venerdì 21 maggio 2010

Don Giulio, domenica 23 maggio 2010

23 maggio 2010
UNA NOTIZIA CHE ILLUMINA
Solennità di Pentecoste

Se un tuo amico corre da te a dirti qualcosa,
prima ancora che apra bocca capisci dai suoi occhi,
dal suo volto, dal suo gesticolare, dalla sua luminosità
che ti porta un messaggio bello, importante, affascinante,
perché più una notizia è straordinaria
più brillano gli occhi, batte il cuore, danza il corpo,
fiorisce il sorriso, si addolcisce il tono della voce…

Agli Apostoli a Pentecoste è successo questo.
Il racconto degli Atti ci racconta una scena di stupore:
fino a quel momento sono chiusi nel freddo del dubbio
nell’ombra opaca della sicurezza del solito cenacolo,
poi di colpo, si lanciano coraggiosi e luminosi,
gridano a tutti, con il volto più che con la voce,
che Gesù è una buona notizia!
Sono tanto riempiti da questa buona notizia che
li capiscono proprio tutti, anche gli stranieri di altre lingue.

La Pentecoste è questo: è la festa dello stupore
perché lo stupore è il DNA della fede,
lo stupore è il primo e fondamentale elemento dell’amore.
L’ho letto tante volte nei libri questo,
ma l’ho capito solo un agosto di qualche anno fa
nel deserto di Giuda, vicino a Gerusalemme
Quando sei nel deserto, un deserto roccioso,
intorno a te non c’è niente, tutto è arido, solo pietre.
Ma ti può capitare, mentre sali queste montagne di roccia,
di arrivare in cima ad una costa secca, spoglia, riarsa,
e di trovarti di colpo in uno splendido giardino: un’oasi.
Piante verdissime e lussureggianti, fiori,
acqua che si fa piccolo laghetto con i pesciolini.
E resti a bocca aperta. Stupore. Ma come è possibile?
Mi scervellavo per capirlo, mi sembrava impossibile,
finché un beduino me lo ha spiegato.
Quando piove, a te sembra che l’acqua si asciughi subito
e immediatamente torni il secco, l’arido.
All’apparenza, vista così, è una pioggia inutile.
Invece il deserto raccoglie gelosamente in sé queste gocce,
sotto sotto le trasporta una a una con molta premura,
e poi le fa riemergere tutte in un posto.

Questo è ciò che fa Dio con noi:
nel deserto della vita sembra che Dio sia pioggia inutile,
dura poco e non fa fiorire nulla. A volte è così per l’amore.
Invece Dio, come il deserto (ma anche come l’amore)
è capace di custodire e di far emergere tutto in un punto,
con molta lentezza, pazienza, dolcezza, premura
e di farci trovare un’oasi in un angolo inaspettato della vita.

Questo è lo stupore, questa è la fede, questo è l’amore:
restare a bocca aperta davanti alle oasi.
La parola “adorare” deriva dal latino “ad os” - “alla bocca”
e mettersi la mano davanti alla bocca per lo stupore
ma anche portare alla bocca, cioè la magia di un bacio.
Adorare è il silenzio dove rimbomba lo stupore del cuore.
Il deserto è arido e faticoso, ma non tradisce mai.
Chi muore nel deserto è solo chi si arrende,
chi smette di camminare, chi non cerca e si rassegna.

Che Dio ci insegni oggi a lasciarci muovere dallo stupore!

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