giovedì 18 marzo 2010

Don Giulio, 21 marzo 2010 5a Domenica del Tempo di Quaresima C

Grazie don Giulio!
Grazie, come sempre, per il tuo "prezioso contributo settimanale", le tue riflessioni sempre molto care che con oggi, da queste mie pagine, ri-dono a quanti, qui, incroceranno la loro strada con la tua, con la mia!
Sempre per la Sua e nostra gioia.




21 marzo 2010


LA FRAGILITÁ DEL CRISTALLO

5a Domenica del Tempo di Quaresima C




Possa tu avere abbastanza felicità da renderti dolce,

difficoltà a sufficienza da renderti forte,

dolore abbastanza da renderti umano,

speranza sufficiente a renderti felice.

Quest’antica benedizione ci fa entrare nel mistero di oggi.



“Possa tu avere abbastanza felicità da renderti dolce”.

Paolo, che sembra amasse molto lo sport, ci dice:

Dimentico del passato e proteso verso il futuro… corro!

La corsa della vita esige allenamento, ma non solo,

perché ci sono due grossi pericoli per un atleta:

distrarsi a guardare indietro e perdersi a guardare la pista.

Se vuole vincere, anche se non sa dove mette i piedi,

l’atleta deve tenere fisso lo sguardo solo sul traguardo.

Così è nella danza. Chiesero un giorno a Carla Fracci

come riconoscesse i giovani che avevano talento nel ballo

e rispose: “Chi fa un passo, vedendo già il successivo!”.

Curioso poi che nelle corse lo striscione “traguardo”

ha scritto (spesso) sull’altro lato “partenza”.



Per questo, subito dopo, la preghiera chiede e augura:

“Possa tu avere difficoltà a sufficienza da renderti forte”.

Come fa Dio, per mezzo di Isaia, con la grande promessa:

Faccio una cosa nuova: nel deserto una strada aprirò!

Non c’è illusione più pericolosa che stare ad aspettare

che qualcuno dall’alto ci riveli la strada giusta e più sicura.

No. La strada la si scopre soltanto camminando.

La fede non è un viaggio turistico preconfezionato.

Nel mezzo dei deserti della vita Dio non fa il tour-operetor,

ma fa di più: ci apre una strada. Sta a noi muoverci.



Fa eco a tutto questo la terza profondissima invocazione:

“possa tu avere abbastanza dolore da renderti umano”,

che il salmo esprime ritraendo il volto di un contadino:

Nell’andare se ne va e piange portando i semi da gettare,

ma nel tornare viene pieno di gioia portando i suoi covoni.



Strani ingredienti si stanno amalgamando insieme:

dalla felicità all’augurio di difficoltà e di dolore.

Questo cerchio si chiude con il picco più alto: la speranza.

“Possa tu avere speranza sufficiente a renderti felice”.

Sperare non è sognare, ma la speranza è la capacità

e il coraggio di trasformare un sogno in realtà.



Non ci può essere commento più bello a quest’augurio

che l’intensa scena del Vangelo: Neanche io ti condanno, va!

Sì: è un’adultera, una peccatrice, ha sbagliato. E allora?

Chi non sbaglia? Chi è senza colpa?

Gesù non giustifica, ma invita ad alzare lo sguardo,

ad andare oltre, a guardare col cuore la fragilità dell’altro

per scoprirvi riflessa la propria.

Dice un proverbio orientale:

“Sforzati di essere ciò che tu vorresti che il tuo fratello sia

e non pretenderai più che egli sia ciò che tu non sei”.

Tutti ci giudicano, noi giudichiamo noi stessi anche peggio.

Dio, invece, prima e al posto di giudicare, cerca di capire.



La fragilità del cristallo non è una debolezza

ma una raffinatezza: così Dio guarda la nostra realtà.

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