sabato 24 luglio 2010

Don Giulio, domenica 25 luglio 2010

PADRE NOSTRO: UNA PREGHIERA TRAPPOLA
17ma domenica del Tempo Ordinario C

La preghiera è la potenza dell’uomo e la debolezza di Dio.
Ci dice la Parola di Dio di oggi: “chiedete e otterrete!”
Questa è certo una buona notizia, ma la nostra esperienza
a volte sembra smentire questa affermazione:
abbiamo chiesto e non abbiamo ottenuto. Allora?

Sarebbe assurdo interpretare alla lettera questo “ottenere”:
Dio dovrebbe continuamente modificare il corso degli eventi
in base alle varie richieste o, peggio, ai nostri capricci.
Ciò vorrebbe dire tra l’altro che Dio è molle, un debole.
Un padre che esaudisce tutte le richieste di un figlio
non è un buon padre, non ha un progetto educativo.
Solo se sa anche dire dei no - non a caso, ma con criterio –
il figlio crescerà maturo (lasciandogli sempre però
la libertà di farsi la sua vita o anche di rovinarsela).
Un padre e una madre non possono sostituirsi ai figli,
non possono evitare loro difficoltà, sofferenze e sconfitte,
ma devono insegnare a farne tesoro.

Dio ci dice che saremo esauditi, ma non ci dice come.
Allora, perché pregare? perché chiedere?
Chiedere è rendersi conto che non siamo autosufficienti.
Ripetere la richiesta poi ci fa prendere coscienza
di quello che vogliamo e di quello che conta davvero per noi.
Quando un bambino di notte si sveglia per chiedere acqua
per il 95% dei casi vuole in realtà la mamma.
Per questo Gesù ci insegna a chiamare Dio “Padre”,
(letteralmente “Abbà” che è più forte, è “papino-babbuccio”)
per insegnarci che le richieste devo essere “da figli”
e non da gente frustrata che vuole fuggire la realtà.

Il Padre Nostro è una preghiera trappola!
In poche frasi incisive, ti illudi di dare degli ordini a Dio:
venga il tuo regno, sia fatta, dacci oggi, rimetti, liberaci…
Ma non c’è nulla di ciò che chiediamo a Dio
che ci dispensi dall’agire, che ci lasci tranquilli,
che ci permetta di poter sistemare tutto stando in poltrona
perché ne abbiamo parlato con chi di dovere.

È una preghiera trappola perché ha un effetto boomerang.
Dio chiede a noi esattamente ciò che noi chiediamo a lui:
sentirlo Padre e vivere da fratelli, costruire relazioni così,
assicurare l’essenziale quotidiano a chi abbiamo accanto,
distribuire perdono, costruire la pace.
Pregare il Padre nostro è allora imparare a vivere:
i lineamenti di questo Padre li trovi nei volti dei vicini,
il suo tocco lo vedi nei colori della natura che ti avvolge,
la sua voce fa eco a sentimenti che ti rimbalzano nel cuore.

Mi è sempre rimasta impressa una scena in casa di amici:
con un papà guardavo il bambino che cercava di spostare
un vaso di fiori molto pesante.
Il bambino si sforzava, sbuffava, brontolava, sudava,
ma non riusciva a smuovere il vaso di un millimetro.
“Hai usato proprio tutte le tue forze?” gli chiese il papà.
“Sì!” rispose il bambino. “Non è vero! – ribatté il papà –
Avevi un’altra forza da usare: chiedermi di aiutarti!”.
Ogni volta che un uomo si inginocchia in preghiera,
da lì si alza un uomo migliore.

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