la lavatrice per lo sporco dei peccati, ma è molto di più
e, positivamente, il ricordo del nostro Battesimo.

Entriamo nella casa di Dio come figli nella casa del padre,
non entriamo da sudditi allo sgabello del sovrano,
non entriamo da imputati nel tribunale di un arcigno giudice,
non entriamo da turisti in un museo.

Sarebbe unito a quel raggomitolarsi che è la genuflessione:
quando Dio crea l’uomo impasta la terra (torno da dove vengo)
con l’acqua che viene da sé (la saliva): allora quella goccia
d’acqua sulle mie mani mi risolleva e mi riplasma.

Il segno della croce è il gesto del rimodellare ciò che sono
a immagine e somiglianza di un Dio che è amore e vita nuova,
al di là delle mille deformazioni che ogni giorno prendo
o delle diverse ammaccature dovute agli scontri quotidiani.
Proprio perché sono fragile, come creta, posso essere nuovo.
Se fossi duro e perfetto come marmo posso solo spezzarmi.

Mi piace l’idea che uscendo di chiesa non serva più intingere
la mano nell’acqua benedetta: l’ho incontrato, mi ha rialzato,
mi ha parlato, ma molto di più l’ho dentro di me,
addirittura l’ho “mangiato”.

All’entrata, con il gesto dell’acqua,
si rinnova simbolicamente la scelta di essere “credenti”,
all’uscita il gesto simbolico è l’aprire la porta sulla strada:
la vita quotidiana ci chiede di essere “credibili”.

Colui che ho incontrato poi devo viverlo. Non posso dirgli
per mezzora “stai con me, vieni da me, sei importante per me”
e poi sulla porta dirgli “ci vediamo un’altra volta”.
Non c’è bisogno di salutarlo, perché lui sta uscendo con me,
mi accompagna, fa la strada con me.
È dentro me e per riuscirci si è persino fatto mangiare.

Significativo nella prima lettura: il segno di Dio è l’arcobaleno.
Uno strumento di guerra che annuncia la pace dopo il diluvio
e che ci fa alzare uno sguardo sorridente nel vedere colorato
quel cielo che spesso ci offre solo nuvole grigie.

Ogni segno di croce è un arcobaleno che coloriamo sul cielo
delle nostre relazioni e aspettative. Disegniamolo bene!

In questo senso la Quaresima è un tempo “favorevole”.
Non chiede un “di meno”, ma un “di più”.
Non chiede una “dieta” ma una nuova energia di vita.

Dio ci dice: “Ti devo parlare, per stare solo con te,
per darti questo regalo che è la passione per la vita,
che è il potere di disegnare arcobaleni”.

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